Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20790 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/09/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 30/09/2020), n.20790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28641/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

G.S. (C.F.);

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia, Sezione Staccata di Catania, n. 3031/05/2017 depositata in

data 17 agosto 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 27 febbraio 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il contribuente G.S. ha impugnato il diniego di rimborso del 90% degli importi versati a titolo di IRPEF e ILOR per i periodi di imposta degli anni 1990 – 1992, a fronte di istanza depositata in data 27 marzo 2008, quale contribuente colpito dal sisma del dicembre 1990 che aveva interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, per il quale era maturato il diritto alla restituzione delle imposte pagate a termini della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17.

La CTP di Ragusa ha accolto il ricorso e la CTR della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, con sentenza in data 17 agosto 2017, ha rigettato il ricorso dell’Ufficio, osservando che la L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 665, consente al contribuente, ove titolare di reddito da partecipazione, di godere della suddetta agevolazione, non svolgendo attività di impresa e non essendo rilevante la circostanza che la somma richiesta a rimborso sia stata versata tramite ritenute operate dal sostituto di imposta.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a tre motivi, l’intimato non si è costituito in giudizio.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1 – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 18,19 e 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la sentenza di appello non ha ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo per mancanza nell’istanza di rimborso del quantum richiesto e della prova di aver versato quanto chiesto in restituzione all’Erario.

1.1 – Il primo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non offre elementi per ritenere che la questione sia stata trattata nel giudizio di merito, non risultando dalla sentenza impugnata la trattazione della questione, nè essendo indicato nel ricorso in quale fase processuale la questione sarebbe stata trattata.

1.2 – E’ principio comunemente affermato che, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, al fine di consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di scendere all’esame del merito della censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804).

2 – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, della VI Dir. n. 77/388/CEE come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia UE del 17 luglio 2018, C-132/06, dell’ordinanza della Sesta Sezione della Corte di Giustizia UE del 15 luglio 2015, C82/14, degli artt, 107,108 TFUE, nonchè della Decisione della Commissione Europea C (2015) 5549 final del 14 agosto 2015, nonchè per violazione del Reg. (UE) n. 1407 del 2013, del 18 dicembre 2013 in relazione agli artt. 11 e 117 Cost., per avere ritenuto che i redditi da partecipazione, in quanto redditi di impresa, possano essere oggetto di rimborso. Deduce il ricorrente che i soggetti che svolgono attività di impresa non possono godere di agevolazioni fiscali, stante la richiamata Decisione della Commissione Europea c (2015) 5549, in quanto agevolazioni costituenti aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno, nella parte in cui estendono le agevolazioni ai soggetti imprenditoriali. Rileva che, sotto questo specifico profilo, deve intendersi quale impresa anche il lavoratore autonomo, rientrando tale contribuente nel concetto di impresa Eurounitaria. Deduce, infine, il ricorrente che il contribuente non avesse specificato nella richiesta di rimborso l’origine delle imposte perle quali richiedeva il rimborso.

2 – Il motivo, diversamente dalla proposta del relatore, è fondato sotto il profilo della denunciata falsa applicazione di legge.

2.1 – Il ricorrente evidenzia dalla espressione utilizzata dal giudice di appello “reddito da partecipazione” la circostanza in fatto che il contribuente sia titolare di redditi di impresa, deducendo che tale circostanza risulterebbe dalla dichiarazione dei redditi presentata per i suindicati periodi di imposta.

2.2 – Il reddito da partecipazione non costituisce autonoma categoria reddituale bensì, stante l’espressione contenuta nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 47 (utili di partecipazione) in tema di redditi di capitale, tipologia di redditi, non equiparabile in quanto tale al reddito di impresa, ma che può essere qualificato come reddito di impresa laddove si tratti di reddito di partecipazione per l’esercizio di una attività di impresa in forma associata, come in caso di società di persone (Cass., Sez. V, 31 ottobre 2018, n. 27830).

2.3 – Ciò posto, la CTR non ha compiuto tale accertamento in concreto, non avendo verificato di quale reddito da partecipazione si tratti nel caso di specie e se lo stesso costituisca o meno reddito di impresa, essendosi invero limitata a statuire apoditticamente e in astratto che il ricorrente non gode di redditi di impresa sul mero rilievo che egli sia titolare di reddito da partecipazione.

Il motivo va, pertanto, accolto, dovendosi verificare di quale reddito da partecipazione si tratta e, in particolare, se e in che termini non si verta in tema di reddito di impresa.

3 – Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. 20 giugno 2017, n. 91, conv. dalla L. 3 agosto 2017, n. 123, art. 16-octies, nella parte in cui riduce o esclude il rimborso spettante, deducendo come la normativa sopravvenuta costituisca ius superveniens applicabile, trattandosi di sentenza pronunciata successivamente all’entrata in vigore della novella.

3.1 – Il motivo è infondato, avendo questa Corte affermato il principio secondo cui il richiamato ius superveniens non incide sul diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è il controricorrente, in quanto riguardante i limiti delle risorse stanziate, che hanno rilevanza sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate in fase esecutiva o di ottemperanza (Cass., Sez. VI, 22 febbraio 2018, n. 4291), conformemente al principio secondo cui, in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (Cass., Sez. V, 16 dicembre 2019, n. 33657; Cass., Sez. VI, 11 novembre 2019, n. 29041; Cass., Sez. VI, 16 ottobre 2019, n. 26130; Cass., Sez. V, 26 settembre 2019, n. 24019; Cass., Sez. VI, 20 marzo 2019, n. 7729).

4 – Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al secondo motivo, cassandosi la sentenza con rinvio al giudice a quo, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, rigetta il terzo, accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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