Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20804 del 06/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 06/09/2017, (ud. 03/04/2017, dep.06/09/2017),  n. 20804

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 14641/12, proposto da:

S.A.B. Sanbiagesi All. Bovini s.c. a r.l., in persona del legale

rappres. p.t., elett.te domic. in Roma, alla via Parioli n. 43,

presso l’avv. Ermanno Prastaro, che la rappres. e difende unitamente

all’avv. Marina Larice, con procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane, elett.te domic. in Roma, alla via dei

Portoghesi n.12, presso l’Avvocatura dello Stato che la rappres. e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 157/2012 della Corte d’Appello di Trieste,

depositata in data 9/3/2012;

udita la relazione del consigliere, dott. Rosario Caiazzo;

udito il difensore della parte controricorrente, avv. G. Galluzzo;

sentito il Pubblico Ministero, dott. De Augustinis Umberto, il quale

ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La S.A.B. Sanbiagesi All. Bovini, s.c. a r.l., propose opposizione al decreto ingiuntivo doganale notificato l’11.12.98, avente ad oggetto il pagamento della somma di Lire 3.740.564.570, a titolo di diritti doganali non corrisposti per indebito riconoscimento di trattamento preferenziale daziario per merci importate dalla Croazia.

Il Tribunale di Trieste rigettò l’opposizione, ritenendo provata la fattispecie di reato sottesa all’evasione del tributo doganale.

La Corte d’appello di Trieste respinse l’appello proposto dalla suddetta società. Con sentenza depositata il 31.3.2010, la Corte di Cassazione accolse il ricorso della stessa società, in ordine al motivo afferente alle ipotesi di falsità dei documenti di viaggio e delle certificazioni sanitarie, rinviando alla Corte ai fini di una migliore indagine sull’accertamento dei fatti contestati al legale rappresentante della società ricorrente, anche alla luce di una recente sentenza del gup di assoluzione per insussistenza del fatto di reato, divenuta definitiva. La società riassunse il giudizio innanzi alla Corte d’Appello; si costituì l’Agenzia. Con sentenza depositata il 27.3.2012, la Corte d’Appello di Trieste rigettò l’appello, escludendo preliminarmente che la questione dibattuta fosse stata oggetto di giudicato esterno, formatosi tra le stesse parti con sentenza emessa dal medesimo organo giudiziario in una causa avente ad oggetto altra opposizione a decreto ingiuntivo.

Avverso tale sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione formulando sei motivi.

Resiste l’Agenzia delle Dogane, con controricorso, eccependo l’infondatezza del ricorso.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo, la parte ricorrente ha denunziato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., nonchè omessa e insufficiente motivazione, in ordine alla violazione dei limiti oggettivi del giudicato esterno, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

In particolare, la società ricorrente ha lamentato che la sentenza impugnata avesse violato il principio del giudicato esterno, fondato su altra sentenza emessa tra le stesse parti dalla Corte d’appello di Trieste che, recependo la motivazione del g.u.p. nella sentenza di assoluzione del legale rappresentante della società per insussistenza del fatto di reato, ritenne infondata la domanda dell’ufficio, relativa al pagamento dei diritti doganali afferenti alla medesima fattispecie dell’importazione di bovini dalla Croazia.

Con il secondo motivo, è stata denunziata la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata, nonchè l’omessa o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in quanto la Corte d’Appello non si era attenuta al principio di diritto fissato nella sentenza della Corte di Cassazione del 2010, non avendo esaminato il processo verbale di constatazione nei confronti della S.A.B. e del legale rappresentante, ed avendo, invece, di nuovo fatto riferimento ai medesimi documenti ritenuti inidonei dalla Cassazione.

Con il terzo motivo, la ricorrente, in via subordinata al primo motivo, ha denunziato la violazione dell’art. 2697 c.c., la nullità della sentenza, nonchè l’omessa e insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 5, censurando la sentenza impugnata per aver violato i principi della ripartizione dell’onere della prova in ordine al fatto costitutivo della domanda dell’Agenzia delle Dogane e per aver, invece, affermato che la società non aveva dimostrato il fatto modificativo del diritto azionato (cioè l’origine del bestiame dalla Croazia), senza considerare che l’onere di provare la falsità dei documenti allegati gravava sulla stessa Agenzia.

Con il quarto motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento, nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 5, per aver la Corte d’Appello valutato documenti irrilevanti o inattendibili.

Con il quinto motivo, la ricorrente ha denunziato la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 2, la nullità del procedimento o della sentenza, nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, avendo la Corte d’Appello attribuito rilevanza al comportamento assunto dal legale rappresentante della S.A.B. nell’ambito del procedimento penale in cui era stato assolto.

Con il sesto motivo, la ricorrente ha addotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e ss., la nullità della sentenza e del procedimento, nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, criticando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva condannato la società, ritenendola erroneamente soccombente, al pagamento delle spese della prima fase del giudizio, conclusasi con la sentenza della Cassazione che accolse il suo ricorso.

Il primo motivo va accolto, essendo fondata l’eccezione di giudicato esterno.

La Corte d’Appello di Trieste ha erroneamente ritenuto che nella fattispecie, sebbene sussistesse un unico rapporto giuridico (importazione di merce) e due processi civili (con le stesse parti) scaturiti dallo stesso rapporto, non fosse configurabile un giudicato esterno.

