Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20820 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. un., 02/08/2019, (ud. 12/02/2019, dep. 02/08/2019), n.20820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO� Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13691-2017 proposto da:

A2A S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COURMAYEUR 79, presso lo

studio dell’avvocato GIANFRANCO MAZZULLO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati FABIO TODARELLO e FEDERICO NOVELLI;

– ricorrente –

contro

REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo

studio dell’avvocato CRISTIANO BOSIN, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARCO CEDERLE;

EISACKWERK S.R.L., in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 29, presso lo

studio dell’avvocato MANFREDI BETTONI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANTON VON WALTHER e FRANCO MELLAIA;

– controricorrenti –

ENEL PRODUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 99,

presso lo studio dell’avvocato ERNESTO CONTE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ILARIA CONTE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

PROVINCIA DI SONDRIO, REZIA IDROELETTRICA S.R.L., EDISON S.P.A.,

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA

TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 12/2017 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 27/01/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2019 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Gianfranco Mazzullo, Federico Novelli, Cristiano

Bosin per delega dell’avvocato Marco Cederle, Manfredi Bettoni ed

Ilaria Conte.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La A2A s.p.a evocava, dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143, la Regione Lombardia, la EISACKWERK s.r.l., la Rezia Idroelettrica s.r.l. la EDISON s.p.a., il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Il Ministero dello sviluppo economico e la Provincia di Sondrio per ottenere l’annullamento del silenzio dell’amministrazione regionale per non avere assunto un provvedimento amministrativo espresso sulla domanda di grande derivazione presentata dalla EISACKWERK, che – di converso – avrebbe dovuto dichiarare inammissibile, giudizio nel quale interveniva anche l’ENEL Produzione s.p.a.. Precisava al riguardo la ricorrente di essere titolare di una pluralità di impianti per la produzione di energia elettrica fra loro connessi ed attualmente esercitati in regime di prosecuzione D.Lgs. n. 79 del 1999, ex art. 12, comma 8 bis per gli impianti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con scadenza della concessione nel novembre 2016 per quello di (OMISSIS); aggiungeva che il 20.09.2014 la EISACKWERK aveva presentato alla Provincia di Sondrio domanda di concessione di grande derivazione su un tratto di derivazione coincidente con il complesso di opere di proprietà della ricorrente al fine di realizzare un diverso e nuovo impianto, domanda che veniva pubblicata sul BUR della Lombardia del 25.02.2015, cui facevano seguito altre due domande concorrenti della Rezia Idroelettrica e della Edison, pubblicate sul BUR del 29.07.2015, in ordine alle quali la ricorrente presentava osservazioni in opposizione per non essere stata avviata la indispensabile procedura di gara pubblica; chiariva, poi, che la Regione Lombardia invitava la Provincia di Sondrio a sospendere l’istruttoria della domanda della EISACKWERK e di altre eventuali nuove domande, cui la destinataria rispondeva negativamente, anzi insistendo affinchè la Regione si pronunciasse sulla domanda dalla EISACKWERK, ragione per la quale la ricorrente si attivava diffidando la Regione ad adottare i provvedimenti di sua competenza, oltre ad impugnare – in diverso giudizio – dinanzi al TSAP l’atto della Provincia di rigetto della richiesta di sospensione.

Il Tribunale adito ha respinto il ricorso per carenza di interesse per avere la A2A chiesto l’adozione di un provvedimento nell’ambito di un procedimento al quale non aveva preso parte e per il quale poteva vantare esclusivamente un interesse indiretto, non suscettibile di tutela giurisdizionale con la procedura del silenzio.

La sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche è stata impugnata con ricorso proposto dalla A2A, articolato su un unico motivo.

La Regione Lombardia e la EISACKWERK hanno resistito con separati controricorsi; si è difesa anche la Enel Produzione con controricorso contenente ricorso incidentale adesivo.

Il ricorrente e le controricorrenti EISACKERK ed ENEL hanno anche depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Va pregiudizialmente esaminata l’istanza di rinvio depositata dalla resistente, nonchè ricorrente incidentale ENEL, che non può essere accolta, non rientrando i fatti posti a base della medesima richiesta la pendenza di giudizi analoghi – tra quelli di rilievo nel giudizio di cassazione, non ravvisandosi ipotesi di connessione in senso proprio, rilevante in sede di legittimità.

