Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20830 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 30/09/2020), n.20830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 20913/2012 R.G. proposto da:

Comboil s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e

D.N.F., elettivamente domiciliati in Roma, via F. D’Ovidio n.

83, presso lo studio del Dott. Renato Pedicini, rappresentati e

difesi dall’avv. Luigi Ricciardelli, che li rappresenta e difende

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Agenzia delle entrate – Ufficio di Caserta – Direzione Provinciale

Ufficio Controlli, in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 95/45/12, depositata il 22 marzo 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 novembre 2019

dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Basile Tommaso, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Udito l’avv. Luigi Ricciardelli per la ricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 95/45/12 del 22/03/2012, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da Comboil s.r.l. avverso la sentenza n. 198/13/11 della Commissione tributaria provinciale di Caserta (di seguito CTP), che aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2007, oltre alle relative sanzioni.

1.1. Come emerge anche dalla sentenza impugnata, con l’avviso di accertamento veniva contestata alla società contribuente l’emissione di fatture per operazioni inesistenti nei confronti di Faddim s.r.l., fatture poi stornate con distinte note di credito.

1.2. La CTR motivava il rigetto dell’appello di Comboil s.r.l., per quanto ancora interessa in questa sede, evidenziando che: a) la sentenza penale di assoluzione nei confronti del legale rappresentante della società contribuente non era utilmente apprezzabile a fini probatori, essendone stato depositato il solo dispositivo; b) in materia di IVA, allorquando l’Amministrazione finanziaria ritiene l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, l’onere probatorio grava su quest’ultima; c) nel caso di specie, tale onere era stato assolto, avendo l’Ufficio fornito indizi gravi, precisi e concordanti della inesistenza delle fatture, evincibili dal verbale della Guardia di finanza; d) il successivo annullamento delle fatture implicava che Comboil s.r.l. era comunque tenuta al versamento dell’IVA corrisposta dalla controparte, non avendo la stessa impedito “che le fatture annullate con le note di credito siano state inserite, anche se temporaneamente, dal destinatario nel conteggio dell’imposta da lui stesso dovuta”.

2. Comboil s.r.l. e Fabio D.N. in proprio impugnavano la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

3. L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va pregiudizialmente dichiarata la carenza di legittimazione di D.N.F., legale rappresentante della società ricorrente, alla proposizione, in proprio, del ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata dalla CTR nei soli confronti di Comboil s.r.l., non avendo egli precisato il proprio interesse ad impugnare.

2. Con il primo motivo Comboil s.r.l. denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria della sentenza impugnata, in quanto la CTR avrebbe apprezzato come gravi, precisi e concordanti tre elementi indiziari (l’appartenenza di uno stesso socio alle due società interessate dalla fatturazione; la fornitura di servizi tra le due società; l’esercizio di attività connesse) che non sembrerebbero avere tale valenza o, in ogni caso, non sarebbe stato spiegato perchè la abbiano.

3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e l’omessa motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in quanto la CTR avrebbe deciso in senso favorevole all’Amministrazione finanziaria senza che vi fosse la prova della inesistenza delle operazioni e senza tenere conto degli elementi indiziari forniti da Comboil s.r.l..

4. I due motivi possono essere congiuntamente esaminati, involgendo l’esame di circostanze connesse e vanno disattesi.

4.1. Va preliminarmente evidenziato, in punto di diritto, che “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (Cass. S.U. n. 24148 del 25/10/2013; Cass. n. 29404 del 07/12/2017).

4.1.1. Inoltre, “la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvi) i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione” (Cass. n. 19547 del 04/08/2017).

4.2. Nel caso di specie, la CTR ha congruamente argomentato in ordine alle ragioni per le quali dagli elementi indiziari forniti dall’Ufficio si evinca la insussistenza delle operazioni sottostanti alle fatture; elementi che non si riducono ai collegamenti indiscutibilmente esistenti tra le due società, ma implicano anche considerazioni ulteriori, quali la mancanza di una puntuale giustificazione delle prestazioni indicate nelle fatture e il vantaggio economico derivante a Faddim s.r.l. dalla immediata registrazione delle fatture poi annullate.

4.2.1. La CTR, pertanto, ha valutato le prove raccolte indicando quelle che, a suo giudizio, sono più significative ai fini del raggiungimento del proprio convincimento in ordine alla inesistenza delle operazioni poste in essere tra le due società.

4.3. Sotto diverso profilo e a parte ogni questione di autosufficienza, gli elementi indiziari forniti da parte ricorrente e dei quali la CTR non avrebbe tenuto conto (l’esistenza di rapporti commerciali tra Comboil s.r.l. e Faddim s.r.l.; la validità di una delle fatture emesse da Comboil s.r.l. nei confronti di Faddim s.r.l. e le richieste formali di storno), non sono affatto decisivi ai fini dell’esclusione della inesistenza delle operazioni sottostanti alle fatture per come ritenuta dalla CTR.

