Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20819 del 15/10/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20819 Anno 2015
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 11676-2010 proposto da:
STRUMIA DANIELA STRDNL48C68I480Q, in proprio e nella
qualità di procuratore di MURIALDO Luigia, PRATO ORNELLA, in
proprio e nella qualità di procuratore di MURIALDO Maria,
FRECCIERI LAURA, in proprio e nella qualità di procuratore di
STRUMIA Eugenio e STRUNIIA Adriana, elettivamente domiciliati in
Roma, Via Cola Di Rienzo 149/11, presso lo studio degli avv.ti
FIDENZIO SERGIO e CICCONETTI CAROLA, rappresentati e
difesi dall’avvocato ANDREINA BIANCHINI, come da procura
speciale a margine del ricorso;

-ricorrenti-

contro
MASSI GALICI FIORENZO NISSFNZ40B12F205G, elettivamente
domiciliato in Roma, Via Pierluigi Da Palestrina 63, presso lo studio
dell’avvocato MARIO CONTALDI, che lo rappresenta e difende

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Data pubblicazione: 15/10/2015

unitamente all’avvocato GIUSEPPE RAVINALE, come da procura
speciale a margine del controricorso;

– contron.corrente avverso la sentenza n. 362/2009 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA, depositata il 02/04/2009;

09/06/2015 dal Consigliere Ippolisto Parziale;
udito l’Avvocato Giuseppe Ravinale, che si riporta agli atti e alle
conclusioni assunte;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ALBERTO CELESTE, che conclude per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Così la sentenza impugnata riassume la vicenda processuale.
«Con atto di citazione ritualmente notificato in data 3.8.1992 Strumia Daniela e
Prato Ornella, premesso di essere figlie ed eredi di Strumia Andrea Eugenio e
Prato Aldo e che le relative eredità erano state accettate dagli eredi con beneficio di
inventario e conseguente rilascio dei beni ai creditori ai sensi e per gli effetti di cui
agli artt. 507 e segg. cp.c. e nomina del curatore dell’eredità, convenivano in
giudizio, avanti al Tribunale di Savona, Massi Galici Fiorenzo per sentirlo
condannare al rilascio dell’immobile sito in Loano C.so Europa, Condominio Perla
int. 4, in favore di esse attrici el o del curatore, previa declaratoria dell’occtoazione
senza titolo da parte del convenuto, in quanto la domanda giudiziaria inoltrata
dalla dante causa dello stesso, Massi Iride, volta ad ottenere il trasferimento in
proprietà del bene, era stata rigettata dal Tribunale di Savona con sentenza 63 / 73
e che tale decisione era stata ribadita dallo stesso Tribunale con sentenza 421179 e
dalla Corte di Appello di Genova con sentenza 72192. Oltre a tale condanna le
attrici richiedevano la corresponsione dell’indennità di occupazione a carico del
convenuto e il pagamento delle spese processuali.
Costituitosi in giudizio Massi Galici Fiorenzo contestava la fondatezza della
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udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

domanda e, in via riconvenzionale, assumeva di aver usucapito la proprietà
dell’immobile per possesso ultraventennale. Interveniva in giudizio, quale erede di
Strumia Riccardo, anche Freccieri Laura, in proprio e nella qualità di procuratore
di Strumia Adriana e Strumia Eugenio, associandosi alle domande di parte
attrice. La causa, al termine dell’istruttoria, veniva decisa dal Tribunale di Savona