Passando al merito del ricorso principale, con l’unico motivo la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la falsa applicazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 117 (già L. n. 1034 del 1971, art. 21 bis), oltre a violazione dell’art. 208 e del R.D. n. 1775 del 1933, art. 7, dell’art. 10 e dell’art. 12 del Regolamento della Regione Lombardia n. 2 del 24.03.2006, del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 12 e dell’art. 97 Cost. Nella sostanza la A2A lamenta che la Regione Lombardia alla luce della L. n. 241 del 1990, art. 21 bis sia contravvenuta all’obbligo generale di adottare provvedimenti decisori, vantando la A2A un interesse giuridicamente qualificato derivante dal fatto che sia “concessionario uscente” e comunque titolare delle opere interessate dal progetto della Eisackwerk.

Il motivo è fondato.

L’esame della censura richiede un breve richiamo del quadro normativo rilevante.

A tal riguardo, pur nella consapevolezza dei margini di opinabilità sottesi alla definizione di ciascun periodo, la dottrina individua tre fasi.

La prima fase, che va dal 1933 fino agli inizi degli anni �90, è quella della riserva allo Stato del settore idroelettrico. Con l’entrata in vigore del Testo Unico delle acque, R.D. n. 1775 del 1933, lo sfruttamento delle risorse idriche per la produzione di energia, inizialmente effettuato da imprese private, passò allo Stato e le imprese private persero la possibilità di ottenere il rinnovo delle concessioni di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico. Il testo unico permetteva, infatti, il rinnovo delle sole concessioni per l’impiego delle grandi derivazioni “ad uso potabile, d’irrigazione o bonifica”, consentendo ai privati che avevano investito nella costruzione di centrali idroelettriche di portare al termine la concessione, così da permettere l’ammortamento degli investimenti e la remunerazione equa dei capitali investiti. Una volta scaduta la concessione, però, i privati avrebbero perso la possibilità di continuare a sfruttare la centrale, che sarebbe passata in proprietà pubblica.

In questa prospettiva il Testo unico disponeva che, al termine della concessione, tutte le “opere bagnate” (cioè “le opere di raccolta, di regolazione e di condotta forzate ed i canali di scarico”) passavano gratuitamente in proprietà dello Stato (art. 25, comma 1). Le “opere asciutte”, invece, potevano essere acquisite dallo Stato mediante il pagamento di un indennizzo pari “al valore di stima del materiale in opera, calcolato al momento dell’immissione in possesso, astraendo da qualsiasi valutazione del reddito da esso ricavabile” (art. 25, comma 2).

La logica sottesa al Testo unico, secondo cui alla scadenza della (prima) concessione tutte le centrali idroelettriche dovevano passare allo Stato per essere gestite secondo schemi di natura pubblicistica, ha poi trovato conferma con la L. n. 1643 del 1962, che ha disposto la nazionalizzazione del settore elettrico e l’attribuzione all’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica di tutte le attività relative alla produzione, trasporto e distribuzione di energia.

Le finalità perseguite dal Testo unico (trasferire allo Stato le gestioni idroelettriche con le opere a ciò strumentali) venne, dunque, realizzata con il passaggio delle stesse all’ENEL, fatte salve le eccezioni delle superstiti concessioni degli enti locali e degli auto-produttori. Vista la riserva all’ENEL di tutte le attività in materia di produzione, importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta, le concessioni idroelettriche alla stessa attribuite avevano carattere perpetuo.

La fase della riserva allo Stato del settore idroelettrico è durata circa 60 anni, fino ai primi anni �90, quando l’Unione Europea ha dato il primo forte impulso alla creazione di un mercato interno dell’energia ispirato al principio della libera concorrenza.

Nel 1996 venne emanata la direttiva 96/92/CE, contenente le prime misure di liberalizzazione e di armonizzazione del mercato dell’energia elettrica. A partire dall’entrata in vigore della direttiva ha avuto inizio in Italia una seconda fase, caratterizzata dalle proroghe alla durata delle concessioni in essere.

