Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20833 del 21/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 21/07/2021, (ud. 25/06/2020, dep. 21/07/2021), n.20833

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 366/2020 proposto da:

I.J., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE BRIGANTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 631/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 07/05/2019 R.G.N. 666/2018.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte territoriale di Ancona, con sentenza pubblicata in data 7.5.2019, ha rigettato l’appello proposto da I.J., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza resa dal Tribunale della stessa sede il 6.2.2018, che aveva respinto il ricorso del medesimo avverso il provvedimento emesso dal Ministero dell’Interno – Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona, con il quale erano state disattese le domande del richiedente, dirette ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, del diritto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2017, ovvero del diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6;

2. la Corte di merito ha osservato che le ragioni addotte dal medesimo a sostegno dell’espatrio non integrano in alcun modo il rischio di una persecuzione determinata da ragioni politiche, religiose, razziali o di appartenenza ad un determinato gruppo sociale, secondo quanto dispone del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, avendo il medesimo “giustificato l’espatrio per motivi di carattere privato ed economici”;

3. circa la richiesta di protezione sussidiaria, la Corte ha evidenziato che il J., che ha dichiarato di provenire dall’Edo State, non ha espresso timori in ordine a possibili conflitti armati interni e, comunque, l’evoluzione attuale della situazione sociopolitica in Edo State (a differenza di altre zone della Nigeria) esclude l’ipotesi del conflitto armato interno; pertanto, ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a), b) e c);

4. infine, i giudici di appello hanno negato che, nella fattispecie, potessero configurarsi particolari profili di vulnerabilità atti a giustificare il rilascio del permesso di soggiorno previsto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, perché la storia personale del ricorrente non consente di ritrovare riferimenti ad una condizione di menomata dignità vissuta in patria, né ad una personale situazione di vulnerabilità da proteggere;

5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il J. articolando quattro motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato tardivamente un “Atto di costituzione” al solo fine “di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione”;

6. il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1 con il primo motivo si lamenta la nullità della sentenza in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e degli artt. 112,132,156,342 c.p.c.; artt. 111 e 6 Cost., perché la sentenza presenta lacune motivazionali inquadrabili tra quelle previste dalla sentenza delle S.U. n. 8053/2014, soprattutto in ordine alla mancata considerazione della situazione di violenza generalizzata in Nigeria;

2. con il secondo motivo si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione, in ordine alla situazione socio-economico-politica della Nigeria;

3. con il terzo motivo si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8-10, 13,27 e 32, anche in relazione agli artt. 115 e 117 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5,7 e 14; T.U. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2;

4. con il quarto motivo si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE e 46 della Direttiva Europea n. 2013/32, per non avere i giudici di secondo grado effettuato un esame completo degli elementi di fatto e di diritto relativi al caso di cui si tratta;

5. il primo motivo non può essere accolto, innanzitutto, in quanto il vizio ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, sussiste solo quando la pronuncia evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice al proprio convincimento, come, ad esempio, accade, quando non vi sia alcuna esplicitazione del quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito: ipotesi, queste, che non si ravvisano nella fattispecie.

Inoltre, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Orbene, poiché la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata depositata, come riferito in narrativa, il 7.5.2019, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (Cass. n. 21152/2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; né, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”. E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale dei giudici di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015), che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche congrue poste a fondamento della decisione impugnata;

6. il secondo motivo è inammissibile, poiché, ai sensi dell’art. 348-ter, comma 4 e 5, codice di rito, “in caso di doppia conforme, è escluso il controllo sulla ricostruzione di fatto operata dai giudici di merito, sicché il sindacato di legittimità del provvedimento di primo grado è possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici o manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili” (così testualmente – e tra le molte -, Cass., Sez. VI, n. 26097/2014); che, pertanto, in tali ipotesi, “il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui dell’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4)”; e tale disposizione, inserita dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. a), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, è applicabile al caso di specie, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo (che stabilisce che le norme in esso contenute si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto), essendo stato introdotto il gravame nel 2018 (come innanzi riferito, l’ordinanza impugnata dinanzi alla Corte di Appello di Ancona è stata resa il 6.2.2018);

7. il terzo motivo non può essere accolto, perché, nella sostanza, tende ad una rivalutazione del fatto ed impinge in valutazioni di merito, cui non si può dare seguito in questa sede; ed invero, la ritenuta non credibilità del racconto integra un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito (D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c)) e, quindi, censurabile in Cassazione soltanto entro i limiti rigorosi prescritti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella specie non rispettati (v., tra le altre, Cass. n. 3340/2019). Inoltre, l’accertamento della sussistenza di una violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, ai fini della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) – da interpretare anche in conformità alle fonti normative e giurisprudenziali Eurounitarie (direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE; Corte Giust. 30.1.2014, Diakite) – implica, altresì, un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito, parimenti censurabile nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

7.1. in ordine al rilascio del permesso di soggiorno, i giudici di seconda istanza hanno sottolineato che l’appellante non ha evidenziato elementi significativi di integrazione, né ulteriori condizioni di vulnerabilità, oggettiva e soggettiva; la decisione impugnata, pertanto, appare in linea con gli arresti giurisprudenziali di questa Corte, secondo cui, in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione in Italia “deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza” (cfr., tra le altre, Cass. nn. 29857/2020; 4455/2018);

8. il quarto motivo non è da accogliere, perché generico; inoltre, le dedotte violazioni di legge sono insussistenti in difetto degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta (v. art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4) regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (cfr., ex multis, Cass. nn. 16038/2013; 3010/2012);

9. per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va rigettato;

10. nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio, non essendo stata svolta attività difensiva dal Ministero intimato;

11. avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali (cfr. Cass., SS.UU. n. 4315/2020) di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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