attrice in quanto carente della dimostrazione dell’esistenza dei presupposti
Respinge la domanda riconvenzionale in quanto improponibile nei
confronti di parte attrice. Condanna Strumia Daniela, Prato Ornella, Freccieri
Laura, Strumia Eugenio, Strumia Adriana al pagamento delle spese …”.
Avverso tale decisione proponevano appello Prato Ornella, Strumia Daniela e
Freccieri Laura, quest’ultima in proprio e nella qualità. Costituitosi in giudizio
Massi Galici Fiorenzo resisteva all’impugnazione chiedendone il rigetto e spiegava
appello incidentale. Precisate all’udienza del 5.6.2002 le conclusioni delle parti e
trattenuta in decisione la causa all’udienza dell’8.7.2003, la Corte, con ordinanza
16.7 – 1.10.2003 rimetteva la causa in istruttoria ‘invitando le parti a fornire
ogni idonea prova documentale al fine di individuare tutti gli eredi di Strumia
Andrea Eugenio e Prato Aldo”. Costituitesi in giudi.zZo Murialdo Maria Ved.
Prato e Murialdo Luigia Ved. Strumia e precisate le conclusioni, dopo essere stata
assegnata in decisione all’udienza del 18.12.2007, previa ammissione delle prove
testimoniali richiesta dall’appellato, veniva rimessa in istruttoria con ordinanza
17.1.2008 al fine dare corso alle istanze istruttorie».
2. La Corte di appello respingeva la domanda di restituzione
dell’immobile ed accoglieva quella di usucapione. La Corte territoriale
riteneva che, qualificata la scrittura privata, fatta valere dalla pretesa
acquirente, come vendita di cosa futura con possesso del bene
trasferito nel 1966, l’erede della pretesa acquirente, così come
quest’ultima, avevano posseduto uti domini fin dal 1966, come
confermato, quanto all’animus possidendi, anche dalla stessa domanda di
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con la sentenza 1104199 recante il seguente dispositivo: “…respinge la domanda

accertamento dell’avvenuto trasferimento sulla base della scrittura
privata del 1966, oltre che dalle prove espletate nel giudizio. Né,
secondo la Corte locale, poteva rilevare il giudicato intercorso fra il
curatore dell’eredità (e non gli eredi dei costruttori-venditori) e la dante
causa dell’appellante incidentale per usucapione, posto che diverso era

domanda e della sua definizione, il termine necessario per l’usucapione.
3. Impugnano tale sentenza gli eredi dei ricorrenti, che formulano tre
motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. Le ricorrenti hanno
depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I motivi del ricorso.
1.1 — Col primo motivo di ricorso si deduce: «Violnione o falsa
applicazione di norme di diritto (Art. 360 n. 3 c.p.c.) e motivaRione insufficiente e
contraddittoria- (Art.360 n. 5 c.p.c.) in relazione agli art. 922 cod. civ., 1158
cod. civ., 2909 cod.civ.». Deducono le ricorrenti la violazione del giudicato
intervenuto tra le parti, che copre non solo il rigetto della domanda di
trasferimento in forza di scrittura privata a suo tempo proposta, ma
anche quella di usucapione, successivamente avanzata, posto che
quest’ultima domanda ben poteva essere formulata nel primo giudizio,
«atteso il decorso ultraventennale del preteso possesso all’epoca dei giudki definiti»
(pag. 16 del ricorso). Rilevano ancora le ricorrenti (pag. 18 del ricorso)
che se il decorso del termine per usucapione ebbe inizio nel 1966, esso
si era compiuto nel 1986 e, quindi, poteva essere dedotto nell’ambito
del giudizio conclusosi con la sentenza della Corte d’appello di Genova
n. 72 del 25 febbraio 1991, che aveva respinto la domanda del Sig,
Massi Galici Fiorenzo «che richiedeva in quella sede il trasferimento ‘in qualità
di unico erede della Sig.ra Massi Iride, dell’appartamento sopra indicato con l’unico
onere di continuare i pagamenti del rateo di mutuo fondiario”».
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il titolo vantato e non era comunque maturato, all’epoca della

Vengono formulati i seguenti quesiti: «Affermi la Corte di Cassnione i
seguenti principi di diritto in relazione agli artt. 922, 1158 e 2909 cod.civ.: “I
diritti reali si identificano ex se e non in base al titolo di acquisto, con la
conseguenza che, restando invariato il rapporto reale a fondamento del petituni, il
mutamento del titolo di acquisto allegato non importa novità dell’azione e non vale

1.2 — Col secondo motivo di ricorso si deduce: «Motivazione insufficiente
contraddittoria – (Art.360 n. 5 c.p.c.) in relazione agli artt. 1351 cod. civ., 1362
cod. civ., 1363 cod.civ., 1470 cod. civ., 1472 cod. civ.».

