Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20821 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. un., 02/08/2019, (ud. 12/02/2019, dep. 02/08/2019), n.20821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20530-2017 proposto da:

M.D.R. EDITORE S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 2,

presso lo studio dell’avvocato EZIO BONANNI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIORGIO MARIA POMPEI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURA REGIONALE DELLA CORTE DEI CONTI PER IL LAZIO, CASSA RISPARMIO

BOLOGNA S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 45/2017 della CORTE DEI CONTI – II SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 27/01/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2019 dal Consigliere MILENA FALASCHI;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale MATERA

Marcello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito l’Avvocato Giorgio Maria Pompei.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il Procuratore regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale per il Lazio, con atto di citazione notificato il 17 aprile 2008, evocava in giudizio la M.d.R. Editore s.r.l., in solido con la Cassa di Risparmio di Bologna s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento del danno, in favore del Ministero dello sviluppo economico, pari ad Euro 4.160.346,00, per avere presentato un programma di investimento ai sensi della L. n. 488 del 1992, avente ad oggetto la realizzazione di un opificio nel Comune di (OMISSIS), beneficiando di finanziamento agevolato per la complessiva somma di Euro 3.058.969,05, erogato in un’unica quota, intervento che però non veniva realizzato con conseguente inutile dispersione di risorse.

La sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, con sentenza n. 17 emessa il 9.01.2012, riteneva accertata la responsabilità della M.d.R. Editore e la condannava, in via principale, al pagamento del danno, determinato in Euro 4.247.291,10, mentre la Carisbo veniva condannata, in via sussidiaria, al pagamento della metà della predetta somma ritenendo la condotta di quest’ultima non dolosa, sebbene gravemente colposa.

Avverso la predetta sentenza proponevano appello, con atti separati, la Carisbo e la M.d.R. Editore, che venivano poi riuntiti.

In data 20.06.2016 la Carisbo depositava istanza di definizione agevolata si sensi della L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 231-233 che veniva accolta e a cui facevano seguito i previsti pagamenti da parte dell’appellante.

La sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei conti, con sentenza n. 45/2017, depositata il 27 gennaio 2017, per quanto qui interessa, dichiarava definito il giudizio sull’appello proposto dalla Carisbo, mentre dichiarava inammissibile il secondo per essere stato proposto con atto notificato in data 14 maggio 2012 a fronte della notificazione della sentenza di condanna il 30 gennaio 2012. Nè poteva essere considerato un appello incidentale tardivo ai sensi dell’art. 334 c.p.c., in quanto non indirizzata contro la parte investita dell’impugnazione principale.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la M.d.R. Editori, sulla base di due motivi.

Il Procuratore Generale presso la Corte dei conti ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo lamenta la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell’art. 24 Cost., nonchè nullità della sentenza e del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 In particolare la Corte dei conti avrebbe ignorato l’istanza di rinvio dell’udienza del 19.01.2017, che era stata depositata il giorno 18.01.2017 e fondata su certificato medico del difensore della ricorrente, attestante il legittimo impedimento dello stesso a comparire all’udienza, peraltro, senza neanche darne conto nella motivazione.

La censura è inammissibile perchè non rispetta lo schema di cui all’art. 111 Cost.

Occorre premettere che il ricorso per cassazione contro le decisioni della Corte dei conti è consentito soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione, sicchè il controllo della Corte di cassazione è circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione, non estendendosi ad errores in procedendo o ad errores in iudicando, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione, salvo i casi di radicale stravolgimento delle norme di riferimento tali da ridondare in denegata giustizia (cfr., tra le più recenti, Cass., Sez. Un., 14 novembre 2018 n. 29285 e Cass., Sez. Un., 18 maggio 2017 n. 12497).

La ricorrente con la censura in questione prospetta, attraverso l’affermazione della necessità del rinvio per legittimo impedimento a comparire del difensore, soltanto una violazione di norme processuali che disciplinano il diritto di difesa. Tale vizio non determina l’irregolarità del contraddittorio che si traduce in difetto di giurisdizione.

E’ stato pure precisato da questa Corte che, in tema di sindacabilità del difetto di giurisdizione delle sentenze della Corte dei conti, è inammissibile il ricorso che si fondi su vizi processuali relativi a violazioni dei principi costituzionali del giusto processo, quali quelli che ledono il contraddittorio tra le parti o la loro parità di fronte al giudice o l’esercizio del diritto di difesa, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio, al pari di tutti gli altri errores in procedendo e non inerenti all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dei limiti esterni di essa ma solo al modo in cui è stata esercitata (Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6081, non massimata sul punto; Cass., Sez. Un., 25 luglio 2011 n. 16165; Cass., Sez. Un., 9 giugno 2011 n. 12539). E’ stato, cosi, escluso che si traduca in difetto di giurisdizione la mancata costituzione del contraddittorio (Cass., Sez. Un., 31 maggio 1984 n. 3318).

