Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20802 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20802 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

Ud. 10/07/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente
91;1
contro

Delfino Vincenzo, elettivamente domiciliato in Roma
Via Cicerone 28, presso lo studio dell’Avv.to Guido
Orlando, che lo rappresenta e difende, unitamente e
disgiuntamente all’Avv.to Vladimiro Noberasco, in
forza di procura speciale in calce al controricorso
– controri corrente –

e sul ricorso riunito proposto da:
Delfino Vincenzo, elettivamente domiciliato in Roma
Via Cicerone 28, presso lo studio dell’Avv.to Guido
Orlando, che lo rappresenta e difende, unitamente e
disgiuntamente all’Avv.to Vladimiro Noberasco, in
forza di procura speciale in calce al controricorso
– ricorrente incidentale contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,

1

Data pubblicazione: 11/09/2013

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– resistente —

avverso la sentenza n. 66/01/2006 della Commissione
Tributaria regionale della Liguria, depositata
1’11/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 10/07/2013 dal Consigliere

uditi l’Avvocato dello Stato, Carlo Maria Pisana,
per parte ricorrente, e l’Avv.to Guido Orlando, per
parte controricorrente-ricorrente incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale e
l’accoglimento di quello incidentale.
Svolgimento del processo
Con

sentenza

n.

66/01/2006

del

21/02/2006,

depositata in data 11/10/2006, la Commissione
Tributaria Regionale della Liguria Sez. 01
accoglieva, con compensazione delle spese di lite,
l’appello proposto, in data 19/02/2005, da Delfino
Vincenzo, esercente l’attività di commercio al
dettaglio di orologi monomarca in regime di
franchising, avverso la decisione n. 111/02/2004
della Commissione Tributaria Provinciale di Savona,
che aveva, solo in parte, accolto il ricorso del
contribuente contro un avviso di accertamento, con
il quale, a seguito di controllo automatizzato,
utilizzando i parametri previsti dal DPCM
29/01/1996 ed ai sensi dell’art. 3 comma 181
1.549/1995, ed, all’esito del preliminare
contraddittorio, erano stati determinati, a suo
carico, maggiori ricavi, per l’anno d’imposta 2000,

2

Dott. Giulia Iofrida;

con conseguenti maggiori imposte IRPEF, IRAP, IVA
ed accessori.
La C.T.P.

aveva ridotto alla metà,

rispetto

all’importo accertato dall’Ufficio, i maggiori
ricavi derivanti dall’attività svolta dal
contribuente.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva
l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate

maggiori ricavi dell’impresa con una riduzione del
35% del valore originariamente accertato) ed
accoglieva il gravame principale del contribuente
(instaurato nel febbraio 2005), annullando l’atto
impositivo, in quanto rilevava che “l’Ufficio aveva
applicato i parametri relativi al codice di
attività “52.48.3” che comprende, oltre al
commercio al dettaglio di orologi anche la vendita
di gioielleria ed argenteria, riguardante attività
commerciale assai diversa da quella esercitata dal
contribuente nell’anno 2000, primo anno di attività
riguardante “esclusivamente la vendita al dettaglio
di orologi monomarca (Swatch) di qualità medio
bassa ed in regime di franchising”,

cosicché

l’accertamento appariva non motivato ed
illegittimo.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo un
unico motivo, per violazione e/o falsa applicazione
di norme di diritto, ex art.360 n. 3 c.p.c., in
relazione alla Tabella A 52 del DPCM 29/01/1996, in
quanto il parametro “52.48.3”, contenuto nella
suddetta Tabella, prevede un parametro unitario per
l’attività di

“commercio al dettaglio di orologi,

articoli di gioielleria”,

senza distinzioni in

ordine al tipo di orologi venduti.

