Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20816 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/09/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 30/09/2020), n.20816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3006/2019 R.G. proposto da:

C.V., P.R., P.E. e P.M., quali

eredi di P.N., titolare dell’omonima ditta individuale,

rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al ricorso,

dall’avv. Matteo NERBI ed elettivamente domiciliati in Roma, alla

via Nizza, n. 46, presso lo studio legale dell’avv. Delia PESARESI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1166/06/2018 della Commissione Tributaria

Regionale della TOSCANA, depositata il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2020 dal Consigliere Dott. Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– a seguito di dichiarazione Docfa del 01/02/2012, relativo all’immobile di proprietà di P.N., presentata sul presupposto dell’intervenuta diversa distribuzione degli spazi interni, l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento catastale con il quale determinava una maggiore rendita catastale di quell’immobile; il ricorso avverso il predetto atto impositivo, proposto da P.N., titolare dell’omonima ditta individuale, dante causa degli odierni ricorrenti per essere coniuge di C.V. e padre di P.R., P.E. e P.M., ed accolto dalla CTP di Lucca con sentenza n. 222/04/2015, veniva dichiarato inammissibile dalla Commissione tributaria regionale della Toscana per la ritenuta sussistenza di un giudicato esterno rappresentato dalla sentenza della CTP di Lucca n. 91/04/2013, divenuta definitiva per mancata impugnazione, che aveva rigettato il ricorso proposto dal P. avverso un avviso di accertamento catastale emesso dall’Agenzia delle entrate a seguito di precedente richiesta di accatastamento avanzata con Docfa presentata dal contribuente in data 31/03/2011;

– avverso tale statuizione i ricorrenti propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimata con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, e art. 12 preleggi, sostenendo che aveva errato la CTR nel ritenere la sussistenza di un giudicato esterno, rappresentato dalla sentenza definitiva della CTP di Lucca n. 91/04/2013, pronunciata nel giudizio di impugnazione di un avviso di accertamento catastale emesso sulla base di una dichiarazione Docfa del contribuente, preclusivo della proposizione del ricorso avverso un diverso e successivo avviso di accertamento catastale emesso sulla base di altra e diversa dichiarazione Docfa.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

3. Pare opportuno preliminarmente premettere, in fatto, che:

– P.N. in data 31/03/2011 presentava dichiarazione Docfa prot. n. (OMISSIS) con richiesta di accatastamento dell’immobile di sua proprietà proponendo la rendita catastale di 10.824,00 Euro;

– l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento n. (OMISSIS) con cui accertava una maggiore rendita di 27.423,70 Euro;

– il contribuente impugnava l’atto dinanzi alla CTP di Lucca che con sentenza n. 91/04/2013 rigettava il ricorso; la sentenza passava in giudicato per mancata impugnazione nei termini; in data 01/02/2012 il P. presentava un’altra dichiarazione Docfa, prot. n. (OMISSIS), per nuova e diversa distribuzione degli spazi interni dell’immobile di sua proprietà, proponendo la rendita catastale di 20.678,11 Euro;

– l’Agenzia delle entrate, non condividendo la rendita proposta dal contribuente, emetteva e notificava a quest’ultimo un secondo avviso di accertamento catastale con cui rideterminava nuovamente la rendita dell’immobile, elevandola a 27.727,16 Euro;

– avverso tale atto impositivo il P. proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Lucca che lo accoglieva con sentenza n. 222/04/2015, riformata dalla Commissione tributaria regionale della Toscana che, sulla ritenuta sussistenza di un giudicato esterno rappresentato dalla sentenza della CTP di Lucca n. 91/04/2013, dichiarava l’inammissibilità del ricorso proposto dal contribuente.

4. Orbene, la ricostruzione in fatto della vicenda processuale è di per sè sufficiente a palesare l’errore in cui è incorsa la CTR nel ritenere che l’oggetto della presente controversia fosse identico a quello del giudizio definito con la sentenza della CTP di Lucca n. 91/04/2013 e, come tale, costituente giudicato esterno.

4.1. Infatti, tra i due giudizi vi è identità di parti e di immobile della cui rendita si discute, ma sono del tutto distinti gli atti impositivi impugnati, il primo dei quali emesso su richiesta del primo accatastamento dell’immobile e conseguente proposta di attribuzione di rendita catastale, il secondo emesso invece su una successiva richiesta di modifica della rendita attribuita dall’Agenzia delle entrate con il primo atto impositivo – e divenuta definitiva a seguito di sentenza passata in giudicato (quella sopra indicata) -, sul diverso presupposto dell’intervenuta modifica della distribuzione degli spazi interni.

5. Trattasi, all’evidenza, di avvisi di accertamento emessi sulla base di diversi presupposti.

6. Al riguardo, in un caso analogo, in cui ad una prima procedura Docfa (su cui era in sorta controversia definita con sentenza passata in giudicato) ne aveva fatto seguito altra, “resa necessaria in relazione a una “variazione catastale che aveva interessato (…) una diversa distribuzione degli spazi interni” di un immobile adibito ad attività alberghiera, che aveva altresì comportato, come nel caso di specie, l’attribuzione da parte dell’amministrazione finanziaria di una maggiore rendita catastale, questa Corte (cfr. Cass., Sez. 5,. 2617 del 11/02/2015, in motivazione) ha affermato “che l’oggetto del nuovo classamento non può dirsi identico rispetto a quello dell’invocato giudicato esterno”, che aveva riguardato l’atto impositivo emesso a seguito della prima procedura Docfa proposta dal contribuente.

7. Peraltro, in diritto, è noto che “Quando due giudizi abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto in merito ad una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato precludono l’esame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio ha delle finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo” (Cass., Sez. 1, sent. 20 luglio 1995, n. 7891; Cass., Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916; Cass., Sez. 5, sent. 29 luglio 2011, n. 16675).

8. E nella specie che le questioni di fatto prospettate nei due giudizi fossero diverse lo si desume anche dall’affermazione della controricorrente (v. pag. 9 del controricorso, ribadita alla terza pagina della memoria) secondo cui quelle prospettate dalla parte contribuente con l’ultima variazione Docfa erano comunque delle “modifiche”, ancorchè “piccole”, che in ogni caso avevano comportato una “piccola (…) variazione”, in aumento, della rendita catastale già attribuita con il precedente atto di classamento. Spettava, quindi, ai giudici di merito accertare se quelle modifiche legittimassero la presentazione di una nuova Docfa e se le stesse e l’aumento della rendita imposta con il provvedimento impugnato, fossero davvero “irrilevanti”, come sostiene la controricorrente, trattandosi, all’evidenza, di questioni sostanziali del tutto diverse da quelle che avevano costituito oggetto del primo giudizio.

9. La sentenza impugnata va per l’effetto annullata in accoglimento del primo motivo di ricorso, cui consegue l’assorbimento del secondo motivo, con cui i ricorrenti, deducendo la violazione degli artt. 115,116,188 c.p.c., nonchè art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, lamentano gli “errori di percezione” dei giudici di appello “sulla ricognizione del contenuto oggettivo delle varie prove documentali (tra cui gli atti di accertamento) (…) tali da determinare di riflesso anche” la nullità della sentenza per motivazione apparente.

10. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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