La prima di queste proroghe fu prevista dal c.d. “Decreto Bersani” (D.Lgs. n. 79 del 1999) formalmente volto a dare attuazione in Italia alla direttiva 96/92/CE. L’art. 12 Decreto Bersani, pur prevedendo una procedura concorsuale per consentire lo sfruttamento delle grandi derivazioni di acqua al fine della produzione di energia elettrica, ha comunque prorogato ope legis le concessioni allora in vigore. In particolare, la durata delle concessioni rilasciate all’ENEL fu estesa fino 2029, mentre le concessioni degli altri operatori, scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2010, furono prorogate sino a quest’ultima data.

Inoltre il Decreto Bersani ha stabilito che, fino a cinque anni prima della scadenza della concessione, ogni soggetto “in possesso di adeguati requisiti organizzativi e finanziari” potesse chiedere il rilascio “della medesima concessione a condizione che presenti un programma di aumento dell’energia prodotta o della potenza installata, nonchè un programma di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza”.

Tuttavia, in presenza di più richieste concorrenti, a parità di condizioni era preferito il concessionario uscente.

La disciplina del “Decreto Bersani” è stata abrogata dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266 (la Finanziaria 2006), che ha stabilito l’obbligo delle amministrazioni competenti, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico (oltre che nei casi di decadenza, rinuncia e revoca), di indire una gara ad evidenza pubblica per l’attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata trentennale, “avendo particolare riguardo ad un’offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e di aumento dell’energia prodotta o della potenza installata”. La Finanziaria 2006 ha disposto, tuttavia, una proroga di 10 anni delle concessioni di grande derivazione idroelettrica, a condizione che fossero effettuati congrui interventi di ammodernamento degli impianti.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 1 del 2008, ha dichiarato l’illegittimità della proroga decennale contenuta nella Finanziaria 2006, perchè lesiva delle competenze regionali. La Corte delle leggi ha osservato a tal riguardo che la disciplina sulla proroga delle concessioni non rientra nella materia “tutela della concorrenza”, in cui lo Stato ha competenza esclusiva, ma nella materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia”, in cui lo Stato può dettare soltanto norme di principio. Lo Stato, stabilendo una proroga decennale delle concessioni, secondo la Corte, ha adottato una norma di dettaglio così invadendo la sfera riservata alla competenza del legislatore regionale.

Nonostante questa decisione, il cosiddetto decreto “Cresci Italia” (D.L. n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, in L. n. 122 del 2010) ha disposto una ulteriore estensione della durata delle concessioni di grande derivazione idroelettrica per un periodo di cinque anni (12 anni per le società per azioni a composizione mista pubblico-privata). Tale proroga avrebbe permesso alle amministrazioni competenti di avere un tempo sufficiente alla preparazione delle gare per l’assegnazione delle nuove concessioni, e avrebbe garantito agli operatori il tempo necessario per l’ammortamento gli investimenti effettuati al fine di ottenere la proroga decennale prevista dalla Finanziaria 2006.

Anche la proroga disposta dal “Cresci Italia” è stata però dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 205 del 2011) per violazione delle competenze spettanti alle regioni nella materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”.

Con il “Decreto Sviluppo” (D.L. n. 83 del 2012) ha, infine, inizio una terza fase, ancora in corso, caratterizzata da un abbandono della logica delle proroghe alle vecchie concessioni e da una accelerazione verso lo svolgimento delle nuove gare.

L’art. 37 decreto sviluppo ha, infatti, imposto alle Regioni e alle Province autonome l’obbligo di indire le gare ad evidenza pubblica per l’attribuzione a titolo oneroso delle concessioni idroelettriche, cinque anni prima della scadenza della concessione in corso. La norma ha tuttavia precisato che, per le concessioni già scadute e per quelle in scadenza entro il 31 dicembre 2017 (per le quali non può evidentemente essere rispettato il termine di cinque anni), l’avvio della gara deve avvenire entro due anni dall’entrata in vigore del decreto che indicherà nel dettaglio requisiti, parametri e termini per lo svolgimento della gara; in tal caso le nuove concessioni avranno decorrenza dal termine del quinto anno successivo alla scadenza originaria e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2017.

