Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20786 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20786 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 19055-2008 proposto da:
E GROUP ITALIA SPA IN LIQUIDAZIONE in persona del
Liquidatore e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI MONTI
PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato COREA
ULISSE, rappresentato e difeso dall’avvocato
2013

PIGNATONE ROBERTO giusta delega in calce;
– ricorrente –

1679
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 71/2007 della COMM.TRIB.REG.

Data pubblicazione: 11/09/2013

di MILANO, depositata il 18/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

In integrale riforma della appellata sentenza la Commissione tributaria
della regione Lombardia, accogliendo la impugnazione dell’Ufficio Milano
2 della Agenzia delle Entrate ha dichiarato legittimo l’avviso di

veniva contestata alla società la indebita detrazione dell’IVA su cinque
fatture emesse da Win Data s.r.l. in relazione ad operazioni di cessione di
beni ritenute “soggettivamente” inesistenti, e veniva irrogata la sanzione
pecuniaria prevista dall’art. 5co4 Dlgs n. 471/1997.
I Giudici di merito ritenevano esente da vizi di legittimità l’avviso di
accertamento in quanto: 1-correttamente emesso sulla base di presunzioni,
ai sensi dell’art. 54co5 Dpr n. 633/72, 2-motivato “per relationem” al PVC
regolarmente allegato all’atto impositivo notificato; 3-contenente un
apprezzamento di condivisione delle risultanze emergenti dal PVC.
Quanto al rapporto tributario, I Giudici territoriali rilevavano che
l’Ufficio aveva individuato numerosi, gravi e concordanti indizi della
natura di “cartiera” svolta da Win Data sii., corroborati anche dalla
sentenza penale emessa dal GIP ai sensi dell’art. 444 c.p.p. nei confronti del
legale rapp.te della società cartiera.
Quanto alla sanzione pecuniaria i Giudici territoriali ritenevano che la
unicità del documento escludesse un obbligo di autonoma motivazione,
mentre quest’ultima si palesava inutile ai fini della individuazione dei
criteri di commisurazione della sanzione essendo stata questa irrogata nel
minimo edittale.

1
RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

accertamento emesso nei confronti di E-Group Italia s.r.l. con il quale

Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione la
società con atto notificato alla Agenzia delle Entrate in data 15.7.2008 ed
affidato a sei motivi.
Non ha resistito l’Agenzia delle Entrate.

1. Il primo motivo con il quale si censura la sentenza in relazione ad

“error in judicando” ex art. 360co1 n. 3) c.p.c., per non aver rilevato che i
commi 3 e 5 dell’art. 54 Dpr n. 633/72 -nel testo vigente alla data 1642004 di
notifica degli avvisi- sarebbero tra loro interdipendenti sicché l’accertamento
parziale di cui al comma 5 al pari dell’accertamento in rettifica di cui al
comma 3 (che consente di prescindere dalla previa ispezione della contabilità
d’impresa laddove “risulti in modo certo e diretto e non via presuntiva” l’esistenza di
maggiori operazioni imponibili o la inesistenza di detrazioni indicate in
dichiarazione) non potrebbe essere eseguito sulla base di presunzioni, deve
ritenersi infondato in considerazione:
del chiaro ed inequivoco testo normativo dell’art. 54co5 Dpr n.
633/72 che non prevede espressamente la limitazione probatoria
invece disposta nel precedente comma 3
della diversa “ratio legis” che fonda i due tipi di accertamento: nel
primo caso, infatti, l’accertamento è di tipo globale (in quanto riferito
all’intera attività d’impresa esercitata nel periodo d’imposta, come
rappresentata nella dichiarazione annuale IVA) e la limitazione probatoria
si giustifica in relazione alla superfluità di procedere, ai fini della
7 i t,

rettifica della dichiaratile IVA, alla ispezione delle scritture
obbligatorie da parte dell’Ufficio, in presenza di “prove dirette” dei
fatti che determinano la maggiore imposta rispetto a quella indicata
nella dichiarazione; nel secondo caso invece l’accertamento è di tipo
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RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Co i.\
livieri
Stefan

Motivi della decisione

parziale, in quanto non pregiudica il potere della Amministrazione
finanziaria di procedere a successivo accertamento globale, ovvero
ad altri accertamenti parziali
della interpretazione fornita da questa Corte, dell’art. 54co5 Dpr n.
633/72, che ha posto in evidenza la diretta corrispondenza di tale
accertamento con quello ordinario di cui ai commi 1 e 2 del

parziale non indica che l’oggetto sia limitato a singoli elementi, né
che esso sia caratterizzato da provvisorietà rispetto a quello
ordinario, ma soltanto, che in base alla formula normativa usata,
l’imposizione è fondata su segnalazioni provenienti da determinate
fonti di conoscenza (soggetti esterni all’Ufficio finanziario procedente)
nonché implicitamente in grado, in forza di un c.d. automatismo

argomentativo, di fornire, in base ad una verifica elementare,

gli

elementi di contenuto dell’atto” (cfr. Corte eass. V sez. 4.8.2010 n.
18065) ed “il fatto che la

