Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20814 del 06/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 06/09/2017, (ud. 13/07/2017, dep.06/09/2017),  n. 20814

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. GIORDANO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28352-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TIRRENO SRL, elettivamente domiciliato ROMA VIA ANTONIO GRAMS 14,

presso lo studio dell’avvocato CILIANO DOMENICO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SALVATORE PAPA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 141/2012 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

MESSINA, depositata il 05/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

sostituto Procuratore Generale Dott.ssa DE RENZIS Luisa, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della società Il Tirreno s.r.l. un avviso di recupero di credito di imposta concesso a norma della L. n. 388 del 2000, art. 8 di cui essa aveva usufruito per gli anni di imposta 2002 e 2004 per la somma di Euro 211.062,00, ritenendo che per tale somma non spettasse l’agevolazione. In particolare l’avviso di recupero concerneva l’inapplicabilità della agevolazione relativamente a taluni lavori di ristrutturazione effettuati su di un immobile detenuto in locazione. Contro l’avviso di recupero la contribuente proponeva ricorso alla commissione tributaria provinciale di Messina che, accogliendo in parte il ricorso, dichiarava spettante il credito di imposta nella misura di Euro 162.215,38, rimanendo esclusa dall’agevolazione la somma di Euro 48.846,62. A seguito dell’appello proposto dalla contribuente, la commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Messina, lo accoglieva dichiarando infondato in toto l’avviso di recupero.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a due motivi. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso. Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte a norma dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 388 del 2000, art. 8 nella parte in cui la CTR ha ritenuto agevolabili le spese sostenute per la ristrutturazione di un immobile condotto in locazione.

4. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la CTR motivato in ordine al rigetto del rilievo svolto dall’agenzia concernente l’inammissibilità della concessione del credito di imposta in caso di ammodernamenti effettuati su beni di proprietà altrui.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente osserva la Corte che le eccezioni di inammissibilità del ricorso svolte dalla controricorrente sono infondate poichè l’esposizione dei fatti di causa e delle ragioni a sostegno dei motivo proposti, con indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, appaiono sufficienti per la comprensione del thema decidendum.

2. Va peraltro rilevato, conformemente a quanto eccepito dalla controricorrente, che l’agenzia delle entrate non ha svolto appello incidentale avverso la decisione della CTP di Messina con cui era stato ritenuto spettante il credito di imposta nei limiti di Euro 162.215,38, rimanendo esclusa dall’agevolazione la somma di Euro 48.846,62, per il che sul punto si è formato il giudicato interno ed il ricorso proposto è ammissibile avuto riguardo alla spettanza dell’agevolazione limitatamente alla somma di Euro 48.846,62, così come deciso dalla CTR con la sentenza impugnata. Va fatta, invero, applicazione del principio da ultimo ribadito dalla Corte di legittimità a sezioni unite con la sentenza n. 11799 pronunciata il 6.12.2016 e pubblicata il 12.5.2017, secondo cui “Qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo espresso, o attraverso un’enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello incidentale, che è regolato dall’art. 342 c.p.c., non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c.. Qualora l’eccezione sia a regime di rilevazione affidato anche al giudice, la mancanza dell’appello incidentale preclude, per il giudicato interno formatasi ex art. 329 c.p.c., comma 2, anche il potere del giudice d’appello di rilevazione d’ufficio, di cui all’art. 345 c.p.c., comma 2. Viceversa, l’art. 346 c.p.c., con l’espressione “eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado”, nell’ammettere la mera riproposizione dell’eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso con riguardo all’esito finale della lite, intende riferirsi all’ipotesi in cui l’eccezione non sia stata dal primo giudice ritenuta infondata nella motivazione nè attraverso un’enunciazione in modo espresso, nè attraverso un’enunciazione indiretta, ma chiara ed inequivoca.”