5. Con il secondo e il quarto motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.), sui motivi di appello secondo e quarto, concernenti il secondo la veridicità delle operazioni sottostanti alle fatture e il quarto la neutralità a fini IVA dell’operazione compiuta dalla società contribuente.

6. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili.

6.1. A parte il fatto che la CTR ha affrontato le superiori questioni, va evidenziato che “affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività” (Cass. S.U. n. 15781 del 28/07/2005; conf., da ultimo, Cass. n. 5344 del 04/03/2013).

6.2. Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata a dedurre di avere sollevato determinate questioni, ma non ha trascritto compiutamente i motivi di appello di cui lamenta il mancato esame, nè ha allegato l’atto di appello al ricorso per cassazione. Ne deriva un palese difetto di specificità dei motivi proposti.

7. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 7, artt. 26 e 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la sentenza impugnata avrebbe negato la possibilità di utilizzare il meccanismo di rettifica, erroneamente imponendo alla società contribuente il pagamento dell’imposta.

8. Il motivo è inammissibile.

8.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “in tema di IVA, nel caso in cui sia erroneamente emessa fattura per operazioni oggettivamente inesistenti, il contribuente non può avvalersi della procedura di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 2, che consente la regolarizzazione solo ove si tratti di operazioni effettive e reali, anche se venute meno in tutto o in parte, ma, in base al principio di cartolarità, di cui allo stesso D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, è tenuto a versare l’imposta per l’intero ammontare indicato, fermo restando il diritto del contribuente al rimborso dell’imposta versata qualora venga accertato dal giudice di merito che sia stato eliminato in tempo utile qualsiasi rischio di perdita del gettito fiscale, derivante dall’utilizzo della fattura ai fini della detrazione da parte del destinatario, quando la fattura non possa ritenersi emessa ai sensi dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 21, comma 1, ovvero quando sia stata emessa, ma tempestivamente ritirata dal destinatario, senza che quest’ultimo abbia potuto utilizzarla per finalità fiscali, o ancora quando l’Amministrazione abbia disconosciuto il diritto alla detrazione del destinatario con provvedimento definitivo o ritenuto legittimo con sentenza passata in giudicato” (Cass. n. 10974 del 18/04/2019; cfr. Cass. n. 22963 del 26/09/2018; Cass. n. 10939 del 27/05/2015).

8.2. Nel caso di specie, le affermazioni della ricorrente, per le quali “risulta per tabulas che la società destinataria non ha utilizzato le fatture per evadere l’IVA. E neppure per ritardarne il pagamento, posto che le note di credito sono state registrate in contabilità entro il medesimo anno d’imposta (2007)” (pag. 9 del ricorso), si scontrano con l’accertamento in fatto della sentenza impugnata, laddove si legge che Faddim s.r.l. “ha posticipato nel tempo la registrazione delle relative note di credito, con il vantaggio di evitare, o quanto meno, differire i versamenti dovuti all’IVA” (pag. 3 della sentenza impugnata).

8.3. Correttamente, pertanto, la CTR ha confermato l’avviso di accertamento con il quale è stato chiesto il versamento dell’IVA concernente le operazioni inesistenti.

9. Con il sesto motivo di ricorso Comboil s.r.l. contesta la violazione dell’art. 654 c.p.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deducendo altresì vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

9.1. In buona sostanza la ricorrente lamenta che, sebbene le risultanze della sentenza penale non siano vincolanti nel giudizio tributario, la CTR non avrebbe potuto non considerare detta sentenza quale fonte di prova, anche se ne è stato depositato in giudizio il solo dispositivo.

10. Il motivo è infondato.

10.1. Secondo l’orientamento di questa Corte, “in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio” (Cass. n. 28174 del 24/11/2017; conf. Cass. n. 10578 del 22/05/2015).

10.1.1. In buona sostanza, “la sentenza penale irrevocabile intervenuta per reati attinenti ai medesimi fatti su cui si fonda l’accertamento degli uffici finanziari rappresenta un semplice elemento di prova, liberamente valutabile in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie, anche di natura presuntiva” (Cass. n. 2938 del 13/02/2015; si veda anche Cass. n. 4924 del 27/02/2013).

10.2. Orbene, la CTR si è pienamente attenuta ai superiori principi di diritto, valutando opportunamente la sentenza penale di assoluzione dell’amministratore della società contribuente e affermando che dalla stessa non potevano trarsi elementi di prova in favore di Comboil s.r.l., essendone stato prodotto il solo dispositivo.

10.3. Trattasi di valutazione non solo logica, ma pienamente condivisibile, perchè dal solo dispositivo della sentenza penale non è possibile risalire alle ragioni di fatto e di diritto che hanno condotto all’assoluzione di D.N.F..

11. In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto da D.N.F. e va rigettato il ricorso proposto da Comboil s.r.l.

11.1. I ricorrenti vanno condannati, in solido, al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di Euro 1.987.496,15.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da D.N.F. e rigetta il ricorso proposto da Comboil s.r.l.; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 15.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Si da atto che il presente provvedimento e sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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