Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20826 del 21/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 21/07/2021, (ud. 25/06/2020, dep. 21/07/2021), n.20826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 303/2020 proposto da:

B.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LIDIA BIANCO SPERONI;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI BRESCIA;

– intimata –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1615/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 11/11/2019 r.g.n. 2118/2017.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte territoriale di Brescia, con sentenza pubblicata in data 11.11.2019, ha rigettato l’appello proposto da B.S., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza, resa dal Tribunale della stessa sede il 31.8.2017, che aveva respinto il ricorso del medesimo B. avverso il provvedimento emesso dal Ministero dell’Interno-Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Brescia, con il quale erano state disattese le domande del medesimo dirette ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, del diritto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2017, ovvero del diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6;

2. la Corte di merito, per quanto ancora di rilievo in questa sede, premesso che “non emergono, dall’appello, specifiche contestazioni alle argomentazioni sulle quali si fonda l’impugnata ordinanza di rigetto”, ha osservato che le ragioni addotte dal medesimo a sostegno dell’espatrio non integrano in alcun modo il rischio di una persecuzione determinata da ragioni politiche, religiose, razziali o di appartenenza ad un determinato gruppo sociale, secondo quanto dispone del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, ma appaiono collegate a vicende personali e familiari, che hanno spinto il B. a cercare fortuna verso l’Europa;

3. circa la richiesta di protezione sussidiaria, la Corte ha escluso che nel luogo di provenienza dell’appellante (Nigeria-Edo State) fosse riscontrabile una situazione di violenza indiscriminata tale da creare una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile; pertanto, ha negato la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b);

4. infine, i giudici di appello hanno negato che, nella fattispecie, potessero configurarsi particolari profili di vulnerabilità atti a giustificare il rilascio del permesso di soggiorno previsto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, perché la storia personale del ricorrente non consente di ritrovare riferimenti ad una condizione di menomata dignità vissuta in patria, né ad una personale situazione di vulnerabilità da proteggere;

5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso B.S. articolando due motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato tardivamente un “Atto di costituzione” al solo fine “di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione”;

6. il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, “per avere la Corte di Appello valutato la domanda di protezione sussidiaria in base a generiche informazioni sulla situazione interna della Nigeria, senza considerazione completa delle prove disponibili e senza corretto esercizio dei poteri officiosi”;

2. con il secondo motivo si censura “violazione e falsa applicazione di norme di diritto e vizio di motivazione per non avere la Corte di Appello riconosciuto l’esistenza di una protezione umanitaria ai sensi del T.U. D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per la minaccia grave alla vita del cittadino straniero derivante da una situazione di violenza, di corruzione e di mancanza di sicurezza e protezione nello Stato di origine”;

3. il primo motivo non è meritevole di accoglimento; al riguardo va ribadito che la Corte distrettuale ha premesso che, dall’atto di gravame, non emergono specifiche contestazioni alle argomentazioni sulle quali si fonda l’ordinanza impugnata; e, a fronte di ciò, non può invocarsi l’attivazione dei poteri istruttori d’ufficio del giudice, che non può essere volta a supplire ad una carenza probatoria totale, in modo da attribuire al giudice una funzione sostitutiva degli oneri di parte (v., ex plurimis, Cass., SS.UU. n. 11353/2004; Cass. nn. 13694/2014; 6205/2010; 17102/2009). Va, altresì, sottolineato che il Collegio di merito, citando le fonti internazionali da cui ha tratto convincimento (v., in particolare, le pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata), ha accertato in fatto l’assenza di una situazione di violenza generalizzata in Nigeria, per la concentrazione del pericolo rappresentato dal gruppo terroristico (OMISSIS) in alcuni Stati del Nord Est, lontani dall’Edo State, dal quale il ricorrente proviene;

4. neppure il secondo motivo può essere accolto, poiché i giudici di seconda istanza hanno sottolineato che “l’appellante non ha evidenziato elementi significativi di integrazione, né ulteriori condizioni di vulnerabilità, oggettiva e soggettiva” e “non risulta appartenere ad una categoria o gruppo che possa essere oggetto di discriminazione nel Paese di origine ed è in buona salute”; la decisione impugnata, pertanto, appare in linea con gli arresti giurisprudenziali di questa Corte, secondo cui, in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione in Italia “deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza” (cfr., tra le altre, Cass. nn. 29857/2020; 4455/2018);

5. per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va rigettato;

6. nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio, non essendo stata svolta attività difensiva dall’amministrazione intimata;

7. avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali (cfr. Cass., SS.UU. n. 4315/2020) di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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