Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20807 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20807 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

2329

Data pubblicazione: 11/09/2013

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in persona
dei rispettivi Direttore 1.r.p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura Generale dello Stato, elett.
dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrenteContro

LA FAUCI Maria, erede di SIGNORINO Giuseppe, rappr. E dif. Dall’avv.
Anna De Luca del foro di Messina, con elezione di domicilio presso il suo studio in
Messina, via Maddalena is. 150 n.128
-controricorrentePagina 1 di 4 – RGN 21869/2009

estensor

. ferro

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Palermo, sez. dist. di
Messina 8.9. 2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 11 luglio 2013
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Federico Sorrentino,
che ha concluso per la cassazione delle sentenze di 1° e 2° grado.

IL PROCESSO
Agenzia delle Entrate (con il Ministero dell’Economia e Finanze) impugna la
sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Messina 8.9.2008, che, in
riforma della sentenza C.T.P. di Messina n. 316/08/2005, ebbe ad accogliere
l’appello della contribuente, così dichiarando la illegittimità dell’avviso di
accertamento per IRPEF-ILOR del 1990, recante rettifica in aumento (da circa 4 a
circa 35 milioni Lit) del reddito da partecipazione del proprio de cuius Giuseppe
Signorino, a seguito di accertamento emesso verso la società 3G s.a.s. (di Guerrera
G. & C.), da quegli partecipata al 25%.
Ritenne in particolare la C.T.R. che l’appello poteva essere accolto conferendo
valore decisivo (comportante “in un certo senso la preclusione” di riesame degli
stessi punti) alla sentenza 18/27/08 del 6.4.2008, emessa dallo stesso giudice
d’appello e su gravame della società, di accoglimento dell’impugnazione promossa
avverso la sentenza della C.T.P. Messina che non aveva accolto il ricorso avverso
avviso di accertamento del maggior reddito imponibile societario per ILOR-IRPEF e
del 1990. La comunanza logica e fattuale dell’accertamento sul reddito sociale e
l’anteriorità del relativo dictum giudiziale implicavano dunque, secondo la decisione
della C.T.R. qui avversata, un vincolo a non emettere una pronuncia a quella
difforme relativamente al reddito di partecipazione del socio.
Il ricorso è affidato ad unico motivo; vi resiste il contribuente con controricorso.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, si deduce violazione di legge quanto agli artt. 7 1. n.413/1991,
d.P.C.M. 21.12.1990 e d.P.C.M. 23.12.1992, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ.,
avendo erroneamente la C.T.R. annullato l’avviso di accertamento contestando
l’applicabilità, perché retroattiva, dei coefficienti presuntivi di reddito di cui ai citati
dd.PP.CC.MM ., senza valutare che essi, per quanto riferiti a redditi del 1990, si
limitavano “a dare contenuto ad elementi significativi di capacità contributiva”, così
atteggiandosi come disposizioni ordinamentali e adeguandosi alla realtà, senza
pertanto implicare, per la P.A., l’esorbitanza dalla fissazione originaria della materia
imponibile, collegata ad un potere di accertamento già ad essa concesso.
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.ferro

uditi l’avvocato Giancarlo Caselli per l’Avvocatura Generale dello Stato;

2. Sul punto, si ricorda che questa Corte ha da tempo statuito che il giudicato va
assimilato agli elementi normativi, cosicché la sua interpretazione deve essere
effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici,
e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di
legge; ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e
la portata del giudicato esterno, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame
degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti
processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente
dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Cass. 21200/2009). In
materia, poi, osserva questo Collegio, conformemente a principio parimenti condiviso,
che la stessa esistenza del giudicato esterno è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado
del procedimento, anche in sede di legittimità; né a tale riguardo si applicano le
limitazioni imposte dall’art. 57 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, concernenti il divieto
di proposizione di questioni nuove nel giudizio tributario di secondo grado, e pertanto
la relativa eccezione può essere validamente proposta per la prima volta dalla parte
interessata con l’atto di appello (Cass. 16675/2011).
La trattazione della questione, peraltro, implicava una sufficiente descrizione dei punti
pregiudicanti esaminati e decisi da parte della sentenza 18/27/0/8 del 6.4.2008,
emessa da C.T.R. Messina sull’avviso di accertamento a carico della società invalidato
per ragioni appena riferite dalla ricorrente Agenzia, su cui la contribuente ha accettato
il contraddittorio ma del tutto prive, per grave carenza di allegazione, di un inequivoco
riferimento trascritto in ricorso, decisivo ai fini della stessa specificità del motivo,
quanto ad atti processuali e documenti su cui esso si basa ex art.366 cod.proc.civ.
Questa Corte ha infatti ritenuto, con indirizzo condiviso, che “l’onere della indicazione
.specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione
dall’art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.), qualunque sia il tipo di errore (“in procedendo” o
“in iudicando”) per cui è proposto, non può essere assolto ‘Per relationem” con il generico rinvio ad
atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto, essendovi il preciso onere di
indicare, in modo puntuale, gli atti processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché le
circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione e
dovendo il ricorso medesimo contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la
possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e
sufficienza della motivazione della decisione impugnata.” (Cass. 11984/2011).
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.ferro

1. Il motivo è inammissibile, poichè, aggredendo la ratio decidendi della sentenza acquisita
dalla C.T.R. con valore di sostanziale giudicato esterno, non solo non ne riporta il
contenuto (e dunque esponendo il ricorso ad una preliminare valutazione di
insufficienza descrittiva dei suoi elementi essenziali, Cass. 7825/2006, 12688/2007),
ma non coglie il reale nucleo argomentativo della sentenza impugnata nel presente
giudizio (Cass. 5024/2002, 4486/2003), poggiante invero su detta portata preclusiva,
senza infatti che la pronuncia abbia ripetuto o riprodotto anche in parte le ragioni di
accoglimento dell’appello della società volto ad ottenere, come avvenuto e però con
altra decisione divenuta definitiva, la declaratoria di illegittimità dell’avviso di
accertamento a suo carico.

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Ai SENSI DEL
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N. 131 TAB. ALL.
– N. 5

MATEUIA TRIBUTAXIA

3. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, ai sensi di cui in motivazione, peraltro
con declaratoria di compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità,
stante il tenore delle difese della controricorrente, prive di inerenza alle ragioni proprie
dei limiti qui ravvisati d’ufficio del ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11 luglio 2013.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensate integralmente le spese
del giudizio di legittimità.

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