Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20788 del 05/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/09/2017, (ud. 22/06/2017, dep.05/09/2017),  n. 20788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13040/2016 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA Piazza CAVOUR

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE PIERFRANCESCO MUSSUMECI;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA (C.F. (OMISSIS)), in persona del suo

legale rappresentante ad negotia, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA BELISARIO, n. 8, presso lo studio dell’avvocato MARCO GIANNONE,

che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente

all’avvocato CATERINA PRINCIPATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 384/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 22/06/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso affidato a tre motivi, F.F. ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Torino, in data 9 marzo 2016, che accoglieva il gravame proposto dalla Unipolsai Assicurazioni S.p.A. avverso la decisione del Tribunale di Vercelli, ritenendo (diversamente dal primo giudice) che il F. non aveva fornito prova del fatto costitutivo della pretesa di indennizzo assicurativo, ossia il furto della propria autovettura Porsche e, segnatamente, che la macchina gli era stata sottratta, da parte di ignoti, il (OMISSIS);

che resiste con controricorso UNIPOLSAI ASS.NI S.P.A.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

a) con il primo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 1909 c.c., per errata applicazione dei principi in materia di riparto dell’onere della prova, in violazione delle norme regolatrici del giusto processo;

a.1) il motivo è inammissibile;

– lo è, ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., comma 1, n. 1, là dove la censura è rivolta a contestare l’applicazione dell’art. 2697 c.c., non contrastando affatto l’orientamento consolidato di questa Corte (Cass. n. 8198/2013; Cass. n. 4234/2012), per cui, “in tema di assicurazione della responsabilità civile, qualora l’assicuratore, convenuto per l’adempimento del contratto, alleghi l’esclusione della garanzia, come delimitata alla luce dei criteri normativi di interpretazione del contratto, risolvendosi detta allegazione non nella proposizione di un’eccezione in senso proprio, ma nella mera contestazione della mancanza di prova del fatto costitutivo della domanda, egli non assume riguardo all’oggetto della copertura assicurativa alcun onere probatorio, che resta, perciò, immutato a carico dell’attore”;

– in ogni caso e in via comunque assorbente, è inammissibile in quanto le doglianze in parte non colgono la ratio decidendi (in quanto la Corte d’Appello non ha riformato la sentenza di primo grado per effetto dell’accertamento del dolo o della colpa grave provata dall’appellante ex art. 1909, bensì per assenza di dimostrazioni circa il fatto materiale costitutivo del diritto all’indennizzo assicurativo e cioè l’avvenuto furto dell’autovettura) e in parte alludono all’esistenza di fatti non contestati (in ordine alla verificazione di detto furto) senza dare alcuna adeguata contezza di come si sia effettivamente dispiegato, al riguardo, il thema decidendum nel giudizio di merito, altresì mancando di localizzare (ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) i contenuti rilevanti degli atti processuali pertinenti;

b) con il secondo mezzo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727,2729 c.c. e art. 116 c.p.c., nonchè insufficienza ed illogicità della motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5: in particolare, la Corte d’Appello, nell’esaminare la documentazione di causa, ha ignorato elementi che avrebbero accertato il verificarsi dell’evento furto da parte di ignoti;

b.1) il motivo è inammissibile: con esso non si evidenzia affatto alcun error in indicando quanto all’applicazione delle norme in tema di prova per presunzioni, bensì si aggredisce la motivazione sotto il profilo della sua insufficienza ed illogicità, per una supposta carente valutazione delle risultanze probatorie, ossia alla stregua di vizi non più denunciabili in queta sede ai sensi del vigente n. 5 dell’art. 360 c.p.c., nella specie applicabile ratione temporis;

c) con il terzo mezzo è dedotto il vizio di motivazione in ordine al pagamento della somma da corrispondere, assumendosi che il giudice di secondo grado, pur riformando integralmente la sentenza del Tribunale, non avrebbe motivato la propria decisione in ordine al pagamento nei confronti della BMW Group;

c.1) il motivo è inammissibile, giacchè non solo introduce una censura – di vizio motivazionale e non di omesso esame di fatto storico – non più denunciabile in questa sede (per le ragioni anzidette), ma, prima ancora, perchè pretermette del tutto di prendere in considerazione la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha chiaramente evidenziato le ragioni della riforma della sentenza di primo grado (ossia, che non poteva essere disposto un pagamento in favore di un terzo – BMW – estraneo al giudizio, là dove nel contratto di assicurazione era previsto che l’indennizzo dovesse essere corrisposto esclusivamente all’assicurato);

che il ricorso (le cui ragioni sono sostanzialmente ribadite con la successiva memoria, che, del resto, come tale, non potrebbe comunque integrarne e/o emendarne le carenze e/o i vizi) va, pertanto, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 2.300,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2017

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