Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 208 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 208 Anno 2014
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AZIENDA SERVIZI SANITARI A.S.S.

n.

6 – FRIULI

OCCIDENTALE, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, viale Liegi n. 14, presso l’avv. Giuseppe
Cignitti, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Giuseppe
Campeis, giusta delega in atti;

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– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli

Data pubblicazione: 09/01/2014

Venezia Giulia n. 148/10/06, depositata 1’8 febbraio 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 ottobre
2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
uditi l’avv. Giuseppe Campeis per la ricorrente e l’avvocato dello Stato
Diego Giordano per la controricorrente;
udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale dott. Umberto Apice, il
quale ha concluso, in via principale, per la rimessione degli atti al Primo

per l’accoglimento dell’ottavo motivo del ricorso, rigettati i restanti.
Ritenuto in fatto
1. L’Azienda per i servizi sanitari n. 6 Friuli Occidentale ha proposto
ricorso per cassazione, basato su otto motivi, avverso la sentenza della
Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia indicata in
epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello principale dell’Ufficio,
è stato negato alla ricorrente, per l’anno 2001, il diritto all’agevolazione
della riduzione alla metà dell’IRPEG, prevista, fra l’altro in favore degli
“enti ospedalieri”, dall’art. 6, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 601 del 1973.
Il giudice a quo, premesso che nella fattispecie si tratta pacificamente di
redditi di fabbricati, di terreni e di capitale, non riferibili all’attività
assistenziale e sanitaria dell’ente, ha ritenuto che l’agevolazione anzidetta
non è estensibile alle aziende sanitarie locali, le quali svolgono, rispetto agli
enti ospedalieri, anche altre attività e tenuto conto che si tratta di
agevolazione di natura soggettiva, da riferire, quindi, ai soli enti ospedalieri,
tuttora esistenti; la norma agevolativa per le a.s.l. è, pertanto, solo quella di
cui all’art. 88, comma 2, lett. b), del TUIR.
2. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
3. La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza per
omessa pronuncia sulla censura di illegittimità dell’avviso di accertamento
per difetto di motivazione, censura disattesa dal giudice di primo grado e
riproposta dalla contribuente con appello incidentale.
Con il secondo motivo si lamenta, in subordine, qualora si ritenga che la
questione anzidetta sia stata implicitamente respinta, il difetto assoluto di
motivazione sul punto.
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Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite e, in subordine,

1.2. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili: il primo
perché deve ritenersi che il giudice d’appello abbia implicitamente rigettato
la doglianza di difetto di motivazione dell’atto impugnato, trattandosi di
questione avente carattere preliminare rispetto all’esame del merito della
pretesa tributaria e dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto
quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente
esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della

secondo perché, in caso appunto di rigetto implicito, la ricorrente avrebbe
dovuto in questa sede proporre un motivo di ricorso denunciando la relativa
violazione di legge.
2.1. Con la terza e la quarta censura, la ricorrente deduce la violazione
dell’art. 6, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 601 del 1973 e vizio di
motivazione, ponendo il quesito se l’agevolazione ivi prevista (riduzione
alla metà dell’IRPEG) per gli “enti ospedalieri” e per gli enti “di assistenza
sociale” debba essere riconosciuta anche alle aziende sanitarie locali, le
quali, peraltro, svolgono, oltre all’attività di assistenza ospedaliera, anche
attività oggettivamente assistenziale e, quindi, rientrano nell’ambito
applicativo della norma, che prevede un’agevolazione di carattere oggettivo.
Con il quinto motivo, la questione è riproposta sotto il profilo del vizio di
motivazione.
Con il sesto motivo, denunciando violazione degli artt. 99 e 112 cod.
proc. civ. e 2 e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, si chiede “se i giudici di
appello, conoscendo di fatti non enunciati dalle parti, in concreto non posti a
base dell’atto impositivo e ponendo a fondamento della decisione norme
non invocate dalle stesse”, abbiano violato le disposizioni indicate, con
conseguente nullità della sentenza.
Con la settima doglianza, deducendo vizio di motivazione e violazione
dell’art. 2697 cod. civ., è denunciata la violazione del principio dell’onere
della prova, sostenendosi che spetta all’Ufficio contestare le circostanze di
fatto in base alle quali l’attività in concreto svolta dalla contribuente non
rientri tra quelle agevolate previste dal citato art. 6 del d.P.R. n. 601/73.
2.2. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente in quanto strettamente
connessi, sono infondati (tranne il sesto che è inammissibile per assoluta
genericità del quesito di diritto).
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pronuncia (tra le altre, Cass. nn. 16788 del 2006, 20311 del 2011); il