3. In ordine ai motivi di ricorso, essi debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. La Corte di legittimità ha affermato il principio secondo cui il credito d’imposta, previsto dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, per i soggetti titolari di reddito d’impresa che, nel periodo ivi indicato, abbiano effettuato nuovi investimenti, spetta per i beni strumentali, materiali e immateriali, aventi il requisito della novità e che siano ammortizzabili ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68 (oggi artt. 103 e 104), TUIR, all’epoca vigente. La norma prevede, infatti, che “per nuovi investimenti si intendono le acquisizioni di beni strumentali nuovi di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 61 e 68, esclusi i costi relativi all’acquisto di “mobili e macchine ordinarie di ufficio”….concernente i “coefficienti di ammortamento”, destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nelle aree territoriali di cui al comma 1, per la parte del loro costo complessivo eccedente le cessioni e le dismissioni effettuate nonchè gli ammortamenti dedotti nel periodo d’imposta, relativi a beni d’ investimento della stessa struttura produttiva”. I beni agevolabili strumentali (destinati dunque ad essere utilizzati dall’imprenditore per più esercizi), oltre al requisito della novità, devono avere la caratteristica di essere ammortizzabili fiscalmente (secondo la procedura che consente di ripartire nel tempo il costo del cespite e che riflette la residua possibilità di utilizzazione del bene). Ove i beni insistano su suolo altrui, deve essere fornita prova dal contribuente, che invoca il diritto di fruire dell’agevolazione fiscale, in merito alla amovibilità dei beni che configurino beni autonomi rispetto all’immobile di terzi cui accedono (Sez. 5, Sentenza n. 21813 del 6/7/2016; Sez. 5, Sentenza n. 15572 del 26/5/2016; Sez. 5, Sentenza 28535 del 20/12/2013; Sez. 5, Sentenza n. 21411 del 30/11/2012).

Ora, obiettivo della legge era quello di promuovere nuovi investimenti produttivi in aree territoriali svantaggiate, in funzione dell’incremento della produttività.

Come la stessa Amministrazione ha esposto nella Risoluzione n. 55/2003, la circostanza che le spese siano riferite a beni detenuti a titolo diverso dalla proprietà non esclude, in linea di principio, che le stesse possano rilevare ai fini dell’agevolazione in questione, occorrendo verificare il loro corretto trattamento contabile. Ne deriva che, se si tratta di spese incrementative che si riferiscono a beni che non hanno una loro autonoma funzionalità rispetto al bene a cui accedono, e come tali devono essere classificate civilisticamente nell’attivo dello stato patrimoniale come immobilizzazioni immateriali, esse fiscalmente rientrano nella disciplina dell’art. 14, comma 3 e come tali non possono rilevare ai fini dell’agevolazione di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8, costituendo non beni autonomi, ma, stante l’accessione su beni altrui, meri costi deducibili (nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio); nell’ipotesi in cui, invece, le spese incrementative su beni di terzi sono classificate, secondo corretti principi contabili, tra le immobilizzazioni materiali in quanto riferibili a beni materiali che hanno una loro autonoma funzionalità, sono agevolabili ai sensi dell’art. 8 in quanto costituiscono beni materiali e non dei meri costi. In sostanza, la sola circostanza che l’opera sia realizzata su bene altrui non è decisiva, a condizione che i relativi costi possano essere contabilizzati tra le immobilizzazioni materiali, in quanto il bene, avendo una sua autonoma funzionalità ed individualità, a prescindere da quello di terzi a cui accede, al termine del periodo di locazione o di comodato può essere rimosso ed utilizzato separatamente dall’investitore.

Nel caso che occupa non è contestato in causa che i lavori riguardavano la ristrutturazione locato, per il che l’agevolazione non spetta in quanto è esclusa la rimovibilità al termine della locazione.

4. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, dovendosi dichiarare non spettante il credito di imposta per la somma di Euro 48.846,62. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per il consolidarsi del principio giurisprudenziale sul punto controverso dopo la proposizione del ricorso e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara non spettante il credito di imposta per la somma di Euro 48.846,62. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la contribuente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi Euro 5.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2017

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