Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20828 del 06/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 06/09/2017, (ud. 28/04/2017, dep.06/09/2017),  n. 20828

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4423-2014 proposto da:

SICILCASSA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, C.F.

(OMISSIS), in persona dei Commissari Liquidatori pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta difende, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DELL’OROLOGIO, 7, presso lo studio dell’avvocato PAOLA

MORESCHINI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO

PALMIGIANO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 11/01/2014 R.G.N. 497/2010.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 26.11.2013-11.1.2014 (nr. 12/2014) la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la domanda proposta da M.C. in opposizione allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa di SICILCASSA spa per la insinuazione del proprio credito, avente ad oggetto la restituzione dei contributi versati al FONDO INTEGRATIVO PENSIONI per il personale della SICILCASSA (in prosieguo: F.I.P.) anche in relazione alla quota a carico del datore di lavoro;

che avverso tale sentenza la SICILCASSA spa in liquidazione coatta amministrativa (in prosieguo: SICILCASSA spa) ha proposto ricorso affidato a tre motivi, al quale ha opposto difese M.C. con controricorso, illustrato con memoria;

che SICILCASSA spa con memoria ex art. 378 c.p.c. ha dichiarato di rinunziare ai primi due motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento del terzo e deducendo altresì la natura chirografaria del credito ammesso al passivo.

Diritto

CONSIDERATO

che SICILCASSA spa ha dedotto:

– con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art. 10, comma 1, lett. c): ha censurato la sentenza per avere ritenuto la applicabilità del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 10, comma 1, lett. c) (norma che consente al dipendente il riscatto della contribuzione) nella fattispecie di causa nella quale il fondo pensione non operava con il sistema ” a capitalizzazione individuale” (id est: con la formazione di conti individuali) – unico previsto dalla L. n. 124 del 1993 – ma con un sistema “a capitalizzazione collettiva” (nel quale non vi erano, cioè, conti individuali) ed a prestazione definita (nel quale poteva non esserci corrispondenza tra la contribuzione affluita al fondo e la prestazione corrisposta alla maturazione del diritto);

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’art. 162 c.c. e ss. in riferimento agli artt. 4 e 7 del regolamento del F.I.P., che escludevano la riscattabilità in favore dell’iscritto dell’intera contribuzione affluita al Fondo limitando il riscatto alla sola contribuzione da questi personalmente versata;

con il terzo motivo: falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c., per avere il giudice dell’appello confermato la sentenza di primo grado anche sul punto del riconoscimento della rivalutazione monetaria sul capitale laddove il credito ammesso al passivo, avendo natura previdenziale, non soggiaceva al cumulo tra interessi legali e rivalutazione monetaria quanto meno a far tempo dall’i settembre 1985 (cfr. L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 194);

che la rinuncia ai primi due motivi di ricorso espressa dal difensore di SICILCASSA spa nella memoria ex art. 378 c.p.c. rende superflua la decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure; tale rinunzia è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte e del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso e resta sottratta alla disciplina di cui all’art. 390 c.p.c. per la rinuncia al ricorso (in termini: Cassazione civile, sez. 1, 03/11/2016, n. 22269; Cassazione civile, sez. 2, 14/01/2014, n. 640; Cassazione civile, sez. trib., 15/05/2006, n. 11154); che il terzo motivo è infondato;

che sulla questione di causa questa Corte (Cassazione civile, sez. lav., 14/10/2015, n. 20717), con orientamento cui in questa sede si intende dare continuità, ha già chiarito, da un lato, che (anche prima della riforma della previdenza complementare del 1993) i versamenti effettuati dal datore di lavoro alla previdenza integrativa o complementare hanno carattere previdenziale (in continuità con Cass. civ. SU 9 marzo 2015 nr. 4684), dall’altro che tale qualificazione non è tuttavia risolutiva dell’ulteriore questione relativa all’applicabilità al credito maturato dal lavoratore, con riguardo alle somme versate nei fondi integrativi, del cumulo degli interessi e della rivalutazione.

La norma di riferimento, contenuta nella L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, comma 6, è relativa alle sole prestazioni erogate in ritardo da “enti gestori delle forme di previdenza obbligatoria”; essa è stata dettata per assolvere ad una funzione riequilibratrice degli effetti negativi sulla finanza pubblica prodotti dall’incremento della spesa previdenziale corrente conseguente alla estensione ai crediti per accessori sulle prestazioni da essi erogate in ritardo del meccanismo di rivalutazione proprio dei crediti di lavoro, come imposto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 12 aprile 1991 (Cass., Sez. Un., 15 ottobre 2002, n. 14617; Corte costituzionale sentenza n. 361 del 24 ottobre 1996).

Il debitore, pertanto, va individuato non già in un qualsiasi soggetto, qualunque sia la sua natura, ma in uno di quegli enti pubblici non economici ai quali dalla legge è attribuita una funzione di previdenza nei confronti di determinate categorie di soggetti.

In tal senso, peraltro, questa Corte si era già espressa con la sentenza 28 ottobre 2008, n. 25889 (in fattispecie relativa a trattamento pensionistico integrativo corrisposto dal Fondo costituito dalla Banca di Roma s.p.a.), escludendo l’applicabilità della disposizione citata ed affermando che, al di là della natura previdenziale del trattamento pensionistico integrativo del Fondo, il divieto di cumulo di interessi e rivalutazione monetaria “si riferisce esclusivamente ai crediti previdenziali vantati verso gli enti suddetti (enti gestori di previdenza obbligatoria: n.d.e.) e non è pertanto applicabile alle prestazioni pensionistiche integrative dovute dal datore di lavoro”.

Posto che non vi è dubbio che il Fondo della Sicilcassa s.p.a. ha natura privatistica e che le relative prestazioni non rientrano tra le prestazioni previdenziali a carattere obbligatorio, deve ritenersi che si è fuori dall’ambito di applicazione della citata Legge, art. 16, comma 6.

che ogni deduzione circa la natura privilegiata o chirografaria del credito è invece inammissibile, in quanto non proposta ritualmente e tempestivamente con la formulazione di uno specifico motivo di ricorso;

che le spese vengono compensate giacchè le questioni di causa hanno formato oggetto di decisioni di questa Corte – anche a Sezioni Unite (Cass. civ., SU 14 gennaio 2015 n. 477; Cass. civ. SU 9 marzo 2015 nr. 4684) – soltanto in pendenza di giudizio;

che trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 28 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2017

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