Il decreto sviluppo ha, infine, stabilito che le nuove concessioni possono avere una durata variabile da un minimo di venti fino a un massimo di trenta anni, in base al programma di investimenti del concessionario.

La Corte costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale del D.I. n. 83 del 2012, art. 37 escludendo che la normativa ivi prevista comporti un’invasione delle competenze regionali (sentenza n. 28 del 2014).

Solo per completezza espositiva, in data 14.12.2018 è stato pubblicato il D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione”, convertito con modificazioni dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, che all’art. 11 quater provvede a sostituire i commi 1 e 1-bis del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 12 con otto nuovi commi da 1 a 1-octies, e abroga i commi 2, 4, 8-bis e 11 medesimo art. 12, concernenti la disciplina delle gare per l’affidamento di concessioni nel settore idroelettrico, i tempi di indizione delle procedure di evidenza pubblica, la durata delle concessioni, le condizioni e i criteri di ammissione alla gara, le procedure di affidamento e i criteri di valutazione dell’offerta. In particolare, in base al nuovo comma 1-bis, le regioni, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell’uso a fine idroelettrico, possono assegnare le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, previa verifica di requisiti di capacità tecnica, finanziaria e organizzativa di cui al comma 1-ter, lett. d) a: operatori economici individuati attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato viene scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; mediante forme di partenariato pubblico privato.

L’affidamento a società partecipate deve comunque avvenire nel rispetto delle disposizioni del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. n. 175 del 2016).

Come previsto dal comma 1-ter, nel rispetto dell’ordinamento dell’Unione Europea e degli accordi internazionali, nonchè dei principi fondamentali dell’ordinamento statale e delle disposizioni di cui all’articolo oggetto di novella, le regioni disciplinano con legge, entro un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico, stabilendo le modalità per lo svolgimento delle procedure di assegnazione di cui al comma 1-bis; i termini di avvio delle procedure di cui al comma 1-bis; i criteri di ammissione e di assegnazione; i requisiti di capacità finanziaria, organizzativa e tecnica adeguata all’oggetto della concessione richiesti ai partecipanti e i criteri di valutazione delle proposte progettuali, prevedendo requisiti minimi; i termini di durata delle nuove concessioni, comprese tra 20 e 40 anni; gli obblighi o le limitazioni gestionali; i miglioramenti minimi in termini energetici, di potenza di generazione e di producibilità da raggiungere nel complesso delle opere di derivazione, adduzione, regolazione e condotta dell’acqua e degli impianti di generazione, trasformazione e connessione elettrica con riferimento agli obiettivi strategici nazionali in materia di sicurezza energetica e fonti energetiche rinnovabili, compresa la possibilità di dotare le infrastrutture di accumulo idrico per favorire l’integrazione delle stesse energie rinnovabili nel mercato dell’energia e nel rispetto di quanto previsto dal Codice di trasmissione, dispacciamento, sviluppo e sicurezza della rete elettrica; i livelli minimi in termini di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, in coerenza con gli strumenti di pianificazione a scala di distretto idrografico in attuazione della Direttiva 2000/60/CE; le misure di compensazione ambientale e territoriale; le modalità di valutazione, da parte dell’amministrazione competente, dei progetti presentati in esito alle procedure di assegnazione, che avverrà nell’ambito di un procedimento unico ai fini della selezione delle proposte progettuali presentate, che tiene luogo della verifica o valutazione di impatto ambientale, della valutazione di incidenza nei confronti dei siti di importanza comunitaria interessati nonchè dell’autorizzazione paesaggistica, nonchè di ogni altro atto di assenso, concessione, permesso, licenza o autorizzazione, comunque denominato, previsto dalla normativa nazionale, regionale o locale; l’utilizzo dei beni di cui al R.D. n. 1775 del 1933, art. 25, comma 2, nel rispetto del codice civile e secondo i criteri indicati.

Secondo il comma 1-quater, le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche sono avviate entro due anni dall’entrata in vigore della legge regionale di cui al comma 1-ter.