Al riguardo, la Corte di merito ha affermato che la questione della falsità della documentazione accompagnatoria della merce che ne attestava l’origine di provenienza, esclusa nell’altra sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Trieste, era irrilevante ai fini del giudizio in esame, in cui il contribuente doveva dimostrare di aver diritto alla sgravio tributario, sicchè il fatto da accertare era la sicura provenienza dei bovini dalla Croazia.

In altri termini, la Corte ha ritenuto che: nell’altro giudizio, conclusosi con sentenza irrevocabile in data 14.5.2010, l’accertamento della falsità della documentazione estera rappresentasse il presupposto logico-giuridico indispensabile per accogliere la domanda dell’amministrazione, e che la richiesta era fondata sul mendacio del contribuente; nel giudizio in questione, invece, l’atteggiamento psicologico del legale rappresentante della società obbligata era del tutto ininfluente ai fini della decisione relativa al diritto di ottenere uno sgravio tributario sull’importazione dei bovini.

La Corte di merito non ha fatto una corretta applicazione dei principi di diritto in tema di giudicato esterno.

Invero, dalla stessa sentenza impugnata si evince che il giudizio deciso con sentenza passata in giudicato, tra le medesime parti, aveva ad oggetto un opposizione ad un’ingiunzione di pagamento relativa alle sanzioni pecuniarie per le stesse importazioni di bovini, mentre l’oggetto della causa in questione riguarda un’opposizione a decreto ingiuntivo emesso per i tributi doganali dovuti per le suddette importazioni.

Ora, non è dubbio che entrambi i giudizi in esame siano stati celebrati tra le stesse parti, con medesimi petitum e causa petendi; il primo consiste nell’istanza di revoca dell’ingiunzione di pagamento, mentre la seconda è inerente al titolo di provenienza dei bovini importati.

Al riguardo, la sentenza passata in giudicato ha accertato l’autenticità della documentazione accompagnatoria della merce, che ne attestava la provenienza, utilizzando anche gli argomenti adoperati dal giudice penale, e rilevando che la veridicità di tale documentazione non fu mai posta in discussione dalla Guardia di Finanza.

Nel giudizio in esame, la S.B.A. ha proposto opposizione all’ingiunzione di pagamento richiesta e fondata sul medesimo titolo fatto valere dall’Agenzia delle Dogane nell’altro giudizio, cioè l’accertamento relativo all’insussistenza dei requisiti dello sgravio connesso alla provenienza croata dei bovini importati. Sul punto, è erronea la motivazione della Corte di merito che, nell’escludere la sussistenza dei presupposti del giudicato esterno, ha soggiunto che il fatto modificativo rappresentato dalla provenienza croata della merce era rimasto ignoto, non bastando la regolarità formale della documentazione attestante l’origine croata del bestiame, ma occorreva la prova della genuinità e della veridicità sul piano sostanziale dei documenti prodotti.

La sentenza ha dunque violato l’art. 2909 c.c., avendo illegittimamente escluso la preclusione costituita dalla decisione che accertò la veridicità della documentazione accompagnatoria dei bovini, che attestava la provenienza croata.

Accertato che la documentazione allegata nel giudizio in esame era la stessa di quella oggetto dell’altro giudizio e che le domande di pagamento erano entrambe fondate su accertamenti afferenti alla stessa documentazione, il giudicato formatosi nel giudizio precedente era pienamente efficace ed opponibile nel giudizio in esame.

Pertanto, la corte di merito ha trascurato di valutare tali elementi, escludendo il giudicato esterno sulla base di argomentazioni irrilevanti, relative alla valutazione dell’elemento psicologico della condotta del legale rappresentante della società ricorrente che non può incidere sulla medesimezza degli elementi identificativi dell’azione giudiziaria, considerando altresì che la valutazione della falsità, o meno, di un documento redatto da un soggetto privato e destinato a provare determinati fatti ad una pubblica autorità (nel caso concreto, la provenienza della merce al fine di ottenere lo sgravio tributario) non può prescindere dall’esame dell’elemento psicologico, non essendo configurabile un atto falso, finalizzato ad illeciti vantaggi, che non sia intenzionale.

Inoltre, la motivazione della sentenza è contraddittoria, poichè ha escluso che fosse stata provata la suddetta provenienza dei bovini, pur avendo preso atto della sentenza definitiva tra le stesse parti che, invece, escluse il contenuto falso della documentazione accompagnatoria dei bovini.

L’accoglimento del primo motivo ha carattere esaustivo ed assorbe gli altri motivi.

Sussistendo i presupposti per decidere il giudizio, non essendo necessari ulteriori accertamenti, alla stregua delle predette argomentazioni e, tenuto conto del giudicato esterno formatosi sulla fattispecie, va accolta l’opposizione al decreto ingiuntivo richiesto dall’Agenzia delle Dogane, essendo stata accertata in maniera definitiva la veridicità della suddetta documentazione e, dunque, la provenienza croata dei bovini importati, da cui discende il diritto allo sgravio per le merci importate.

Circa le spese, sussistono i presupposti per compensare le spese dei vari gradi di merito, essendo applicabile la versione dell’art. 92 previgente alla riforma del 2005, poichè il giudizio fu introdotto nel 1998; i giusti motivi sono desumibili dalle incertezze interpretative della documentazione esaminata.

L’Agenzia va invece condannata al pagamento delle spese del grado di legittimità, essendo essa rimasta soccombente.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla S.A.B. Sanbiagesi All. Bovini s.c. a r.l.

Compensa le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle Dogane al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese del grado di legittimità, che liquida nella somma di Euro 17.000,00 oltre la maggiorazione del 15%, quale rimborso forfettario delle spese generali, e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2017

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