Lamentano le

ricorrenti il vizio di motivazione nel quale è incorso il giudice
dell’appello in ordine alla qualificazione giuridica della scrittura del
1966, non avente “efficacia traslativa”, posto che al di là delle mere
espressioni letterali del testo, valorizzate dal giudice dell’appello, la
clausola relativa pagamento del prezzo «rende evidente la volontà del
venditore di trasferire la proprietà soltanto dopo l’integrale pagamento del pre.r.zo da
versarsi comunque entro la data stabilita», con la conseguenza che «detto
contratto non potrà che essere qualificato come preliminare e come tale inidoneo a
riconoscere in capo ai Massi Galici una efficacia ab initio ed attributiva» (pag. 23
del ricorso). Inoltre, la stessa intestazione del contratto (“compromesso di
vendita’) e l’assunzione dell’obbligo di costruire l’appartamento erano
incompatibili con la vendita ad effetti reali, posto che in ogni caso era
«ben evidenziata la volontà del venditore di trasferire la proprietà dell’appartamento
dopo l’integrale pagamento del preuo» (pag. 24). Di conseguenza, il
trasferimento del possesso non risultava rilevante.
Vengono formulati i seguenti quesiti: «Affermi la Corte di Cassazione i
seguenti principi di diritto in relazione agli arti. 1351, 1362, 1343, 1470
cod.civ.: trasferimento del possesso della cosa ed il pagamento del preuo non
comportano sempre e necessariamente che le parti abbiano voluto l’immediato
trasferimento della proprietà in esecuzione di un contratto definitivo di
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ad impedire l’operare della preclusione del giudicato”».

compravendita ben potendo rappresentare, secondo l’insindacabile interpretazione
della volontà delle parti contraenti, una esecuzione anticipata di una futura vendita,
da stipularsi in adempimento degli obblighi assunti in sede di contratto preliminare.
Quando il nomen iuris risultante dall’intestazione coincida con le espressioni usate
dalle parti nella cosiddetta parte dispositiva del contratto, la quale esprime il nucleo

soltanto quando dal complesso delle clausole risulti inequivocabilmente la relativa
volontà delle parti».
1.3 — Col terzo motivo di ricorso si deduce: (Motivazione inszfJìciente
contraddittoria – (Art. 360 n. 5 c.p.c.) in relazione agli art. 116 cod. proc. civ.,
1141 cod. civ., 1158 cod.,civ. e 1164 cod. civ., 1165 cod. civ e violazione e falsa
applicazione (art. 360 n. 3 cp.c.) degli artt. 1158 cod. civ. – Erronea,
insufficiente e mancata valutazione delle prove e delle risultane processuali nonché
dei comportamenti delle parti in causa». Rilevano le ricorrenti che il giudice
dell’appello ha erroneamente ritenuto provato il possesso idoneo
all’usucapione per oltre vent’anni, a fronte delle dichiarazioni
testimoniali rese dall’amministratore del condominio, dalle quali era
risultato che solo per alcuni anni i sig.ri MASSI GALICI erano stati
considerati come proprietari, mentre per gli anni precedenti il
pagamento delle quote condominiali era stato fatto, così come quello
dei tributi, dalla curatela ereditaria. Inoltre, risultava per tabulas che
l’appartamento in questione era sempre stato considerato dalla curatela
come parte del compendio ereditario. La dante causa di MASSI
GALICI aveva ricevuto soltanto la detenzione del bene e non già il
possesso e non vi era stato alcun atto di interversione del possesso,
avendo anzi ella riconosciuto la proprietà del bene in capo agli eredi
avendo proposto la domanda di trasferimento della proprietà.
Vengono formulati i seguenti quesiti: «Affermi la Corte di Cassazione i
seguenti principi di diritto in relazione ai requisiti del possesso indicati dall’art.
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essenziale della volontà negoziale, una diversa definizione del contratto è giustificata

