Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20806 del 06/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 06/09/2017, (ud. 03/07/2017, dep.06/09/2017),  n. 20806

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 660/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SIGE S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Speciale, con

domicilio eletto in Roma, via Poma 2, presso lo studio dell’avv.

Raniera Valle;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle

Marche n. 184/4/09, depositata il 27 novembre 2009;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2017

dal Consigliere Giuseppe Tedesco.

Fatto

RILEVATO

che:

– l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Marche (Ctr), che ha riformato la sentenza di primo grado, di rigetto del ricorso della contribuente contro l’avviso di accertamento Iva per l’anno di imposta 1999, con il quale, sul riscontro della esistenza di un contratto di licenza per l’utilizzo di un brevetto industriale tra la ricorrente SIGE S.p.A. e una società svizzera, priva di stabile organizzazione e di rappresentante fiscale, fu contestato che la contribuente aveva versato royalties senza emissione di alcun documento fiscale, laddove avrebbe dovuto assoggettare a Iva i compensi corrisposti mediante autofattura, ponendo in essere gli adempimenti prescritti dal D.P.R. n. 633 del 1972 per questa ipotesi;

– la Ctr ha rilevato che il tipo di contratto posto in essere, qualificato quale licenza d’uso di brevetto di impresa, con corresponsione di una somma strettamente connessa al diritto di sfruttamento, era fuori dal campo di applicazione dell’Iva, in quanto non riguardava prestazioni di servizi verso corrispettivo dipendenti da obbligazioni di fare, di non fare o permettere D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 3, comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– tale statuizione è impugnata dall’Amministrazione finanziaria sulla base di un unico motivo, con il quale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2, n. 2, art. 7, comma 4, lett. d), art. 17, comma 3; – il motivo è ammissibile, perchè la ricorrente, diversamente da quanto si sostiene nel controricorso, non ha censurato l’interpretazione del contratto data dalla sentenza impugnata, ma, muovendo da quella interpretazione, ha censurato la conseguenza che la Ctr ne ha tratto, laddove ha ritenuto l’operazione fuori dall’ambito dell’Iva;

– la violazione di legge oggetto di censura attiene pertanto alla normativa Iva, alla quale la sentenza avrebbe attribuito un significato diverso da quello effettivo;

– la Ctr ha deciso in senso favorevole per la contribuente sulla base del rilievo che il “trattamento fiscale del diritto di godimento del brevetto di impresa e i relativi compensi (royalties)”, esulano dal campo di applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 3, comma 1, in quanto il relativo contratto, concluso fra la società contribuente italiana e la società svizzera, “non riguarda prestazioni di servizi verso corrispettivo dipendenti da obbligazione di fare e di non fare, quale ne sia la fonte”, trattandosi di “un contratto di licenza d’uso di brevetto di impresa, con corresponsione di una somma strettamente connessa al diritto di sfruttamento. La fattispecie si ricollega espressamente ai diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, o proprietà intellettuale (…)”;

– tale ricostruzione è evidentemente frutto di una lettura parziale della norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3 che al comma 2, dopo avere stabilito il principio richiamato dalla Ctr, precisa che “costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, (…) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonchè le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti;

– pertanto, diversamente da quanto assume la sentenza impugnata, anche le cessioni, concessioni, licenze e simili relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili (cosiddetti know-how) i diritti di brevetti (artt. 2584 c.c. e seguenti), i segni distintivi dell’impresa e dell’azienda (artt. 2563 e 2568 c.c.) o dei prodotti (art. 2569 c.c.), royalties, ecc., sono prestazioni di servizi soggette ad IVA in presenza dei requisiti soggettivi e territoriali;

