Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2081 del 24/01/2019

Cassazione civile sez. un., 24/01/2019, (ud. 23/10/2018, dep. 24/01/2019), n.2081

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sezione –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sezione –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18981/2017 proposto da:

COMUNE DI BOLZANO, in persona elettivamente domiciliato in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati GUDRUN AGOSTINI, BIANCA MARIA GIUDICEANDREA,

ALESSANDRA MERINI e LAURA POLONIOLI;

– ricorrente –

contro

HABITAT S.P.A., GENERALBAU S.P.A., KONZENTRA DI T.P. &

C. SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI (già GEFIN SAPA e GEBAU

SAPA), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso lo

studio dell’avvocato MAURIZIO CALO’, che le rappresenta e difende

unitamente agli avvocati FEDERICO MAZZEI e SERGIO DRAGOGNA;

– controricorrenti –

e contro

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 442/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il

02/02/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere MARIA ACIERNO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La s.p.a. Generalbau, nonchè la s.p.a. Habitat; e le S.A.P.A. Gefin e Gebau, in qualità di proprietarie della proprietà edilizia (OMISSIS) e la Generalbau anche in qualità di titolare della concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione del complesso edilizio dell’ex cinema Corso a Bolzano, hanno chiesto al Tribunale Regionale della Giustizia Amministrativa (d’ora in poi T.R.G.A.) l’accertamento del danno loro provocato dal Comune e dalla Provincia autonoma di Bolzano attraverso i provvedimenti e comportamenti censurati ed annullati dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1108 del 2006. Con questa pronuncia è stato annullato per difetto di motivazione il provvedimento di rigetto della variante richiesta dalla Generalbau, demandando al Comune di Bolzano la verifica della maggiore cubatura richiesta. L’ente territoriale ha assentito la cubatura nella misura richiesta rilasciando la concessione edilizia in variante.

Il T.R.G.A. ha respinto la domanda risarcitoria ritenendo carente la prova sia del danno che della colpa.

Il Consiglio di Stato ha invece accolto la domanda risarcitoria sulla base delle seguenti considerazioni:

la concessione in variante ha natura satisfattiva della pretesa sostanziale fatta valere dalle società ricorrenti. Tale peculiare natura ha trovato espresso riconoscimento nella pronuncia d’improcedibilità per carenza d’interesse emessa dal Consiglio di Stato n. 4704 del 2008, nella quale si giustifica la decisione in rito proprio in virtù dell’intervenuta concessione in variante.

Non sono condivisibili le affermazioni del T.R.G.A. secondo cui il provvedimento rilasciato “ora per allora” non avrebbe rilievo perchè il Comune lo avrebbe adottato senza accertarne la fondatezza ma solo al fine di evitare ulteriori contenziosi. Al contrario tale provvedimento ha portata dispositiva e dal suo contenuto si evince che la cubatura richiesta è assentita “ora per allora” con conseguente riconoscimento del bene della vita richiesto sin dalla presentazione dell’originaria domanda di concessione. Del resto la natura indisponibile dell’interesse pubblico porta ad escludere che la p.a. sia indotta ad accogliere le richieste dei privati solo per il timore d’incorrere in conflittualità future.

La colpa dell’Amministrazione deve, in conclusione, essere riconosciuta. Anche inquadrando la responsabilità della p.a. nell’ambito del modello aquiliano, l’illegittimità del provvedimento lesivo costituisce un indizio idoneo a sostenere una presunzione di colpa che l’Amministrazione può superare dimostrando elementi concreti dai quali possa desumersi la scusabilità dell’errore compiuto. Nella specie tale prova non è stata fornita, in quanto essa non può farsi derivare dalla “rilevante complessità del quadro fattuale” trattandosi di una generalizzazione che non coglie gli aspetti di specificità propri della vicenda sub judice oltre a potersi utilizzare come clausola generale di esonero dalla responsabilità aquiliana della p.a. Nella specie la colpa risulta provata alla luce della gravità del vizio che ha determinato l’annullamento del diniego della concessione. Il comune e la provincia di Bolzano, pur disponendo di tutti i documenti e dati utili per verificare l’esatta entità dei volumi demoliti dell’ex cinema Corso, avevano omesso di vagliare l’istanza ponendo a base del rigetto l’impossibilità tecnica di procedere al calcolo della cubatura. Tale modus procedendi evidenzia una grave negligenza nell’esercizio del potere, integrando un sostanziale rifiuto di esercitarlo.

