Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20825 del 06/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 06/09/2017, (ud. 28/04/2017, dep.06/09/2017),  n. 20825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22029-2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE NAPPI, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5074/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/09/2010 R.G.N. 4621/2006.

Fatto

RITENUTO

che con sentenza n.5074/2010 depositata il 16.9.2010 la Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello proposto dall’Inps avverso la sentenza che aveva accolto la domanda di B.G. riconoscendo il suo diritto alla riliquidazione della pensione di vecchiaia con condanna dell’Istituto al pagamento delle differenze maturate, oltre accessori;

che a fondamento della decisione la Corte d’Appello sosteneva, per quanto di interesse, che la domanda azionata fosse relativa al ricalcolo di prestazione già riconosciuta e non era pertanto soggetta a decadenza D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, ex art. 37;

che contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS fondato su un unico motivo col quale deduce la violazione di legge non risultando la sentenza conforme al disposto del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 sia nella stesura precedente alla novella di cui al D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, lett. d, convertito in L. 15 luglio 2011, sia nella sua nuova versione introdotta dalla novella citata;

che B.G. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è infondato in quanto l’oggetto del giudizio attiene pacificamente ad una riliquidazione di trattamento pensionistico riconosciuto in modo parziale, non essendosi tenuto conto nel calcolo della pensione di anzianità dei contributi figurativi maturati dal ricorrente in relazione al trattamento di quiescenza anticipato;

che si tratta pertanto di una fattispecie che – prima della innovativa disciplina contenuta nel D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, lett. d, convertito in L. 15 luglio 2011, n. 111 del 2011, che si occupa di estendere la disciplina della decadenza “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito” – non poteva essere certamente soggetta ad alcuna decadenza ai sensi dell’art. 47 cit. in quanto rientrante nel regime di esclusione delineato, secondo ripetute indicazioni, dalle Sez. Unite di questa Corte (Cass. Sez. un. 18 luglio 1996 n. 6491; Sez. unite 12720 e 12718 del 29.5.2009; le quali avevano delineato un orientamento in virtù del quale “la decadenza di cui al D.P.R 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6 convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale” (sentenza n. 12720 del 29/05/2009); essendosi ivi ribadito “l’illogicità ed irrazionalità in materia previdenziale ed assistenziale della previsione di doppia decadenza che si presenterebbe come un doppio sbarramento previsto al solo scopo di rendere più difficoltoso l’esercizio del diritto” (richiamando Sez. Unite n. 1996/6491, e Cass. n. 12516/2004);

che si tratta di un orientamento tuttora applicabile rispetto alle prestazioni – come quella in discorso – liquidate prima del 6.7.2011, data di entrata in vigore della nuova disciplina di cui al D.L. n. 98 del 2011, n. 98, conv. L. n. 111 del 2011, in quanto richiamato a fondamento della sentenza n. 69/2014 con la quale la Corte Cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della nuova disciplina della decadenza introdotta nel 2011 per le liquidazioni parziali nella sua (limitata) portata retroattiva, in relazione ai “giudizi in corso in primo grado”; e ciò, proprio perchè si tratta di disciplina diversa da quella precedentemente in vigore, per come delineata in base alla giurisprudenza delle Sez. Unite;

che pertanto, rispetto al caso in esame, trattandosi di liquidazione parziale ovvero di una prestazione riconosciuta solo in parte, la decadenza dall’azione non poteva essere in alcun modo applicata, prima dell’entrata in vigore della nuova normativa.

che le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il ricorso con condanna del ricorrente soccombente alla rifusione delle spese processuali, con attribuzione come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese liquidate in Euro 2100 di cui Euro 2000 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori, con attribuzione all’Avv. Nappi dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 28 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2017

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