La nuova disciplina prevede tempi assai ristretti per l’avvio delle nuove gare. Sono abrogati i commi 2, 4, 8-bis e 11 del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 12 nonchè i commi 5, 6 e 7 del D.L. n. 83 del 2012, art. 37 (L. n. 134 del 2012) relativi alle concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico.

Orbene dalla disciplina sopra illustrata emerge che nel caso di specie trova applicazione il regime transitorio indicato dal D.Lgs n. 79 del 1999, art. 12, comma 8-bis (che verrà definitivamente abrogato dall’adozione della normativa regionale, come previsto dalla recente novella), ossia quello della mera gestione della derivazione a concessione scaduta da parte del concessionario uscente nelle more della definizione della gara ad evidenza pubblica. Quest’ultima è, allo stato, la disciplina nazionale vigente, applicabile su tutto il territorio nazionale, che impone di indire la gara ad evidenza pubblica “anche per l’attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico, con le medesime modalità e durata (art. 12 cit., comma 1, cit.), senza che vi sia contrasto alcuno nè con i principi costituzionali di iniziativa economica nè con i principi comunitari.

In quest’ambito va apprezzata la legittimità o meno dell’avvio di un procedimento anomalo – per quanto sopra esposto – con la domanda presentata dalla controinteressata EISACKWERK alla Provincia di Sondrio per il rilascio di concessione di grande derivazione su un tratto di derivazione coincidente con il complesso di opere gestite dalla A2A in regime di prosecuzione e la conseguente omessa partecipazione della ricorrente alla procedura medesima, pure a fronte del suggerimento della Regione di sospendere il procedimento concessorio iniziato da terzi senza indizione di gara ad evidenza pubblica.

In primo luogo va accertata la legittimazione attiva ovvero l’interesse ad agire in capo alla A2A.

Nel processo amministrativo, al pari che nel processo civile, la legittimazione ad agire rappresenta una delle condizioni dell’azione giudiziale per poter conseguire una tutela piena ed effettiva.

Nel processo civile la nozione di legittimazione ad agire si ricava dall’art. 81 c.p.c., che enuncia il principio generale della necessaria coincidenza tra la parte che agisce in giudizio e la parte che nell’atto introduttivo risulta essere indicata come titolare della posizione giuridica soggettiva di cui si domanda la tutela.

In particolare, la legittimazione ad agire, unitamente all’interesse ad agire e alla possibilità giuridica di ottenere il provvedimento richiesto, costituiscono le condizioni dell’azione, rilevabili ex officio dal giudice. Esse devono essere presenti al momento della proposizione della domanda e la loro permanenza deve essere assicurata durante l’intera durata del giudizio; l’eventuale venir meno di una delle condizioni dell’azione impedisce l’esame nel merito della vicenda.

Per quanto concerne l’interesse ad agire, c’è una sostanziale coincidenza tra processo civile e processo amministrativo, trovando definizione nell’art. 100 c.p.c., e potendo descriversi come l’interesse al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio non ottenibile in assenza di una pronuncia giurisdizionale.

La legittimazione ad agire, insieme all’interesse ad agire, costituisce il principale “filtro processuale” dell’azione.

Nella giurisdizione amministrativa, la situazione giuridica fatta valere dal ricorrente in sede di giudizio, collegata al potere riconosciuto ed esercitato dall’Amministrazione ex lege, ha una consistenza indeterminata, non appartenendo a catalogazioni legislative specifiche.

“La conseguenza è che processo amministrativo e diritto sostanziale risultano solo relativamente autonomi tra loro”: la sede processuale assume una posizione complementare rispetto a quella sostanziale, svolgendo una funzione di autentica individuazione degli interessi sostanziali meritevoli di tutela.

Pertanto la legittimazione ad agire, unitamente all’interesse ad agire, rappresentano le due categorie attraverso le quali si perviene all’emersione dei concreti profili di qualificazione e differenziazione delle posizioni giuridiche.

La legittimazione ad agire, invero, è da intendersi non come mera titolarità della posizione qualificata, ma piuttosto come effettiva titolarità della posizione azionata.

