Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20805 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20805 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 11/09/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto da

CIANFARINI Gianluigi, rappr. e dif. dagli a’vvocati Paolo Brignolo Gorla e
Matteo Moroni del foro di Milano, con elezione di domicilio presso lo studio del
secondo in Milano, via Cartesio n.2, come da procura a margine dell’atto
-ricorrenteContro
Agenzia delle Entrate di Milano 1, in persona del Direttore p.t. e Ministero
dell’Economia e delle Finanze, rappr. e dif. dall’Avvocatura Generale dello Stato,
elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12

-controricorrentePagina 1 di 4 – RGN 2709/2007

estens

m. ferro

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Milano 14.11.2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 11 luglio 2013
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito l’avvocato Giancarlo Caselli per l’Avvocatura Generale dello Stato.

IL PROCESSO
Cianfarini Gianluigi impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Milano 14.11.2005, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Milano n.
39/15/2004, ebbe ad accogliere l’appello dell’Ufficio, così dichiarando la legittimità
dell’avviso di accertamento IRPEF relativo al reddito spettante a tale socio (al 10%)
nella società S.E.S.P.I. s.a.s. di G. Cianfarini e C. (esercente intermediazione
immobiliare ed in regime di contabilità semplificata) e rettificato, per l’anno 1996,
sulla base dei parametri per la determinazione dei ricavi ai sensi del d.P.C.M.
29.1.1996. Le somme oggetto di richiesta costituivano la differenza tra i ricavi
dichiarati (per circa 150 milioni Lit), a fronte di una perdita di 41 milioni Lit ed i
maggiori ricavi (per 301 milioni Lit), determinativi di un reddito d’impresa di Lit 260
milioni circa.
Ritenne in particolare la C.T.R. che l’appello poteva essere accolto, in quanto superato il limite dell’assenza del parere del Consiglio di Stato relativo al d.P.C.M.
applicato (poggiante invero su una delega piena conferita al Governo dall’art.3, co.
184 della 1. n.349/1995), come invece stabilito dalla C.T.P. e negata natura
regolamentare a tale atto amministrativo — ben poteva l’Amministrazione utilizzare,
come avvenuto, strumenti presuntivi ai fini della ricostruzione del reddito ed anche
in presenza di contabilità formalmente regolare, se però inattendibile, nel rispetto del
contraddittorio, inutilmente provocato con invito all’indirizzo della società, senza
seguito. In ogni caso, la contribuente società non ebbe a contestare gli elementi
utilizzati dall’Ufficio, non ne offrì altri volti a spiegare lo scostamento dei ricavi,
indicò circostanze generiche e parziali a supporto della dedotta flessione del reddito,
con riguardo alle spese ed ai redditi degli anni anteriori, oltre che a debiti.
Il ricorso è affidato a due motivi e resistito con controricorso dall’Agenzia delle
Entrate (e Ministero delle Finanze).
Si dà atto nel corso della relazione che dall’esposizione dei fatti di cui al ricorso
ed al controricorso non risulta l’instaurazione del contraddittorio iniziale nei
confronti di tutti i soci e la società.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, si deduce vizio di motivazione, in relazione all’art.360 n.5
cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R. trascurato, come punto decisivo della
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esteneis. m.ferro

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Federico Sorrentino,
che ha concluso per la cassazione delle sentenze di 1° e 2° grado.

1. Come statuito con indirizzo consolidato espresso dalle Sezioni Unite di questa
Corte (Cass. s.u. 14815/2008) ed al quale il Collegio intende dare continuità, in difetto
di convincenti nuove tesi di segno contrario, “in materia tributaria, l’unitarietà
dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e
delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22112/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente
automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione
agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto,
anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia
la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi pro.spettino questioni personali -, sicchè tutti questi
soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa
limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola
posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva
dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso
di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei
soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/92 (salva
la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la
partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e
grado del procedimento, anche di ufficio.”. Tale orientamento è stato poi seguito anche da
Cass. 11459/2009, 13073/2012,17925/2012, 23096/2012, 1047/2013,16941/2013.
Nella fattispecie, il ricorso risulta proposto dal Cianfarini Gianluigi in proprio, e sia pur
deducendo la qualità di partecipe al 10% nella società e con riguardo ad avviso di
accertamento in rettifica del reddito della s.a.s. S.E.S.P.I. per l’IRPEF dovuta dai soci
quanto all’anno 1996, senza che il contraddittorio giudiziale comprovatamente abbia
attinto, sin dall’inizio e nel medesimo processo, i soci stessi in quanto tali, che
appaiono essere almeno due, oltre che la società. Si è dunque pienamente realizzata la
violazione del citato principio, con nullità dell’intero procedimento giudiziale.

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estensore

.ferro

controversia, la verifica circa la sussistenza di esimenti specifiche, in capo alla
contribuente società, per l’applicazione dei parametri, in particolare la negatività della
gestione e l’effettività delle perdite, oltre tutto non facendo applicazione dei molto
più appropriati e coerenti studi di settore.
Con il secondo motivo, si avanza vizio di violazione di legge, ai sensi degli artt.39
co.1 lett.d) d.P.R. 29.9.1973, n.600 e 54 co.2 ult. periodo d.P.R. 26.10.1972, n.633,
richiedenti, per sostenere le omissioni o false indicazioni di attivo o passivo, una
pluralità di presunzioni semplici, avendo dunque errato il giudice di merito nell’aver
ascritto tale rango ai coefficienti di mero calcolo matematico dei parametri. Inoltre,
viene prospettato vizio di applicazione dell’art.38 co.2 d.P.R. n.600/1973 per non
avere l’Amministrazione considerato l’effettiva situazione della contribuente società
per gli anni anteriori, omettendo di indicare tutte le presunzioni gravi, precise e
concordanti. Da ultimo, il ricorrente contesta la legittimità del d.P.C.M. 29.1.1996,
perché regolamento emesso senza previo parere del Consiglio di Stato.

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IVIATWA TRIBUT,A1A

2. Il ricorso va dunque accolto, ai sensi di cui in motivazione, con dichiarazione
d’ufficio della nullità del procedimento e rimessione delle parti avanti al giudice di
primo grado, che si conformerà al principio sopra esposto. Il Collegio dichiara inoltre
la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio, stante la concorrente
imputazione del mancato rilievo della nullità altresì in capo ai giudici di merito e di
quelle del giudizio di cassazione, anche tenuto conto del fatto che ivi il contribuente
non ha svolto difese coerenti con il vizio d’ufficio riscontrato e che l’indirizzo
segnalato si è sostanzialmente formato in epoca coeva al ricorso.

La Corte dichiara la nullità del procedimento, cassa la sentenza impugnata e
rinvia la causa alla Commissione tributaria provinciale di Milano, in diversa
composizione, compensando le spese dell’intero giudizio, compresa la fase di
legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11 luglio 2013.

P.Q.M.

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