Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2079 del 28/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 28/01/2011), n.2079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACOLANE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.R.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 56/31/06, depositata il 23 novembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dr. Biagio Virgilio.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 56/31/06, depositata il 23 novembre 2006, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata l’illegittimità dell’avviso di accertamento notificato a P.R. per IRPEF ed ILOR relative al 1995.

Il contribuente non si è costituito.

2. Il primo motivo, con il quale si chiede a questa Corte se “l’omessa risposta ai questionari previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 4, costituisca grave presunzione di attività non dichiarate desumibile dal raffronto tra le percentuali di ricarico applicate e quelle medie del settore e, conseguentemente, legittimi l’accertamento induttivo emesso su quella base dall’Ufficio D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d)”, appare inammissibile per difetto di autosufficienza, poichè non riporta testualmente la parte del ricorso in appello in cui la questione ora sollevata – della quale nella sentenza impugnata non v ‘è menzione alcuna – era stata proposta al giudice d’appello (peraltro, la censura andava prospettata, in ipotesi, quale omessa pronuncia).

Il secondo motivo appare a sua volta inammissibile perchè, denunciando l’insufficienza della motivazione, è del tutto privo del momento di sintesi richiesto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, dall’art. 366 bis c.p.c..

3. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata all’Avvocatura Generale dello Stato;

che non sono state presentate conclusioni scritte da parte del p.m., mentre ha depositato memoria la ricorrente.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, senza che a diversa conclusione siano idonee ad indurre le argomentazioni esposte nell’anzidetta memoria;

che, in particolare, va aggiunto, in ordine al primo motivo, che la questione con esso posta risulta nuova, poichè, come rilevato nella relazione, della stessa non v’è cenno in sentenza; e, quanto al secondo motivo, che la giurisprudenza di questa Corte è assolutamente consolidata nel richiedere, in ordine ai motivi riconducibili all’art. 360 c.p.c., n. 5, che essi contengano una chiara indicazione riassuntiva, sintetica ed autonoma del fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria o delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, senza che ciò sollevi dubbi di legittimità costituzionale (anche in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della CEDU) (ex plurimis, Cass. nn. 2652 e 8897 del 2008, 27680 del 2009);

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2011

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