Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2080 del 29/01/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2080 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 11807-2007 proposto da:
L’AUTOMOBILE S.R.L.

00074140930,

in persona del

legale rappresentante in carica rag. MARIO VONCINI,
elettivamente domiciliata in ROMA presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata
e difesa dall’avvocato RENIER GIAN FRANCO con studio
2012
2047

in 33170 PORDENONE, VIA DEL MAGLIO 2 giusta delega in
atti;
– ricorrente contro
BARTHEL KLAUS,

titolare dell’impresa individuale

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Data pubblicazione: 29/01/2013

AUTOMOBILE

DI

KLAUS

BARTHEL,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso lo
studio dell’avvocato TANARI CAROLA, rappresentato e
difeso dall’avvocato GIOVANELLI MARCO giusta delega
in atti;

avverso la sentenza n. 201/2006 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 10/04/2006, R.G.N.
152/0/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2012 dal Consigliere Dott. ENZO
VINCENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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– con troricorrente –

RITENUTO IN FATTO
l. – Klaus Barthel, titolare dell’impresa individuale
Automobile di Klaus Barthel, conveniva in giudizio, dinanzi
al Tribunale di Pordenone, la società L’Automobile s.r.l.
per sentirla condannare, previa declaratoria di risoluzione
per inadempimento del contratto di compravendita di un

del doppio della caparra versata per l’acquisto del bene.
Ciò sul presupposto della mancata consegna dell’automezzo,
che era prevista entro il mese di dicembre, come stabilito
nella proposta contrattuale della venditrice del 4 dicembre
1995, accettata con fax del venditore datato 5 dicembre
1995.
La convenuta società contestava la domanda attorea e,
adducendo che la ditta Barthel non aveva provveduto a
ritirare il mezzo nel termine stabilito del 31 dicembre
1995, né a corrispondere il residuo prezzo, instava in via
riconvenzionale per la sua condanna al pagamento della
somma di lire 54.000.000.
L’adito Tribunale, istruita la causa anche con la
raccolta di prova testimoniale, accoglieva la domanda della
ditta Barthel, dichiarando risolto il contratto di
compravendita e condannando la società convenuta al
pagamento della somma della somma di euro 6.197,48.
2. – A seguito del gravame interposto da L’Automobile
s.r.1., la Corte di appello di Trieste, con sentenza
depositata il 10 aprile 2006, confermava la sentenza
impugnata e condannava l’appellante al pagamento delle
spese del grado.
La Corte territoriale rilevava che, secondo quanto
ritenuto dal primo giudice, la società venditrice non aveva
provato di aver consegnato l’autoveicolo, oggetto del
contratto, entro il dicembre 1995, né di aver comunicato
alla controparte, entro detto mese, di avere a disposizione
3

autoveicolo intercorso tra le medesime parti, al pagamento

il bene e “così invitato l’acquirente al ritiro”. A tal
riguardo non avevano influenza le deposizioni testimoniali,
che riferivano solo dell’episodio del 12 dicembre,
allorquando il veicolo, nonostante l’acquirente si fosse
presentato per il ritiro, non era ancora a disposizione.
Invero, solo provando che entro il mese di dicembre

avvisato l’acquirente, la venditrice, che aveva ricevuto la
caparra, avrebbe dimostrato di non essere inadempiente. In
difetto di ciò, soggiungeva il giudice del gravame, l’unico
dato certo era quello della mancata consegna del bene
all’acquirente, che “mai palesò mancata volontà d’adempiere
alla sua obbligazione”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto
ricorso L’Automobile s.r.l. sulla base di due motivi,
illustrati da memoria.
Resiste con controricorso Klaus Barthel, titolare
dell’impresa individuale Automobile di Klaus Barthel.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – Con il primo mezzo è denunciata violazione e
falsa applicazione degli artt. 1385, 1476, 1510, 1498,
1182, 1183, 1184, 1460 e 2967 cod. civ. Il motivo è
assistito da quesito ex art. 366-bis cod. proc. civ.
La ricorrente deduce che, nei contratti di
compravendita mobiliare, obbligo del venditore è quello di
consegnare la cosa al compratore e che tale consegna
doveva, nella specie, avvenire presso la sede della società
L’Automobile s.r.l. alla fine di dicembre 1995, quale data
contrattualmente stabilita, che la ditta Barthel non poteva
pretendere che fosse anticipata. Non vi era dunque nessun
obbligo a carico della venditrice di informare che il bene
era pronto per la consegna o che fosse in suo possesso,
mentre era l’acquirente che, alla scadenza pattuita,

l’autoveicolo era a sua disposizione e che di ciò aveva

avrebbe dovuto presentarsi per ricevere il bene ed offrire
contestualmente il pagamento del prezzo.
1.1. – Il motivo è infondato.
Esso non coglie appieno la ratio

decidendi

della

sentenza impugnata, la quale, diversamente da quanto
dedotto con la doglianza (e senza che essa si fondi