– tuttavia, seppure l’operazione fosse sicuramente fosse rilevante ai fini Iva, occorre nel contempo tenere conto degli insegnamenti in materia della Corte di Giustizia (richiamati nella memoria della contribuente v. fra le altre Corte di Giustizia 8 maggio 2008, in cause riunite C-95/07 e C-96/07), che, in plurimi interventi, ha affermato che il diritto di detrazione è connesso alla effettività dell’operazione (requisito sostanziale) e non può essere subordinato al rispetto di adempimenti od obblighi meramente formali; con la conseguenza che se l’Autorità fiscale dispone già delle informazioni necessarie per dimostrare che il cessionario/committente, in quanto destinatario delle operazioni soggette a reverse charge, è il debitore d’imposta e che l’operazione è effettivamente stata realizzata, risulta irrilevante la circostanza che il debitore d’imposta abbia ricevuto e registrato la fattura emessa dal fornitore nella contabilità generale senza aver proceduto agli adempimenti ai fini Iva (integrazione della fattura o autofattura);

– in altre parole, se l’operazione non è stata occultata e se l’Amministrazione fiscale non ha trovato ostacoli nella sua ricostruzione, l’infrazione è formale e, dunque, la detrazione non può essere negata al soggetto passivo, poichè il risultato fiscale finale sarebbe stato comunque identico sul piano impositivo per effetto della prevista neutralizzazione bilaterale dell’Iva (Cass. 7576/2015);

– nel caso in esame è pacifico che le operazioni sono state regolarmente registrate dalla contribuente sul libro giornale, riguardando la contestazione solamente l’omissione dell’autofattura e della doppia registrazione del documento nei registri previsti dagli artt. 23 e 25 decreto IVA;

– è parimenti non controverso che l’operazione sia stata posta in essere da un soggetto passivo dell’Iva e che i servizi fossero finalizzati a operazioni imponibili;

– in definitiva, la Ctr avrebbe dovuto negare il potere del Fisco di pretendere il pagamento dell’imposta non perchè l’operazione fosse fuori campo IVA, ma perchè il risultato fiscale finale sarebbe stato comunque identico sul piano impositivo per effetto della prevista neutralizzazione bilaterale dell’Iva;

– il dispositivo della sentenza impugnata resta comunque conforme a diritto per cui, a norma dell’art. 384 c.p.c., può pervenirsi al rigetto del ricorso con la sola correzione della motivazione;

– l’art. 384 c.p.c. prevede che qualora il vizio denunziato riguardi non un punto di fatto ma una questione di diritto, il giudice di legittimità ha il potere di integrare e correggere la motivazione della sentenza impugnata, senza cassarla, nel caso in cui la decisione adottata dal giudice di merito sia conforme a diritto, sostituendo la motivazione erronea con altra corretta, che conduca all’identico dispositivo della sentenza censurata, purchè la sostituzione della motivazione sia soltanto in diritto e non comporti indagini e valutazioni di fatto (com’è sicuramente nel caso in esame), nè violazione del principio dispositivo, nel senso che non dovrà esservi pronunzia su eccezioni non sollevate dalle parti e non rilevabili di ufficio (Cass. n. 5954/2005; Cass. n 15764/2004);

– il riconoscimento del diritto di detrazione, al di là dell’eventuale inosservanza di fatturazioni e registrazioni, non conduce a considerare nello stesso tempo la violazione del reverse charge violazione meramente formale e come tale non punibile in base all’art. 10 della I. n. 212 del 2000 (Cass. 7576/2015; Cass. n. 9505/2017);

– al contrario la Ctr ha escluso anche l’applicazione delle sanzioni: tuttavia tale aspetto della decisione non ha costituito oggetto di censura da parte dell’Agenzia delle entrate, che ha solo infondatamente censurato la decisione nella parte in cui aveva escluso il potere del Fisco di pretendere il pagamento dell’imposta;

– in conclusione il ricorso va rigettato: nondimeno in considerazione della evoluzione giurisprudenziale avutasi in materia, si ravvisa la sussistenza dei presupposti per disporre la compensazione delle spese.

PQM

 

rigetta il ricorso; dichiara interamente compensate le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2017

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