Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20824 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2020, (ud. 17/10/2019, dep. 30/09/2020), n.20824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 6975/2018 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Banca Ifis s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

quale incorporante di Fast Finance s.p.a., elettivamente domiciliata

in Roma, via Cicerone n. 44, presso lo studio dell’avv. Antonio

Buonfiglio, rappresentata e difesa dall’avv. Mario Martelli e

dall’avv. Giovanni Caliceti giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara n. 1012/06/17, depositata

il 21 novembre 2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 ottobre 2019

dal Cons. Giacomo Maria Nonno.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Paola Mastroberardino, che ha concluso per il rigetto

del ricorso.

Udito l’avv. Giovanni Palatiello per la ricorrente e l’avv. Giovanni

Caliceti per la controricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 1012/06/17 del 21/11/2017, la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 558/01/15 della Commissione tributaria provinciale di Pescara (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da Banca Ifis s.p.a. (incorporante Fast Finance s.p.a.) nei confronti del silenzio-rifiuto avverso l’istanza di rimborso di un credito IVA risalente all’anno 2007.

1.1. Come emerge anche dalla sentenza impugnata, il credito IVA era stato acquistato da Fast Finance s.p.a. da potere della curatela del fallimento di (OMISSIS) s.r.l. con atto di cessione regolarmente comunicato all’Agenzia delle entrate.

1.2. La CTR, per quanto ancora interessa in questa sede, motivava il rigetto dell’appello dell’Agenzia delle entrate osservando che: a) l’Agenzia delle entrate non aveva fornito la prova della validità ed efficacia del credito per sanzioni per omesso versamento IVA, credito recato da una cartella di pagamento concernente l’anno d’imposta 2007 e mai notificata alla curatela fallimentare; b) le cartelle di pagamento relative a tributi antecedenti alla dichiarazione di fallimento recavano crediti che non potevano essere compensati con quello ceduto dalla curatela fallimentare a Fast Finance s.p.a., maturato in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento.

2. L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

3. Banca Ifis s.p.a. resisteva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denunciando la nullità della sentenza per omessa pronuncia, non avendo la stessa dato conto dei crediti anteriori alla dichiarazione di fallimento di (OMISSIS) s.r.l. vantati dall’Erario e delle ragioni per le quali gli stessi non sarebbero stati a conoscenza di Banca Ifis s.p.a..

2. Il motivo è inammissibile;

2.1. Non è vero che la sentenza della CTR non ha considerato i crediti ante fallimentari vantati dall’Erario, avendo fatto agli stessi chiaramente riferimento al fine di escludere la loro compensabilità con il credito vantato da Banca Ifis s.p.a., ostandovi il disposto della L. Fall., art. 56.

2.2. Tuttavia, l’eventuale omessa valutazione di circostanze di fatto (l’esistenza di crediti erariali ante fallimento) integra un vizio motivazionale e non già di omessa pronuncia, che riguarda specificamente le questioni di diritto ritualmente sottoposte alla valutazione del giudice.

2.3. Inoltre, alla ratio decidendi seguita dalla sentenza impugnata è del tutto estranea la consapevolezza in capo al cessionario della esistenza di crediti erariali anteriori alla dichiarazione di fallimento.

3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla possibilità, per l’Erario, di effettuare la compensazione tra il credito ceduto a Banca Ifis s.p.a. e i crediti erariali anteriori alla dichiarazione di fallimento di (OMISSIS) s.r.l.

4. Il motivo è inammissibile.

4.1. Invero, “le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3-bis, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546″, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito” (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014).

4.2. Tali disposizioni si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione successivamente all’11 settembre 2012 (Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 24909 del 09/12/2015; Cass. n. 11439 del 11/05/2018) e, dunque, anche al presente giudizio, introdotto con appello depositato il 16/12/2015, come si evince dalla sentenza impugnata.

5. In conclusione il ricorso va rigettato con conseguente condanna dell’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di lite, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore di lite dichiarato di Euro 253.353,00.

5.1. Il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del medesimo art. 13, comma 1 bis, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 23514 del 05/11/2014; Cass. n. 1778 del 29/01/2016).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 10.000,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del quindici per cento e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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