Tale operazione, che tende a identificare nella titolarità di un interesse legittimo la sussistenza della legittimazione ad agire, è il risultato di una lunga operazione giurisprudenziale che circoscrive l’accesso alla tutela giurisdizionale amministrativa al soggetto giuridico portatore dell’interesse sostanziale sul quale incide il provvedimento amministrativo.

Pur vero che anche la Terza Sezione della Corte di giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza resa il 28 novembre 2018, causa C-328/17, pronunziandosi sulla questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, ha affermato che la normativa Europea in materia di tutela giurisdizionale degli operatori economici interessati ad una gara di appalto, non osta alla normativa nazionale che, limitando la legittimazione all’impugnazione, consente solo a coloro che hanno partecipato alla gara di proporre ricorso avverso le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice (in tal senso, v. Cons. St. 10 dicembre 2014 n. 6048; Cons. St. 2 febbraio 2015 n. 491; Cons. St. 10 giugno 2016 n. 2507), tuttavia fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata ovvero vi sia stata l’impossibilità stessa di formulare l’offerta (cfr Cons. St. 7 novembre 2017 n. 5138). In tal senso si è pronunciata anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 245/2016, sottolineando come la giurisprudenza amministrativa, sostenendo che i bandi di concorso e di gara devono essere impugnati congiuntamente agli atti applicativi, ha individuato alcune eccezioni alla regola: “mancanza della gara o della sua indizione; impugnativa di clausole immediatamente escludenti; impugnativa di clausole che impongono oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendono impossibile la formulazione dell’offerta”.

Al ricorrere di tali ipotesi il soggetto legittimato all’impugnativa non deve necessariamente aver partecipato alla gara.

Ogni possibile deroga è veicolata al positivo riscontro della sussistenza delle condizioni legittimanti la proposizione dell’azione, da valutarsi attraverso l’accertamento del carattere immediatamente lesivo delle prescrizioni contestate e la ricostruzione della fisionomia dell’interesse azionato con le singole censure avanzate.

Fuori da tali ipotesi, la Corte Costituzionale ha promosso un’interpretazione restrittiva del requisito processuale dell’interesse ad agire, ritenendo inammissibile il ricorso proposta dall’impresa non partecipante alla gara quando non è certo, ma solo altamente probabile, che, per effetto della strutturazione della gara o per effetto della normativa disciplinante la gara, l’impresa stessa non possa conseguire l’aggiudicazione.

Alla luce di siffatti principi va riconosciuto l’interesse (rectius: la legittimazione) della ricorrente ad agire ricorrendo l’ipotesi di scuola della mancata indizione della gara, come lamentato la ricorrente nel dedurre il silenzio colpevole della Regione all’avvio della procedura anomala da parte della Provincia.

Il ricorso della A2A è, pertanto, da ritenere ammissibile.

Venendo al merito della (omessa) procedura amministrativa impugnata, in base all’art. 7 del Regolamento regionale n. 2 del 2006, con riguardo alle concessioni di grande derivazione d’acqua pubblica nel territorio regionale lombardo, la Provincia assume la sola veste di responsabile del relativo procedimento, secondo i principi della L. n. 241 del 1990, art. 6 in parte qua non derogata dalla norma regionale. In questo suo ruolo la Provincia svolge i compiti istruttori di cui agli artt. da 9 a 12 del regol. reg. 2/2006 e, in più, “… valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione di provvedimento…” (L. n. 241, art. 6, lett. a). Essa, tuttavia, può assumere in via autonoma una determinazione di rigetto della domanda di derivazione, ma solo nello specifico caso indicato nell’art. 9, comma 3, 2 per. del regolamento n. 2 cit..

Come sopra illustrato, il D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, art. 12, già prima del suo rafforzamento tramite la novella di cui al D.L. n. 22 giugno 2012, n. 83, art. 37 convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto il principio dell’evidenza pubblica; in proposito deve rilevarsi che l’art. 12 nella nuova formulazione, per le concessioni di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico, prevede “una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi…”, in conformità ai principi di tutela della concorrenza e di apertura del mercato, come rilevato dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 10.05.2012 n. 114.