1158 cod.civ. “L’inequivocità è requisito intrinseco al possesso, il quale deve
consistere in modo né dubbio né incerto nell’attività corrispondente all’eserckio della
proprietà o di altro diritto reale . Quando la situazione posta in esame rende di per
sé “equivoco” il preteso possesso esclusivo, lo stesso deve ritenersi inidoneo a produrre
l’acquisto a titolo originario della proprietà del bene in capo al possessore stesso”,

ricevuto in detetkione, poiché nessuno può cangiare a sé stesso la causa del preteso
possesso deve compiere atti di interversione del possesso, cioè quegli atti che hanno la
forza di distruggere la precarietà del titolo anteriore ed in virtù dei quali si cambia
titolo del possesso da precario in legittimo per effetto di questa interversione viene ad
introdursi quell’elemento animus, che prima mancava ed a convertirsi la deten.zione
in possesso vero e proprio”».
2. Il ricorso è infondato e va rigettato, per quanto di seguito si
chiarisce.
2.1 — Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
2.1.1 – Viene denunciata la violazione degli artt. 922, 1158 e 2909 c.c.,
prospettandosi anche il vizio motivazionale. Si sostiene l’esistenza di
un giudicato inter partes, costituito da una precedente sentenza del
Tribunale di Savona 63/1972 che aveva rigettato la domanda di Massi
Iride, volta al trasferimento dell’appartamento per cui è causa.
2.1.2 – La censura formulata con riguardo al vizio di motivazione è
inammissibile per mancanza del necessario momento di sintesi, di cui
all’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile, (che svolge
l’omologa funzione del quesito di diritto per i motivi di cui ai nn. 1, 2,
3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ.). Tale momento di sintesi ha la
funzione di circoscrivere puntualmente i limiti della censura, in
maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del
ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. S.U. sent. n.
20603/2007 e, successivamente, le ordinanze della sez. 3 n. 4646/2008
Ric. 2010 n. 11676 sez. 52 – ud. 09-06-2015

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nonché in rela.zione all’art. 1164 cod.civ.: “Chi vuole invocare il possesso del bene

e n. 16558/2008, nonché le sentenze delle S.U. nn. 25117/2008 e n.
26014/2008).
2.1.3 — Quanto alle violazioni di legge, la sentenza della Corte di
appello ha convincentemente rilevato che la domanda riconvenzionale
spiegata dall’odierno controricorrente Massi Fiorenzo si basava su un

sia alla proposizione della domanda della dante causa (1966), sia alla
sentenza di rigetto passata in giudicato (1972), sicché, anche nell’ottica
dei diritti c.d. autodeterminati, l’usucapione non poteva ivi essere
dedotta, né era deducibile.
2.2 — Il secondo motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
2.2.1 – Inammissibile perché si censura il vizio di motivazione, senza
una corretta formulazione del momento di sintesi (vedi precedente
punto 2.1.2).
2.2.2 – In ogni caso il motivo è infondato. Le ricorrenti intendono
censurare l’interpretazione della scrittura inter partes del 22/10/1966,
evidenziando che trattavasi di “compromesso di vendita” e che la volontà
dell’alienante era quella di trasferire la proprietà solo all’avvenuto
pagamento integrale del prezzo. Le censure svolte, però, non sono
idonee a confutare la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale,
da tale accordo, ha desunto che la Massi fosse stata immessa nel
possesso del bene ed avesse iniziato a goderne esercitando un’attività
corrispondente a quella oggetto del diritto di proprietà, utile per il
maturarsi dell’invocata usucapione.
2.3 — Infine, il terzo motivo è infondato.
2.3.1 Si denuncia soprattutto la violazione dell’art. 1164 c.c. e si
sostiene che il Massi deteneva semplicemente nomine alieno, circostanza
questa non smentita per il fatto di aver sporadicamente partecipato alle
assemblee di condominio.
Ric. 2010 n. 11676 sez. 52 – ud. 09-06-2015

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fatto (possesso continuativo ventennale) intervenuto successivamente

2.3.2 — La censura non tiene conto che la circostanza integrava uno
soltanto degli elementi probatori utilizzati dal giudice distrettuale per
dimostrare l’animus possidendi in capo a Massi Iride, prima, e a Massi
Fiorenzo, poi, non emergendo per il resto validi atti interruttivi.
3. Le spese seguono la soccombenza.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di
giudizio, liquidate in 4.500,00 (quattromilacinquecento) curo per
compensi e 200,00 (duecento) curo per spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 9 giugno 2015
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

P.T.M.

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