“verifica” sia stata espressamente inclusa

tra i relativi presupposti solo con la modifica della predetta
disposizione da parte dell’art. 1, comma 406, della legge 30
dicembre 2004, n. 311, non esclude che, anche in precedenza,
l’accertamento parziale potesse basarsi su una verifica generale,

non richiedendosi all’uopo necessariamente una segnalazione del
centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari,
della Guardia di finanza e di pubbliche amministrazioni o enti
pubblici, in quanto la segnalazione costituisce solo l’atto di
comunicazione che consente l’accertamento, distinto dall’attività
istruttoria, anche se di modestissima entità, da esso necessariamente
presupposta” (cfr. Corte cass. V sez. 5.2.2009 n. 2761; i.V sez. 22.1.2010
n. 1150. Vedi anche Corte cass. V sez. 12.3.2008 n. 6574 e 15.9.2009 n.
19822 secondo cui l’accertamento parziale può essere compiuto rilevando la
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RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Co
st.
Stefah Olivieri

medesimo articolo 54, in quanto “la nozione di accertamento

infedeltà della dichiarazione “anche direttamente dal suo contenuto,
secondo il criterio generale dell’art. 54” non occorrendo che vengano
acquisiti elementi trasmessi da altre autorità).

1.1 Consegue che la univoca corrispondenza istituita dalla ricorrente tra il
comma 5 ed il comma 3 è priva di fondamento in quanto la limitazione

disposizione del comma 3 non concerne affatto il tipo (parziale o globale)
di accertamento, quanto piuttosto la estensione dell’oggetto della verifica:
qualora gli accertatori prescindano dal controllo delle scritture contabili,
l’accertamento, sia esso globale o parziale, andrà comunque incontro al
limite della prova, di cui al comma 3, delle operazioni imponibili non
dichiarate o delle detrazioni d’imposta non spettanti.
E’ dunque errato in diritto, oltre che genericamente formulato, l’assunto
della società ricorrente posto a fondamento del motivo di ricorso in esame
secondo cui “le ipotesi di cui al successivo quinto comma presuppongono
la superfluità della ispezione contabile”, non essendo stato neppure
specificato quale estensione abbiano avuto le attività di verifica, di
controllo e di indagine della Guardia di Finanza e dell’Ufficio accertatore.

2.

Il secondo motivo con il quale si denuncia la violazione e falsa

applicazione dell’art. 56 Dpr n. 633/72 e dell’art. 7 legge n. 212/2000 è
infondato.
La tesi della ricorrente secondo cui allegata all’avviso di accertamento
notificato alla contribuente vi era una mera “segnalazione” e non anche un
processo verbale di constatazione, e che gli elementi indicati nell’atto
allegato risultavano inidonei ad assolvere compiutamente il requisito
motivazionale dell’atto impositivo prescritto a pena di nullità, oltre ad
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RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Con st.
ivieri
Stefan

probatoria (divieto di utilizzo della prova presuntiva) prevista nella

essere fondata sulla astratta ed irrilevante distinzione attribuita al mero
“nomen juris” dell’atto allegato, risulta smentita dallo stesso contenuto
della “segnalazione” che individua gli elementi fattuali su cui è fondata la
pretesa tributaria nelle peculiari modalità con le quali operava Win Data
s.r.l. (società “fantasma” che agiva interponendosi fittiziamente tra i fornitori e gli
acquirenti ed emettendo fatture per operazioni realmente condotte tra detti soggetti)

il quale aveva riferito che la contribuente era cliente di Win Data s.r.l. e che
le cinque fatture da quest’ultima emesse ed utilizzate da E-Group Italia
s.p.a. (già Eletec sii.) si riferivano a merce proveniente ed effettivamente
fornita da un’altra società (Olidata s.p.a.).
La circostanza che la “segnalazione” sia stata trasmessa all’esito di altre
indagini, compendiate in un diverso PVC, svolte dalla Guardia di Finanza
nei confronti di Win Data s.r.l. e non della contribuente, non inficia
minimamente il requisito motivazionale di validità dell’avviso di
accertamento, in quanto nella specie non risulta -e neppure è stato allegatoche l’atto impositivo e l’allegata “segnalazione”, mediante rinvio operato
con una doppia “relatio” ad ulteriori elementi indiziari, contenuti in altri
atti di indagini non allegati, impedissero la chiara individuazione dei
presupposti di fatto e delle ragioni di diritto posti a fondamento della
pretesa tributaria: in proposito vale ribadire il principio enunciato da questa
Corte secondo cui l’obbligo di allegazione dell’atto o documento al quale è
disposta la “relatio” riviene il suo carattere necessitato nella “funzione
integrativa” delle ragioni che, per l’Amministrazione finanziaria,
sorreggono l’atto impositivo, con la conseguenza che non si estende a
quegli atti, pur indicati nell’avviso di accertamento o in altri documenti a
questo allegati, che non rivestono carattere essenziale in quanto non
svolgono alcuna funzione esplicativa “dei presupposti di fatto e delle
ragioni giuridiche” sui quali è fondata la determinazione dell’Ufficio
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RG n. 19055/2008
tic. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Cons st.
Stefand Mivien

