Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20791 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/09/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 30/09/2020), n.20791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO FILIPPO – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28664/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

T.G., (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv.

PICIOCCHI PIETRO, elettivamente domiciliato presso il suo studio in

Genova, Via Assarotti, 48/6;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Liguria, n. 188/2018 depositata in data 27 febbraio 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 27 febbraio 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il contribuente T.G. ha impugnato un avviso di accertamento induttivo a termini del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art 55, relativo a IVA, IRPEF e altre imposte, con il quale erano stati accertati i ricavi relativi al periodo di imposta dell’anno 2009 e sottratti i costi forfetariamente determinati, contestando preliminarmente la violazione del contraddittorio e nel merito la fondatezza della pretesa impositiva.

La CTP di Genova ha accolto il ricorso e la CTR della Liguria, con sentenza in data 27 febbraio 2018, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello violato il contraddittorio endoprocedimentale relativamente all’IVA, avendo il contribuente enunciato le ragioni che avrebbe potuto far valere laddove il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato. Quanto agli altri tributi, la CTR ha accolto nel merito la domanda del contribuente, ritenendo che i corrispettivi ricevuti costituiscono il saldo di lavori fatturati nell’anno 2008, nonchè ritenendo che l’entità dei ricavi accertati induttivamente in relazione all’anno 2009 fosse incompatibile con i ricavi dichiarati nel 2008, anche alla luce della circostanza in fatto che il contribuente ha cessato l’attività nel 2009.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a tre motivi, resiste con controricorso il contribuente.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto violato il contraddittorio limitatamente all’IVA, per avere il ricorrente assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede endoprocedimentale. Deduce il ricorrente che le ragioni addotte dal contribuente, ove fossero state dedotte in sede amministrativa, non avrebbero avuto attitudine ad orientare diversamente le determinazioni dell’Ufficio.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistente nella circostanza in fatto che il contribuente svolgesse regolare attività imprenditoriale nel 2009. Deduce il ricorrente come il contribuente non avesse chiuso la partita IVA nell’anno 2009 e come nel 2009 egli avesse ricevuto un bonifico da un suo cliente e, ciò nonostante, non avesse predisposto alcuna dichiarazione dei redditi, senza dare alcuna evidenza di quali sarebbero state le risorse che avrebbe destinato al proprio autosostentamento.

1.3 – Con il terzo motivo si deduce violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 41 e 39, nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto che la fattura ricevuta dal cliente (condominio) fosse relativa ad altro anno di imposta. Deduce il ricorrente che il bonifico relativo all’anno 2009 non sarebbe stato utilizzato dall’Ufficio quale elemento indiziario per la ricostruzione di ricavi e reddito.

2 – Il primo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non ritrascrive nel ricorso quali sarebbero le questioni che, se dedotte preventivamente, non avrebbero comunque distolto l’Ufficio dal procedere all’accertamento.

2.1 – Il motivo è, in ogni caso, infondato, posto che il giudice di appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui in tema di IVA, il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, opera anche nell’ipotesi di accertamenti cd. a tavolino, nel qual caso il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo (Cass., Sez. VI, 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass., Sez. VI, 27 luglio 2018, n. 20036; Cass., Sez. U., 9 dicembre 2015, n. 24823). Nella specie, il giudice di appello ha espressamente accertato in fatto che il contribuente ha “assolto nel giudizio di primo grado, all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato”, con accertamento in fatto incensurabile in sede di legittimità.

3 – Quanto al secondo e al terzo motivo, va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso nel suo complesso per formazione del giudicato interno, per non avere il ricorrente impugnato la statuizione, secondo cui sarebbe improbabile l’ammontare dei ricavi accertati (pari ad Euro 42.163,20), a fronte di ricavi dichiarati l’anno precedente per Euro 20.544,00, nè la successiva statuizione secondo cui il bonifico che ha fatto da innesco all’accertamento non sarebbe un incarico conseguito nel 2009, in quanto affermazioni dirette a rafforzare l’infondatezza nel merito dell’accertamento e non costituenti una autonoma ratio decidendi.

4 – Il secondo e il terzo motivo, i quali vanno valutati congiuntamente, sono – così riformulandosi l’originaria proposta del relatore – fondati nei termini che seguono.

4.1 – Nelle ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, la legge abilita l’Ufficio delle imposte a servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo, consentendo all’Ufficio di utilizzare presunzioni semplici prive dei requisiti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3; nel qual caso, incombe sul contribuente l’onere della prova contraria, che, non essendo tipizzata, può essere offerta con qualsiasi mezzo idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale dell’elemento valutato (Cass., Sez. V, 22 marzo 2017, n. 7258).

4.2 – L’Agenzia delle Entrate ha, pertanto, addotto come indici presuntivi la mancata chiusura della partita IVA e l’esecuzione di un bonifico da parte di uno dei clienti, elementi che – unitamente alla mancata presentazione di una dichiarazione dei redditi e, quindi, alla prova dell’assenza di prova di redditi che consentissero al contribuente di autosostenersi – hanno portato l’Ufficio a procedere nelle forme dell’accertamento con metodo induttivo.

4.3 – Rispetto a tale metodo di accertamento, il bonifico in oggetto non è stato utilizzato come fonte per la ricostruzione dei ricavi ma, unitamente alla mancata chiusura della partita IVA, come fonte di innesco del procedimento. Invero, le circostanze della mancata chiusura della partita IVA e dell’omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dei redditi in presenza di una partita IVA ancora aperta costituiscono circostanze decisive ai fini dell’innesco dell’accertamento, che vanno valutati ai fini della legittimità dell’accertamento in oggetto.

5 – La sentenza di appello, nella parte in cui ha omesso l’esame di tali due circostanze, non ha fatto buon governo di tali principi.

5.1 – Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al secondo e al terzo motivo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio al giudice a quo, al quale è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo; accoglie il secondo e il terzo motivo e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Liguria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

 

 

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