Il Consiglio di Stato ha anche escluso il concorso di colpa delle appellanti le quali non avevano alcun obbligo di attivare la tutela cautelare, avendo provveduto ad impugnare il diniego.

E’ stata, infine, ritenuta infondata l’eccezione di prescrizione atteso che la domanda di annullamento del provvedimento lesivo è idonea, per la durata del processo amministrativo, ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno con la conseguenza che la prescrizione già interrotta, può iniziare a decorrere dal passaggio in giudicato della statuizione del giudice amministrativo.

Il comune e la provincia di Bolzano sono state condannate in solido a pagare a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi D.Lgs. n. 104 del 2010, ex art. 34, comma 4, (codice del processo amministrativo): l’importo rivalutato dei canoni di locazione relativi al piano terreno dell’immobile (OMISSIS) non percepiti dal 18 luglio 1995 al 18 gennaio 2007 oltre ad interessi legali dalla liquidazione al pagamento. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il comune di Bolzano, affidato ad un unico motivo. Hanno resistito con controricorso le società. Le parti hanno anche depositato memorie.

Preliminarmente deve essere rigettata la richiesta di sospensione del presente giudizio per essere stato proposto ricorso per revocazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 442 del 2017 di cui è causa.

L’istanza è inammissibile per carenza sopravvenuta d’interesse. I ricorsi per revocazione proposti avverso tale sentenza sono stati definiti con pronuncia d’inammissibilità, come puntualmente documentato dalla parte controricorrente in memoria. La produzione deve ritenersi ammissibile avendo ad oggetto una pronuncia formatasi successivamente al deposito del controricorso direttamente incidente sul procedimento di legittimità proprio in relazione all’istanza proposta in via preliminare. (cfr. per l’ammissibilità della produzione documentale unitamente alla memoria ex art. 372 c.p.c., quando attesti l’esistenza di un giudicato esterno formatosi dopo il deposito degli atti introduttivi del giudizio di cassazione S.U. 13816 del 2006 e successive conformi, tra le quali la recente n. 1534 del 2018).

Nell’unico motivo di ricorso viene dedotto l’eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nelle attribuzioni della pubblica amministrazione per le ragioni che seguono.

Nella sentenza del Consiglio di Stato n. 1108 del 2006, di annullamento del provvedimento di diniego della richiesta di variante, era stato precisato che la verifica della cubatura assentibile rientrava nel potere dovere del Comune in sede di esame della richiesta di variante. Nella sentenza impugnata, di conseguenza, il Consiglio di Stato doveva limitarsi a delibare se in sede di riesercizio del potere il Comune avesse riconosciuto il maggior sfruttamento edificatorio sin dal rilascio ab origine della concessione edilizia. Tale valutazione avrebbe dovuto essere eseguita soltanto sotto il profilo della legittimità dell’esercizio del potere. Sotto tale profilo il provvedimento comunale è consistito nel rilascio della concessione in variante in data 18/1/2017. Ha errato il Consiglio di Stato sia a ritenere che la cubatura maggiore fosse assentita ora per allora, peraltro, rilevando che tale fosse il tenore letterale del provvedimento emesso che a ritenerne la portata dispositiva, compiendo così una ponderazione degli interessi cui non è tenuto il giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità. Il Consiglio di Stato avrebbe dovuto limitarsi a verificare la legittimità e ragionevolezza del provvedimento senza sostituirsi all’Amministrazione nella valutazione dell’opportunità e del merito del provvedimento. Il Comune ha chiaramente giustificato la ragione della concessione in variante nell’impossibilità di una verifica effettiva della cubatura così escludendo che con esso si fossero volute riconoscere ab origine le pretese avanzate dalla società istante.