3

(volto ad ottenere una rideterminazione dei

Ha resistito il contribuente con controricorso,
eccependo preliminarmente l’improcedibilità del
ricorso per violazione del disposto di cui
all’art.369, comma 2 ° , n. 2, c.p.c., in ordine
all’onere di deposito della copia autentica della
sentenza impugnata, e proponendo anche ricorso
incidentale in punto di statuizione della C.T.R.
relativa alla compensazione, senza motivazione,

Motivi della decisione
Vanno previamente riuniti il ricorso incidentale ed
il ricorso principale, ex art.335 c.p.c..
Non merita accoglimento l’eccezione pregiudiziale
della controricorrente-ricorrente incidentale,
essendo stata prodotta dalla ricorrente la copia
autentica della sentenza impugnata.
L’Agenzia

delle

Entrate

ricorrente

lamenta,

nell’unico motivo, la violazione del DPCM
29/01/1996, avendo i giudici tributari ritenuto
inapplicabile all’attività svolta in concreto dal
contribuente

(“vendita al dettaglio di orologi

monomarca (Swatch) di qualità medio bassa ed in
regime di franchising”)

la Tabella A 52 del

suddetto decreto, in quanto comprensiva anche
dell’attività di gioielleria.
Il motivo è infondato.
Occorre ribadire, come già chiarito da questa
Corte, che “i coefficienti presuntivi di reddito di
cui al D.P.C.AL 29 gennaio 1996 (parametri) non
costituiscono prove neppure presuntive di reddito e
non possono da soli sostenere un avviso di
accertamento di maggiore imponibile”,

in quanto “in

caso di discordanza tra quanto dichiarato e quanto
risultante dai calcoli in forza al c.d. parametri,
non sussiste una presunzione iuris tantum a favore

4

delle spese processuali del grado.

dell’Ufficio, con conseguente inversione dell’onere
della prova” e l’applicazione dei parametri pone (
Cass. trib.1‘ 14 marzo 2008 n. 6924; 14 febbraio
2007 n. 3223) una presunzione legale relativa,
superabile solo con la prova contraria, data dal
contribuente, con la dimostrazione di circostanze
specifiche le quali rivelino concretamente il
conseguimento di un ammontare di ricavi inferiore,

un valore minimale nella determinazione del volume
d’affari, che si pone alla base dell’accertamento
del reddito in un’ottica statistica, ma non
astratta, riferita a un determinato settore
economico.
La Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 26635 del 2009)
ha attenuato, ma non escluso, tale interpretazione
del sistema, richiedendo, a pena di nullità
dell’accertamento, il previo contraddittorio con il
contribuente e la valutazione degli elementi
forniti in tale sede da medesimo, con obbligo da
parte della Amministrazione, di motivazione
dell’eventuale dissenso.
I parametri, in tale ottica, mantengono il loro
valore presuntivo, con carattere di presunzione
semplice, che deve essere valutata dal giudice in
sede contenziosa, in concorso con gli altri
elementi di prova acquisiti in atti, secondo una
valutazione critica, non censurabile in sede di
legittimità ove logicamente corretta.
Ora, occorre considerare che il giudice tributario
è giudice del rapporto e non dell’atto, per cui
rientra

suo

nel

valutazione

di

potere-dovere
prudente

operare

apprezzamento

una
delle

presunzioni a carico ed a favore delle parti, tra
cui quella, semplice, conseguente alla applicazione

5

rappresentando i coefficienti presuntivi di reddito

dei

parametri,

determinando

con

opportuno

bilanciamento l’esito della controversia, con un
accertamento del fatto non censurabile in sede di
legittimità, ove congruamente motivato
(Cass.19958/2010).
Nella specie, la Commissione ha individuato il
superamento della presunzione a favore
dell’Ufficio, ritenendo così di dare rilievo alla

giustificazione della dichiarazione di ricavi e
compensi di ammontare inferiore a quello presunto
in base ai parametri, non esclusivamente, come
sostenuto dalla ricorrente, nella applicazione dei
parametri relativi al codice di attività n.
“52.48.3”, comprendente anche la vendita di
articoli di gioielleria ed argenteria, attività
commerciale questa diversa da quella esercitata dal
contribuente, e nell’inesistenza di specifici
parametri

utilizzabili

argomentazioni

per
in

queste

quella
sé,

attività,
isolatamente

considerate, non pienamente corrette, potendo
evidentemente le tipologie di attività, ricomprese
all’interno di una stessa voce delle Tabelle
allegate al DPCM, essere anche alternative tra
loro.
I giudici tributari infatti hanno altresì valutato
le particolari situazioni che avevano
caratterizzato la attività del contribuente nel
2000, quali il “primo anno di attività”, la vendita
di “orologi monomarca di qualità medio-bassa” ed in
“regime di franchising”,

con valutazioni

in fatto

sull’inoperatività nello specifico dei parametri,
incensurabili in questa sede di legittimità, perché
coerenti e congruamente motivate.
Il ricorso incidentale va parimenti respinto.