intercorso tra le parti, trascrivendone le clausole di
immediata rilevanza), ha considerato che la consegna del
bene doveva avvenire “entro il mese di dicembre 1995” e che
tale consegna non avvenne mai, ciò nonostante, peraltro,
che l’acquirente si fosse anche presentato presso la sede
della società venditrice (in ossequio a quanto disposto
dall’art. 1510 cod. civ.) per il ritiro dell’autoveicolo il
12 dicembre 1995. Sicché, una volta riscontrata la mancata
consegna del bene entro la pattuita scadenza, quale
inadempimento dell’obbligo a carico del venditore (art.
1476 cod. civ.), risulta corretta l’affermazione del
giudice di merito per cui era onere della venditrice
provare le circostanze atte a dimostrare che
l’inadempimento non era ad essa imputabile (art. 1218 cod.
civ.), nella specie dando prova di un comportamento
improntato alla buona fede e correttezza nell’avvisare
l’acquirente – che aveva provveduto al versamento di
caparra e che aveva dimostrato la sua intenzione di
adempiere presentandosi per il ritiro del veicolo – che
quest’ultimo era a disponibile per la consegna non oltre il
mese di dicembre 1995.
In definitiva, la sentenza impugnata ha correttamente
applicato il principio – enunciato autorevolmente da Cass.,
sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533 e che costituisce
diritto “vivente” – secondo cui, in tema di prova
dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che
agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento
5

sull’esplicitazione del contenuto puntuale dell’accordo

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del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare
la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il
relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera
allegazione della circostanza dell’inadempimento della
controparte, mentre il debitore convenuto è gravato
dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui

2. – Con il secondo mezzo è prospettata omessa
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, nonché violazione e falsa applicazione di norme
di diritto. Il motivo è assistito da quesito ex art. 366bis cod. proc. civ.
La ricorrente assume di aver fornito la prova, tramite
la testimonianza resa dal proprio dipendente che aveva
trattato la vendita del veicolo per cui è causa, che il
bene compravenduto rimase a disposizione dell’acquirente
“dalla data prevista per la consegna per almeno tre mesi ma
che,

ciò

nonostante, la Klaus Barthel non andò mai a

ritirarla”.
Tale circostanza decisiva, emergente dal verbale
d’udienza del giudizio di primo grado in data 5 febbraio
2002, sarebbe stata del tutto ignorata dal giudice di
appello.
2.1. – Il motivo è inammissibile.
Lo è, anzitutto, là dove è prospettata la violazione,
ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.,
degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., giacché trattasi di
norme attinenti alla materia della valutazione delle prove,
per cui la relativa lesione è apprezzabile, in sede di
ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione
di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
(Cass., 12 febbraio 2004, n. 2707; Cass., 20 giugno 2006,
n. 14267).

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pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento.

E’, altresì, inammissibile in riferimento al dedotto
vizio di motivazione (nel quale, in definitiva, la
doglianza complessivamente si risolve).
Anzitutto, esso difetta della necessaria specificità,
contravvenendo al principio secondo cui “la parte che
denunci in sede di legittimità la mancata valutazione, da

testimoniali ha l’onere di riprodurre nel ricorso il tenore
esatto della risultanza processuale il cui omesso o
inadeguato esame è censurato, e ciò al fine di rendere
possibile alla Corte di cassazione, sulla base del solo
ricorso e senza necessità di indagini integrative non
consentite, di valutare la pertinenza e la decisività di
quelle risultanze” (tra le tante, Cass., 21 ottobre 2003,
n. 15751).
In ogni caso va osservato che la Corte territoriale ha
preso in considerazione la censura mossa dalla società
appellante alla sentenza di primo grado in ordine alla
mancata piena considerazione delle dichiarazioni rese dal
teste da essa indicato, assumendo però che tutta
l’espletata prova testimoniale era incentrata unicamente
sull’episodio del 12 dicembre 1995, “quando effettivamente
la vettura non era a disposizione” e, pertanto, non
assumeva rilievo dirimente rispetto ad una consegna da
effettuarsi “entro” il mese di dicembre.
Sicché, a fronte dell’anzidetto accertamento compiuto
dalla Corte territoriale, sorretto da motivazione adeguata
e priva di vizi logici e giuridici, il ricorrente, lungi
dall’evidenziarne deficienze intrinseche, ha inteso
addivenire ad una non consentita rivalutazione delle
emergenze processuali al fine di conseguirne una lettura ad
esso favorevole, ma diversa da quella fornita dal giudice
di merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti
del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne
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parte del giudice di merito, di prove documentali o

l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le
risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare
i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro
mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla
legge in cui un valore legale è assegnato alla prova stessa
(tra le altre, Cass., 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., 6

3. – Il ricorso va, quindi, rigettato e la società
ricorrente condannata, in quanto soccombente, al pagamento
delle spese del grado, liquidate come in dispositivo, in
favore del controricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
rigetta il ricorso;
condanna la società L’Automobile s.r.l. al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità in favore
di Klaus Barthel, titolare dell’impresa individuale
Automobile di Klaus Barthel, che liquida in complessivi
curo 2.100,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 11 dicembre 2012.

marzo 2008, n. 6064).

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