La censura non supera il vaglio di ammissibilità. Per quanto riguarda l’errato esame letterale del testo del provvedimento emesso dal Comune di Bolzano in relazione all’efficacia “ora per allora” della concessione in variante, il vizio si sostanzia in un errore revocatorio che puntualmente è stato fatto valere in altro giudizio, come già illustrato nell’esame dell’istanza prospettata dalla parte ricorrente ex art. 295 c.p.c..

Per quanto riguarda l’altro profilo deve osservarsi che rientra pienamente nella giurisdizione amministrativa di legittimità la individuazione della natura giuridica e dell’efficacia di un provvedimento amministrativo, peraltro emesso al fine, non eludibile, di ottemperare ad un giudicato amministrativo di annullamento del provvedimento di diniego illegittimo. Nella specie la corretta configurazione e qualificazione del provvedimento di concessione in variante ha costituito la premessa logica della decisione relativa alla domanda risarcitoria sia in relazione all’an debeatur che al quantum oltre che la conseguenza dell’esame della sequenza dei comportamenti e degli atti della p.a., svolta insindacabilmente dal giudice amministrativo perchè fondata sulla base degli elementi acquisiti nel processo, come per ogni giudizio amministrativo di legittimità. Alla luce di tale esame il Consiglio di Stato ha verificato che il diniego di variante era conseguente ad un comportamento negligente dell’ente territoriale in relazione alla verifica della cubatura che poteva costituire oggetto della concessione, ed ha escluso la legittimità della giustificazione fondata sull’impossibilità tecnica di procedere a tale determinazione, coerentemente, peraltro, con quanto affermato nel giudicato amministrativo costituito dalla pronuncia n. 1108 del 2006 che costituisce il presupposto dell’azione risarcitoria. Sulla base di tale premessa il giudice amministrativo ha provveduto a qualificare il provvedimento di concessione in variante, in relazione all’illegittimità del diniego e alla natura giuridica della richiesta, compiendo un’operazione del tutto interna all’esercizio della giurisdizione amministrativa e pervenendo alla conclusione, consequenziale ad una pronuncia di annullamento, della natura pretensiva dell’istanza e, soprattutto, della natura satisfattiva del provvedimento e della sua portata dispositiva ora per allora. Questo percorso logico costituisce il frutto dell’applicazione di principi giuridici, fondato sull’esame di fatti acquisiti nel processo, e non il risultato di una scelta sul merito dell’azione amministrativa. La valutazione del Consiglio di Stato si è fondata sulla qualificazione giuridica del provvedimento e dei comportamenti della p.a., non potendo, al contrario di quanto sostenuto in ricorso, i parametri giuridici, da applicare al fine di stabilire la natura e l’efficacia del provvedimento, essere desunti dalla invocata finalità di evitare future conflittualità, trattandosi di un elemento “esterno” alla sequenza procedimentale e giudiziale che ha preceduto l’adozione, necessitata dal giudicato amministrativo, della variante.

Secondo il parametro delineato dalla giurisprudenza delle sezioni Unite di questa Corte (cfr. tra le più recenti n. 2582 del 2018) lo sconfinamento nel merito amministrativo è configurabile solo quando l’indagine svolta dal giudice amministrativo non sia rimasta nel riscontro di legittimità del provvedimento impugnato ma sia stata strumentale a una diretta valutazione della convenienza dell’atto o quando emerga una chiara volontà dell’organo giurisdizionale sostitutiva di quella dell’amministrazione. Nel caso di specie nessuna delle due condizioni è neanche astrattamente configurabile.

In conclusione il ricorso è inammissibile. Deve applicarsi il principio della soccombenza in relazione al regime delle spese processuali del presente giudizio.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente a pagare complessivamente alle parti controricorrenti Euro 10000 per compensi; E 200 per esborsi oltre accessori di legge.

Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2019

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