Queste Sezioni Unite (sentenza 15 gennaio 2015 n. 607) hanno già avuto occasione di affermare che le procedure accelerate per l’energia prodotta da fonti rinnovabili, previste dal D.Lgs. n. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12 non si pongono in contrasto con la sopra richiamata disposizione, posto che i due ambiti procedimentali, pur certamente connessi, si muovono su piani distinti, atteso che il procedimento di autorizzazione unica non esclude nè la concorrenza in sede concessoria, nè la trattazione concorrenziale di più istanze di autorizzazione nell’unico contenitore procedimentale, posto che l’art. 12 citato deve pur sempre essere coordinato con il testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, ed in particolare delle norme sulle derivazioni e sulle utilizzazioni delle acque pubbliche. In altri termini il meccanismo semplificatorio introdotto dal menzionato art. 12 in materia di autorizzazione delle opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili non comporta certamente l’elisione delle norme previste in materia di domande di concessione della derivazione di acque pubbliche, e quindi anche del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, art. 12. Nè tali conclusioni possono essere infirmate dagli artt. 7 ed 8 della Direttiva 2009/72/CE del 13-7-2009 (relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la Direttiva 2003/54/CE), considerato che l’esigenza di procedure trasparenti non fa venir meno l’osservanza dei principi di non discriminazione e di tutela della concorrenza perseguiti dal D.Lgs. n. 16 marzo 1999, n. 79, art. 12, che tra l’altro intende realizzare, come si è visto, anche la tutela del principio della trasparenza; che poi secondo il suddetto art. 8 “gli Stati membri assicurano la possibilità, ai fini della sicurezza dell’approvvigionamento, di prevedere nuove capacità o misure di efficienza energetica/gestione della domanda, mediante una procedura di gara o qualsiasi altra procedura equivalente in termini di trasparenza e non discriminazione, sulla base di criteri pubblicati”, non induce certamente a ritenere che possa ritenersi illegittima l’adozione della gara, che comunque assicura una maggiore garanzia di realizzazione dei suddetti principi di ispirazione comunitaria.

Ne consegue che la mera presentazione di una istanza di grande derivazione di per sè sola non è idonea ad assicurare la equivalenza alla procedura di gara o a qualsiasi altra procedura in termini di effettività della trasparenza e della non discriminazione.

A prescindere dal notare che la legge (art. 31, comma 2 CPA) fa in ogni caso salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento e che la procedura acceleratoria (di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12) costituisce una facoltà e non un dovere per il cittadino, tale presentazione implica al più l’obbligo per la P.A. di procedere, ma applicando il diritto sostanziale vigente al momento della statuizione conclusiva, in particolare in conformità del D.Lgs. n. 16 marzo 1999, n. 79, art. 12, dovendo essere disposta una gara pubblica relativamente a tutte le concessioni di derivazione d’acqua per impianti idroelettrici ovvero con l’archiviazione delle pregresse istanze in merito.

Del resto l’interesse della EISACKWERK consiste semplicemente nell’espletamento del procedimento in oggetto secondo le leggi vigenti, tra le quali è indiscutibile vi fosse la disposizione sopra richiamata.

La prospettazione che al momento della impugnazione, dinanzi al Tribunale Superiore, dell’omessa adozione da parte della Regione di provvedimento in ordine all’istanza della EISACKWERK sussisteva l’obbligo della gara per il rilascio di nuove concessioni, come del resto quello stesso Tribunale Superiore aveva reputato con sua precedente sentenza n. 131 del 03.07.2013, che ha poi trovato conferma nella decisione presa da queste Sezioni Unite con sentenza 15.01.2015 n. 607, determina l’accoglimento del ricorso.

La doglianza è, infatti, fondata, conformemente alla già richiamata decisione di queste Sezioni Unite di cui alle sentenze nn. 10552, 10554, 10555, 10558 e 10559 del 28.04.2017, nonchè n. 6335 del 2018, che tutte si richiamano la decisione a Sez. Un. 607 del 2015. In conclusione, il ricorso principale va accolto, al pari di quello incidentale adesivo dell’ENEL, volto a riconoscere la legittimazione attiva della A2A, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al Tribunale superiore della acque pubbliche, che deciderà in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i ricorsi;

cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale superiore della acque pubbliche, che deciderà in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 12 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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