Del resto la stessa Corte costituzionale ha affermato che “l’eccesso di potere giudiziario” va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, e cioè quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); nonchè a quelle di difetto relativo di giurisdizione. Ha sottolineato, altresì, che il concetto di controllo di giurisdizione, così delineato, non ammette soluzioni intermedie ovvero una lettura estensiva limitata ai casi in cui si sia in presenza di sentenze “abnormi” o “anomale” ovvero di uno “stravolgimento”, a volte definito radicale, delle “norme di riferimento”. Attribuire rilevanza ad un siffatto dato è, sul piano teorico, incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e, sul piano fattuale, foriero di incertezze, in quanto affidato a valutazioni contingenti e soggettive (così Corte Cost. n. 6 del 2018; ma già, Corte Cost. n. 123 del 2017; Corte Cost. n. 191 del 2006 e Corte Cost. n. 204 del 2004).

Per la Corte delle leggi l’unità funzionale non implica unità organica delle giurisdizioni, tant’è che i Costituenti hanno ritenuto di dover tener fermo l’assetto precostituzionale, che vedeva attribuita al giudice amministrativo la cognizione degli interessi legittimi e, nei casi di giurisdizione esclusiva, dei diritti soggettivi ad essi inestricabilmente connessi, cosicchè le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti non sono soggette al controllo di legittimità della Cassazione, che si limita al controllo del solo eccesso di potere giudiziario. Occupandosi della translatio iudicii, si è chiarito che la Corte di cassazione con la sua pronuncia può, a norma dell’art. 111 Cost., comma 8, vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti a ritenersi legittimati a decidere la controversia, ma non può vincolarli sotto alcun profilo quanto al contenuto (di merito o di rito) di tale decisione (Corte Cost. n. 77 del 2007 e Corte Cost. n. 204 del 2004 cit.).

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 334 c.p.c., nonchè difetto di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte dei conti ritenuto tardivo il suo gravame, interposto con atto notificato il 14 maggio 2012 a fronte dell’intervenuta notificazione della sentenza di condanna in data 30 gennaio 2012. Ad avviso della D.R. Editore la Corte dei conti avrebbe errato nell’omettere di qualificare l’appello proposto dalla ricorrente quale appello incidentale tardivo, in considerazione del fatto che il rapporto giuridico dedotto in giudizio atteneva a litisconsorzio processuale necessario, avendo ad oggetto sia l’esistenza o la qualificazione e la ripartizione del danno fatto valere nell’originario atto di citazione.

Anche siffatta doglianza è inammissibile.

E’ stato già affermato che il sindacato della Corte regolatrice non si estende alle contestate violazioni della legge processuale, perchè, anche dopo la riforma dell’art. 111 Cost. e l’inserimento della garanzia del giusto processo, l’eventuale esistenza di un error in procedendo rientra nell’ambito del sindacato sui limiti interni della giurisdizione, posto che si discute, in tali casi, del modo col quale la giurisdizione è stata in concreto esercitata (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 2018 n. 3146 e Cass., Sez. Un., 9 maggio 2018 n. 11183).

Più specificamente (come rilevato di recente da Cass., Sez. Un., 19 febbraio 2019 n. 4886) proprio in ordine ad una fattispecie assimilabile a quella odierna, queste Sezioni Unite hanno affermato che non incorre in eccesso di potere giurisdizionale la decisione della Corte dei conti che, lungi dall’escludere l’astratta proponibilità dell’impugnazione incidentale ove un possibile diverso esito della controversia possa dipendere dall’accoglimento del gravame principale, abbia dichiarato tardivo l’appello incidentale, qualificandolo come autonomo, sull’assunto che l’interesse ad impugnare la decisione non possa essere fatto discendere dall’impugnazione principale; tale decisione, infatti, può integrare un error in procedendo, non inerente all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dei suoi limiti esterni, ma solo al modo in cui essa è stata esercitata (Cass., Sez. Un., 3 aprile 2014 n. 7847).

Nella fattispecie in esame, si è verificata una situazione del tutto simile. La sentenza impugnata, infatti, dopo aver dato atto della proposizione dell’appello, da parte dell’odierna ricorrente, avverso la sentenza di primo grado, ne ha dichiarato la tardività sul rilievo che detta impugnazione si fondava su di un interesse non derivante dall’avvenuta proposizione dell’appello principale ed era, pertanto, da qualificare come “incidentale autonoma”. Si tratta di un ragionamento che non si traduce nell’invasione della sfera riservata alla discrezionalità del legislatore, perchè il giudice contabile si è comunque attenuto al compito interpretativo delle leggi che gli appartiene; ed è evidente che l’eventuale non condivisibilità, o comunque la discutibilità, di tale interpretazione non consente per questo di ritenere travalicati i limiti esterni della giurisdizione contabile.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese, in ragione della qualità di parte solo in senso formale del Procuratore Generale presso la Corte dei conti.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 12 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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