Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20800 del 11/09/2013
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20800 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona
del Ministro p.t., ed Agenzia delle Entrate, in
persona del Direttore p.t., domiciliati in Roma Via
dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale
dello Stato, che li rappresenta e difende ex lege
– ricorrente –
91.0
contro
Mangini Gian Natale, elettivamente domiciliato in
Roma Via Tirso 90, presso lo studio dell’Avv.to
Giovanni Patrizi, che lo rappresenta e difende
unitamente e disgiuntamente all’Avv.to Cristina
Girardi in forza di procura speciale a margine del
controricorso
– controrícorrente –
avverso la sentenza n. 74/05/2006 della Commissione
Tributaria regionale della Liguria, depositata il
9/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 10/07/2013 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso
Data pubblicazione: 11/09/2013
per l’inammissibilità del ricorso del Ministero
dell’Economia e delle Finanze e per il rigetto del
ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 74 del 7/10/2005, depositata in
data 9/01/2006, la Commissione Tributaria Regionale
della
Liguria,
Sez.
5,
respingeva,
con
compensazione delle spese di lite, l’appello
Entrate Ufficio di Chiavari, avverso la decisione
n. 591/02/2002 della Commissione Tributaria
Provinciale di Genova, che aveva accolto il ricorso
di Mangini Giannatale contro un avviso di
accertamento sintetico, notificato nel dicembre
2001, con il quale, in applicazione dell’art.38 DPR
600/1973, sulla base di ritenuti incrementi
patrimoniali, indici di un’elevata capacità di
spesa, nel periodo dal 1995 al 2000 (in
particolare, l’acquisto di due immobili, alienati
dal padre al contribuente), venivano liquidate
maggiori imposte IRPEF, ILOR e Contributo SSN
dovute per l’anno 1995.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva il
gravame dell’Agenzia delle Entrate, in quanto
riteneva che il contribuente avesse provato,
“in
modo adeguato, la sussistenza dei presupposti di
inesistenza degli incrementi patrimoniali supposti
(contratto di mutuo, dismissioni patrimoniali)”,
essendo inoltre “fondato il fatto che le vendite da
padre a figlio non abbiano comportato reale
corresponsione di denaro se non l’accollo del
mutuo”,
tanto più trattandosi di “immobile in cui
entrambi, padre e figlio” convivevano.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo due
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proposto, in data 11/05/2004, dall’Agenzia delle
motivi, per violazione e/o falsa applicazione di
norme di diritto, ex art.360 n. 3 c.p.c. (Motivo l,
in relazione agli artt.38 DPR 600/1973 e 2697 e
2722 c.c.), e per omessa motivazione su fatti
decisivi, ex art.360 n. 5 c.p.c.(Motivo 2, in
relazione all’omesso esame della data, successiva
Agli acquisti,
per quelli
e dell’entità,
inferiore alle spese
delle operazioni di
affrontate,
all’omessa motivazione sulle ragioni poste a
sostegno della ritenuta natura gratuita delle
vendite da padre a figlio).
Ha resistito il contribuente con controricorso,
anche eccependo l’inammissibilità del ricorso, per
difetto di legittimazione attiva dell’Agenzia delle
Entrate ed omessa formulazione dei quesiti di
diritto ex art.366 bis c.p.c..
Motivi della decisione
Preliminarmente,
respinta
va
l’eccezione
pregiudiziale di parte controricorrente, formulata
ai sensi dell’art.366 bis c.p.c., trattandosi di
disposizione inoperante nella specie (l’onere di
formulazione nel ricorso per cassazione del
“quesito di diritto”,
prescritto dall’art. 366 bis
c.p.c., norma successivamente abrogata dall’art. 47
Legge 18.6.2009 n. 69, è stato infatti introdotto
dall’art. 6 del Dlgs 2.2.2006 n. 40 e la norma
trova pertanto applicazione esclusivamente ai
ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti
pubblicati a decorrere dalla data di entrata in
vigore dello stesso decreto, 2.3.2006, e prima del
4/7/2009, data di entrata in vigore della l. n.