La questione di fondo da essi posta, che è di puro diritto, è stata
recentemente esaminata da questa Corte con la sentenza n. 20249 del 2013, i
cui principi il Collegio intende qui ribadire.
Gli enti ospedalieri furono costituiti con la legge 12 febbraio 1968, n.
132, il cui art. 2 prevedeva che “sono enti ospedalieri gli enti pubblici che
istituzionalmente provvedono al ricovero ed alla cura degli infermi” (primo
comma) e che gli stessi “possono, inoltre, istituire, anche fuori della sede

prevenzione di malattie sociali e del lavoro, centri per il recupero
funzionale, e compiere ricerche e indagini scientifiche e medico-sociali in
ordine al conseguimento degli scopi istituzionali” (quarto comma).
La legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario
nazionale, introdusse le unità sanitarie locali (definite, all’art. 10, come “il
complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi dei comuni, singoli o
associati, e delle comunità montane i quali in un ambito territoriale
determinato assolvono ai compiti del servizio sanitario nazionale”). L’art.
14 della legge attribuì alle unità sanitarie locali, oltre all’assistenza
ospedaliera, una vasta serie di altri compiti.
Infine, il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (e successive modificazioni) ha
stabilito che: “in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le
unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica
pubblica e autonomia imprenditoriale” (art. 3, comma 1 bis); “per specifiche
esigenze assistenziali, di ricerca scientifica, nonché di didattica del Servizio
sanitario nazionale, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi
1 bis e seguenti, possono essere costituiti o confermati in aziende,
disciplinate dall’articolo 3, gli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico di diritto pubblico” (art. 4, comma 1); “gli ospedali che non siano
costituiti in azienda ospedaliera conservano la natura di presidi dell’unità
sanitaria locale” (art. 4, comma 9).
Dall’esposto quadro normativo, come succedutosi nel tempo, discende
che deve negarsi l’equiparazione tra “enti ospedalieri” e “aziende sanitarie
locali”, nel senso che queste ultime, per finalità e compiti, costituirebbero,
in sostanza, con diverso nome, la continuazione dei primi. Come si è detto,
infatti, da un lato, alle a.s.l. sono state assegnate, oltre all’assistenza
ospedaliera, attività e funzioni nuove e diverse, e, dall’altro, i “vecchi” enti
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dell’ospedale, ambulatori, dispensari, consultori, centri per la cura e la

ospedalieri mantengono una loro autonomia, o in quanto costituiti in
“aziende ospedaliere”, o quali “presidi” ospedalieri nell’ambito delle a.s.l.
L’art. 6, comma 1, del d.P.R. n. 601 del 1973, del resto, nell’elencare i
soggetti a favore dei quali l’IRPEG è ridotta alla metà – a condizione che
abbiano personalità giuridica: comma 2 -, ha mantenuto, alla lettera a), la
originaria dizione “enti ospedalieri” pur dopo la sua sostituzione operata con
il d.l. n. 331 del 1993 (convertito in legge n. 427 del 1993), in epoca