6

prova contraria fornita dal contribuente, a

Il contribuente censura la statuizione della C.T.R,
che, in violazione degli artt.15 d.lgs. 546/1992 e
92 c.p.c., nel testo vigente a seguito delle
modifiche introdotte dalla 1.263/2005, dopo avere
integralmente accolto l’appello del medesimo,
riformando la decisione di primo grado ed
annullando l’avviso di accertamento, ha compensato
tra le parti le spese del giudizio, ritenendo

Secondo la testuale previsione del coma 1, parte
seconda dell’art.15 d.lgs.546/1992:

“La Commissione

Tributaria può dichiarare compensate in tutto o in
parte le spese a norma dell’art. 92 c.p.c., comma
2”.
Nel regime successivo a quello introdotto dalla L.
28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett.
a), il provvedimento di compensazione parziale o
totale delle spese

“per giusti motivi”

deve

trovare, ai sensi dell’art.92, coma 2 ° , c.p.c., un
adeguato supporto motivazionale.
Tuttavia, in base alla regolamentazione dettata dal
testo originario, anteriore, cioè, alla modifica
(avente effetto dal l marzo 2006 ed operante perciò
per i soli procedimenti instaurati successivamente
a tale data, ai sensi del comma 4 dell’art.2
1.263/2005 – – Le disposizioni del commi l [vigenza],
2 [vigenza] e 3 [vigenza] entrano in vigore il l °
gennaio 2006 e si applicano al procedimenti
instaurati successivamente a tale data di entrata
in vigore” -,

cfr. Cass. 1030/2008), apportata

dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1,
lett. a (e succ. modif. ed integrazioni), dell’art.
92 c.p.c., comma 2 (applicabile alla specie
temporis,

ratione

trattandosi di appello instaurato con

atto del febbraio 2005, come emerge dalla sentenza

7

sussistenti “fondate ragioni”.

della C.T.R.),

la valutazione dell’opportunità

della compensazione totale o parziale delle spese
processuali, sia nella ipotesi di soccombenza
reciproca che in quella di sussistenza di altri
giusti motivi, come reiteratamente spiegato da
questa Corte (Cass. 916/2007; Cass.Trib.20547/2011:
“In tema di compensazione delle spese processuali
ex art. 92 cod. proc. civ., (nel testo applicabile

dalla legge 28 dicembre 2005, n. 263), poiché il
sindacato della S.C. è limitato ad accertare che
non risulti violato il principio secondo 11 quale
le spese non possono essere poste a carico della
parte vittoriosa, esula da tale sindacato e rientra
nel potere discrezionale del giudice di merito la
valutazione dell’opportunità di compensare, in
tutto o in parte, le spese di lite, e ciò sia
di soccombenza reciproca, sia
nell’ipotesi di concorso di altre giuste ragioni,
che il giudice di merito non ha obbligo di
specificare, senza che la relativa statuizione sia
censurabile in cassazione, poiché il riferimento a
“giusti motivi” di compensazione denota che il
giudice ha tenuto conto della fattispecie concreta
nel suo complesso, quale evincibile dalle
statuizioni relative ai punti della controversia”),
non richiede specifica motivazione e resta
incensurabile in sede di legittimità, salvo che,
ipotesi nello specifico non sussistenti, risulti
violato il principio secondo cui le spese non
possono essere poste a carico della parte
totalmente vittoriosa ovvero che, a fondamento
della decisione del giudice di merito di compensare
le spese, siano addotte ragioni palesemente
illogiche e tali da inficiare, per la loro

8

“ratione temporis”, anteriore a quello introdotto

inconsistenza

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N. 131 TAI3. ALL. tA, N. 5

o evidente erroneità, lo stesso

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processo formativo della volontà decisionale.
Le spese processuali del presente giudizio di
legittimità, giusta soccombenza reciproca, vanno
integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso
principale ed il ricorso incidentale; dichiara

presente giudizio di legittimità.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 10/07/2013.
Il Presidente
Il Cons

iere est.

integralmente compensate tra le parti le spese del

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