Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20829 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/08/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 02/08/2019), n.20829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19258-2016 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO

RICCI, CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO;

– ricorrente –

contro

P.D.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1340/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 23/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/04/2019 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata la Corte di appello di Lecce ha accolto l’appello proposto da P.D. e, per l’effetto, ha condannato l’Inps a corrispondere all’appellante l’assegno ordinario di invalidità dal 1/1/2013 al 31/5/2013 e la pensione ordinaria di inabilità di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 2, con decorrenza dal 1/6/2013;

a fondamento della decisione della Corte territoriale ha posto le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio il quale ha ritenuto sussistenti i requisiti sanitari per il riconoscimento delle prestazioni previdenziali in ragione delle infermità da cui la ricorrente è affetta e della mancanza di contestazione circa il requisito contributivo;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS sulla base di due motivi;

l’intimata non ha svolto attività difensiva;

la proposta del relatore è stata comunicata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico articolato motivo di ricorso l’Istituto ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 2, commi 2 e 5, e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, Oggetto di discussione tra le parti, e assume che la Corte territoriale ha omesso di valutare la sussistenza delle ulteriori condizioni richieste dalle norme citate ai fini del riconoscimento della prestazione previdenziale, e in particolare la cancellazione dell’interessata dagli elenchi anagrafici o nominativi e dagli albi professionali, nonchè la rinuncia ai trattamenti sostitutivi integrativi della retribuzione;

il motivo è fondato;

questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che dal complesso delle disposizioni della L. n. 222 del 1984, art. 2,commi 1, 2 e 5, si desume che la situazione di assoluta e permanente impossibilità lavorativa in cui il soggetto versi per infermità e il requisito contributivo costituiscono gli unici requisiti necessari per il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità, e che il godimento di redditi di lavoro si pone come condizione ostativa per l’erogabilità della prestazione;

è stato in particolare precisato che in materia di pensione di inabilità i fatti cui si riferisce la L. n. 222 del 1984, art. 2,commi 2 e 5, (assenza di compensi per lavoro autonomo o subordinato, cancellazione dagli elenchi anagrafici degli operai agricoli, dagli elenchi nominativi dei lavoratori autonomi e dagli albi professionali, rinuncia ai trattamenti a carico dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e ad ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione) non integrano requisiti costitutivi del diritto alla pensione (ulteriori rispetto al requisito sanitario e a quello contributivo), ma ne rappresentano semplici `conditiones iuris’, incidenti sul relativo contenuto e quindi sulla decorrenza della prestazione (Cass. Sez. Un. 14/7/1993, n. 7783; Cass.17/9/2003, n. 13277, non massimata; Cass.14/12/2001, n. 15806; da ultimo, Cass. 03/11/2015, n. 22406, e Cass. 17/12/2014, n. 26640);

ne consegue che, ove sia stata accertata l’esistenza del diritto e nel contempo sia contestata la presenza dei suddetti fatti, il giudice che non giunga al relativo accertamento non può respingere la domanda di condanna dell’Istituto assicuratore all’erogazione della prestazione, ma ha l’obbligo di emettere sentenza con cui, accogliendo la suddetta domanda, subordina la decorrenza del beneficio al verificarsi dei fatti in condizione (Cass. ord. n. 9902 del 2012);

il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione di tali principi in quanto, nonostante l’eccezione sollevata dall’Inps circa la insussistenza delle condizioni cui alla citata L., art. 2, comma 2, sollevata nella memoria difensiva di primo grado, non ha compiuto alcun accertamento al riguardo, accertamento destinato ad influire sul contenuto della statuizione di condanna all’erogazione della prestazione;

pertanto, in accoglimento del ricorso ora in esame, e nei limiti suddetti, va cassata la sentenza impugnata e rinviata alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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