Ne deriva, in conclusione, che l’agevolazione in esame, tanto più in
quanto espressamente inserita tra quelle di “carattere soggettivo”, non è
applicabile alle aziende sanitarie locali, neanche in via di interpretazione
estensiva.
Alle aziende sanitarie locali resta, invece, applicabile la previsione di cui
all’art. 74, comma 2, lett. b), del TUIR (già art. 88), secondo il quale, in
tema di IRPEG, non costituisce esercizio di attività commerciale
“l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti
pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le aziende sanitarie
locali”. Al riguardo va ribadito il consolidato principio della giurisprudenza
di questa Corte, secondo cui il reddito fondiario degli immobili strumentali
utilizzati in relazione a tali attività non subisce la “trasformazione” in
reddito d’impresa ex art. 40, primo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986, con
la conseguenza che il reddito complessivo va determinato in maniera
atomistica, sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come
espressamente dispone l’art. 108 del d.P.R. citato (Cass. nn. 29176 del 2008
e, da ult., 3346 del 2013).
3.1. Con l’ottavo ed ultimo motivo, la ricorrente denuncia l’omessa
pronuncia del giudice d’appello sulla domanda, rimasta assorbita in primo
grado e riproposta in appello, di non applicabilità delle sanzioni, ai sensi
dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, per obiettive condizioni di
incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione dell’art. 6, comma 1,
lett. a), del d.P.R. n. 601 del 1973.
Il motivo è fondato.
3.2. Questa Corte ha più volte affermato il principio secondo il quale, in
tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie,
l’incertezza normativa oggettiva, che costituisce causa di esenzione del
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successiva, quindi, alla riforma sanitaria del 1992.

contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula una
condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui
destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del
risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa,
riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per
la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa
qualificata, e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico

ragionevolezza di una determinata interpretazione. Tale verifica è
censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, non implicando un
giudizio di fatto, riservato all’esclusiva competenza del giudice di merito,
ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti proposta in
riferimento a fatti già accertati e categorizzati nel giudizio di merito (tra le
tante, Cass. nn. 24670 del 2007, 19638 del 2009, 2192, 4685, 13457 e
18434 del 2012, 3245 e 6190 del 2013).
Va aggiunto che, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale,
alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del
processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., qualora i
giudici di merito non si siano pronunciati su una questione di mero diritto,
ossia non richiedente nuovi accertamenti di fatto, la Corte può decidere la
questione purché su di essa si sia svolto il contraddittorio, dovendosi
ritenere che l’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ, come modificato
dall’art. 12 della legge n. 40 del 2006, attribuisca alla Corte di cassazione
una funzione non più soltanto rescindente ma anche rescissoria e che la
perdita del grado di merito resti compensata con la realizzazione del
principio di speditezza (Cass. nn. 5139 e 24914 del 2011, 8622 del 2012).
Ciò posto, il Collegio ritiene che nella fattispecie in esame sussistano i
presupposti per dichiarare non applicabili le sanzioni, ai sensi del citato art.
6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997 (nonché dell’art. 8 del d.lgs. n. 546
del 1992 e dell’art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000).
Non può, infatti, negarsi — come ha ritenuto lo stesso giudice a quo,
riconoscendo la “difficoltà interpretativa” della questione — che, in
conformità alle conclusioni del P.G. (il quale, peraltro, ha chiesto in via
preliminare la rimessione della questione alle sezioni unite),
l’individuazione della esatta portata applicativa del termine “enti
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soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la

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ospedalieri”, adoperato dall’art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973, presenta
oggettive difficoltà, come risulta dal percorso argomentativo sopra esposto
al par. 2.2, nel quale si è dovuto ricorrere ad una ricostruzione storicosistematica della normativa di settore.
4. In conclusione, va accolto l’ottavo motivo di ricorso e rigettati i
restanti; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo
accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va
5. Sussistono giusti motivi, per le ragioni già esposte, per disporre la
compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.
La Corte accoglie l’ottavo motivo di ricorso, rigetta i restanti, cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito,
dichiara non dovute le sanzioni.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma il 16 ottobre 2013.

decisa nel merito, dichiarando non dovute le sanzioni.

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