69/2009, ipotesi che non ricorre nel caso di
specie,
essendo stata la sentenza impugnata
pubblicata nel gennaio 2006).
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disinvestimento allegate dal contribuente ed
L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con il
primo motivo, la violazione del disposto
dell’art.38 DPR 600/1973 e dei principi in materia
di onere della prova, in tema di patti aggiunti o
contrari al contenuto di un documento.
È stato affermato da questa Corte, con orientamento
che qui si condivide, che
“in materia di
accertamento dell’imposta sul redditi ed al fine
complessivo, secondo la previsione del D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, art. 38, la sottoscrizione
di un atto pubblico (nella specie: una
compravendita) contenente la dichiarazione di
pagamento di una somma di denaro da parte del
contribuente, può costituire elemento sulla cui
base determinare induttivamente il reddito da
quello posseduto, in base all’applicazione di
presunzioni semplici, che l’ufficio finanziario el
legittimato ad applicare per l’accertamento
sintetico, risalendo dal fatto noto e quello
ignoto, senza che possa ravvisarsi, nella
disposizione che consente l’esercizio di tale
potere, una violazione del principio costituzionale
della capacità contributiva, di cui all’art. 53
Cost.. In tale caso, infatti, è sempre consentita,
anche se a carico del contribuente, la prova
contraria in ordine al fatto che manca del tutto
una disponibilità patrimoniale, essendo questa
meramente apparente, per avere, l’atto stipulato,
in ragione della sua natura simulata, una causa
gratuita anziché quella onerosa apparente”
(Cass.
8665/2002, n. 5794/2001, n. 11300/2000).
Le presunzioni di maggior reddito formulate ai
sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, sono
presunzioni semplici, contestabili dunque con mezzi
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della determinazione sintetica del reddito annuale
di prova riferiti o alla esenzione di tale maggior
reddito da imponibilità o alla esistenza di
ritenuta alla fonte su di esso il tutto comprovato
da “idonea documentazione”
(art. 38, comma 6 cit.).
Nella specie, in presenza di documenti qualificati
quali i rogiti notarili, il contribuente si era
limitato ad opporre presunzioni di segno contrario
relative alla assenza della propria capacità
patrimoniali era inesistente, trattandosi per lo
più dell’acquisto di immobili da padre a figlio,
senza effettiva corresponsione di denaro,
presunzioni queste che non soddisfacevano, di per
sé sole, le precise richieste di prova documentale
contraria (cfr. Cass. 14778/2000; 20588/2005;
17202/2006; Cass. 22218/2008), derivanti dalla
norma citata.
Tuttavia il primo motivo del ricorso va comunque
respinto, potendo il contribuente contrastare le
presunzioni
“gravi, precise e concordanti”
dell’Ufficio attraverso una prova documentale, che,
nella specie, è consistita anche nell’allegazione
di operazioni di dismissione patrimoniale e del
contratto di mutuo, stipulato per l’acquisto di uno
degli immobili, quello adibito ad abitazione, pure
valutati dal giudice.
Con il secondo motivo,
implicante un vizio
motivazionale, in realtà, si censurano poi
esclusivamente valutazioni in fatto, espresse dai
giudici tributari in maniera logica ed esaustiva.
Il motivo è poi inammissibile, per difetto di
autosufficienza, non essendo riportati, nel
ricorso, nel dettaglio i disinvestimenti
patrimoniali dedotti dalla parte e privi di rilievo
secondo l’Ufficio.
5
contributiva, in quanto la spesa per incrementi
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– 5
N. 131 TAB. ALL
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La Corte rigetta il ricorso.
Le
spese
processuali,
liquidate
come
in
dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012,
attuativo della prescrizione contenuta nell’art.9,
comma 2 ° , d.l. 1/2012, convertito dalla 1. 271/2012
(Cass.S.U. 17405/2012), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte
liquidate in complessivi E 1.500,00, a titolo di
compensi, oltre E 200,00 per esborsi ed accessori
di legge.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 10/07/2013.
Il Pre ‘dente
Il Consi iere est.
ricorrente al rimborso delle spese processuali,