Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20819 del 20/08/2018

Cassazione civile sez. lav., 20/08/2018, (ud. 30/01/2018, dep. 20/08/2018), n.20819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28145/2012 proposto da:

T.M., (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO CITTADINO, giusta

procura speciale notarile in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1210/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 19/09/2012r.g.n. 2330/2008.

Fatto

RILEVATO

che:

T.M. impugna la sentenza n. 1210, depositata il 19/9/2012, con la quale la Corte d’appello di Catanzaro confermava la sentenza di primo grado, di rigetto della domanda avanzata dal T. per ottenere il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento;

la vicenda processuale può così sintetizzarsi: a) T.M. presentava due domande per l’indennità di accompagnamento, davanti al Tribunale di Lamezia Terme; b) il Tribunale decidendo sui due separati ricorsi, successivamente riuniti, tenuto conto di due consulenze tecniche d’ufficio aventi esito contrapposto, concordava con quella disposta nel primo procedimento (ct incaricato – Dr.ssa S.), che pur riconoscendo il deficit di visus parziale da cui era risultato affetto il T., sosteneva che ciò non incidesse sulla possibilità di compiere le funzioni quotidiane di vita;

la Corte d’appello disponeva nuova ctu che, avuto conto, anche delle patologie concorrenti (impossibilità di deambulare senza l’uso di un bastone che consentisse di conquistare la posizione eretta), e dell’aggravamento delle condizioni di visus che impedivano di utilizzare il bastone, contemporaneamente, per conquistare la posizione eretta e per testare il terreno, concludeva per il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento;

la Corte territoriale, per quanto qui rileva, pur concordando con le valutazioni diagnostiche formulate nella ctu, non riteneva di concordare con la valutazione concernente il grado di incidenza delle patologie accertate, rispetto alla capacità autonoma di deambulare, in particolare, affermava che la riduzione della vista in entrambi gli occhi a 1/50, con percezione di luce, di per sè pur rendendo difficoltosa la deambulazione, non la escludeva del tutto;

avverso la pronuncia d’appello ricorre il T. affidandosi ad un unico motivo;

l’INPS ritualmente intimato difende con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso, articolato sotto un duplice profilo, viene denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 382 del 1970 e della L.n. 138 del 2001, ed in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’apparente ed insufficiente motivazione;

2. dall’esame della normativa che il ricorrente assume essere stata violata si desume:a) la cecità totale costituisce titolo sufficiente per conseguire i benefici di cui alla L. n. 382 del 1970; b) la cecità parziale, a seguito anche della sentenza della Corte Costituzionale 22 giugno 1989 n. 346, dichiarativa in parte qua dell’illegittimità della L. n. 346 del 1989, art. 1,si pone quale fattore concorrente, unitamente ad altre patologie, utile, per integrare lo stato di totale inabilità che attribuisce il diritto all’indennità di accompagnamento;

3. in particolare, con riferimento a tale ultimo profilo, il ricorrente deduce vizi di motivazione inerenti l’erronea valutazione, operata dalla Corte territoriale, rispetto alle conclusioni formulate nella consulenza tecnica d’ufficio espletata nel secondo grado del giudizio, in merito all’impossibilità per il T. di deambulare autonomamente in presenza del grave deficit visivo da cui, lo stesso, era affetto;

4. le censure rivolte dal ricorrente, appaiono sotto tale profilo fondate;

5. infatti, ben poteva la Corte territoriale discostarsi dalle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, nel rispetto del principio del libero convincimento e del libero apprezzamento dei fatti e delle prove, spettanti al giudice di merito, a condizione però di dar conto, con congrua motivazione immune da vizi logici, delle ragioni idonee a suffragare la diversa soluzione adottata;

6. nel caso che occupa, invece, la Corte di secondo grado, ha disatteso le conclusioni cui era pervenuto il consulente tecnico, senza indicare principi o norme tecniche che potessero consentirle di discostarsi dalle valutazioni contenute nella consulenza tecnica d’ufficio;

7. inoltre, atteso che il consulente tecnico nominato in appello aveva giustificato il riconoscimento della indennità con la peculiarità delle accertate infermità, costituite dalla quasi totale cecità, poi aggravatasi nel corso del giudizio, e dall’impossibilità di poter utilizzare il bastone d’appoggio, contemporaneamente, per conquistare la posizione eretta del corpo e deambulare correttamente in rapporto alla direzione di marcia, compromessa dall’esistenza del grave deficit visivo; ciò posto, in mancanza di utili riferimenti a parametri condivisi dalla scienza medica in materia ortopedica ed oculistica, la Corte di merito era tenuta, non condividendo le conclusioni del consulente tecnico a disporre nuovi accertamenti al riguardo;

8. parimenti, s’appalesa deficitario il plesso motivazionale del giudice d’appello, che a fronte del richiamato orientamento giurisprudenziale di legittimità (Cass. n. 3228/99), ha del tutto omesso di motivare in relazione ai principi affermati nella citata pronuncia di questa Corte, in riferimento ai gravi pericoli correlati alla concreta possibilità di cadute a cui poteva andare incontro il ricorrente a causa delle accertate patologie da cui lo stesso era affetto, ponendosi così in contrasto con i principi affermati dalla sentenza succitata:” il difetto di autosufficienza capace di giustificare il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento ricorre certamente anche allorquando – senza che si sia in presenza di una totale ed oggettiva impossibilità di movimento – la deambulazione del soggetto si presenti particolarmente difficoltosa e limitata (nello spazio e nel tempo) ed inoltre fonte di grave pericolo in ragione di una incombente e concreta possibilità di cadute, tanto da tradursi di fatto in una incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita e da rendere, conseguentemente, necessario il permanente aiuto di un accompagnatore”;

10. conclusivamente, in accoglimento, per quanto precede, del ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro, che, nel rispetto dei principi e delle considerazioni sopra enunciati, procederà a nuovo esame della controversia e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro che in diversa composizione provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2018

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