e nelle dichiarazioni, assunte a verbale, dell’amministratore di tale società,

tributario (cfr. Corte cass. V sez. 18.12.2009 n. 26683 “il contribuente ha, infatti,
diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale
motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si
faccia rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la
motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero
valore “narrativo’), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti

(almeno

nell’atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell’avviso sotto tale profilo, non
basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto
impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte
del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad
integrarne la motivazione”).

Orbene anche a ritenere la “segnalazione” un mero estratto parziale del
PVC redatto nei confronti di Win Data s.r.1., la ricorrente non ha specificato
a quali elementi indispensabili alla conoscenza delle ragioni della pretesa,
in ipotesi contenuti nell’integrale PVC, rinviasse la “segnalazione” allegata
all’avviso di accertamento, con la conseguenza che il motivo di ricorso
risulta del tutto carente anche in relazione al requisito di specificità ex art.
366co l n. 4) c.p.c.

3. Il terzo motivo con il quale si censura la sentenza per vizio di omessa
pronuncia (art. 112 c.p.c.) in relazione all’art. 360co1 n. 4) c.p.c., sul
motivo di appello incidentale concernente la “illegittimità dell’atto
impositivo per contraddittorietà della contestazione”, deve ritenersi
inammissibile.

3.1 H vizio di “omessa pronuncia” si configura laddove il Giudice di
merito non abbia assolto all’onere stabilito dall’art. 112 c.p.c. di provvedere
-fornendo la necessaria “regula juris”- alla definizione di tutta la domanda o
della eccezione proposta dalla parte.
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RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Co‘, /st.

nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato

Ne segue che tale vizio di legittimità

si configura soltanto in riferimento a domande ed eccezione che
introducono questioni di merito e che comportano una statuizione di
accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad eccezioni
pregiudiziali di rito (cfr. Corte cass. III sez. 23.1.2009 n. 1701)

va correlato ad “ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere

bene, all’attore od al convenuto” (cfr. Corte cass. V sez. 16.5.2012 n.
7653) e non si configura, pertanto, in ogni caso di mancanza di una

espressa statuizione del Giudice di merito, ma soltanto nel caso in
cui “sia completamente omesso il provvedimento che si palesa
indispensabile in riferimento alla soluzione del caso concreto”,
ipotesi da ritenersi esclusa le volte in cui la impostazione logicogiuridica della decisione, in quanto fondata su elementi incompatibili
con quelli assunti a fondamento della domanda/eccezione, ne
comporti necessariamente un “implicito” rigetto (cfr. Corte cass. I sez.
9.5.2007 n. 10636; id. I sez. 10.5.2007 n. 10696; id. sez. lav. 21.7.2006 n.
16788; id. Il sez. 4.10.2011 n. 20311).

Rimane invece esclusa la configurabilità di un vizio di omessa pronuncia
ex artt. 112 c.p.c e 360co1 n. 4) c.p.c. nel caso in cui la doglianza della
parte abbia ad oggetto il mancato esame da parte del Giudice di merito di
“una o più delle questioni giuridiche” addotte dalla parte a sostegno della
propria domanda od eccezione (cfr. Corte eass. III sez. 11.5.2012 n. 7268),
ovvero il mancato esame di istanze istruttorie (cfr. Corte cass. SU 18.12.2001
n. 1582; id. III sez. 11.2.2009 n. 3357) ovvero di circostanza di fatto provate in

t
giudizio ed inerenti alla fattispecie costituiva del diritto controverso,
traducendosi tali omissioni, non nella mancanza di una statuizione
comunque idonea -indipendentemente dalla correttezza della soluzione adottata- a
definire l’oggetto della controversia come risultante dalle domande ed
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RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Con st.
livieri
Stefan

l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un

eccezioni delle parti, ma in differenti vizi di legittimità attinenti ad errori
nella individuazione od applicazione delle norme di diritto, da impugnare in
relazione al paradigma dell’art. 360co l n. 3) c.p.c., ovvero in vizi logici
della motivazione, attinenti alla inesatta o lacunosa od incongrua
ricostruzione della fattispecie concreta, deducibili ai sensi dell’art. 360co1
n. 5) c.p.c. (cfr. Corte cass. I sez. 28.9.2004 n. 19416; id. I sez. 27.1.2006 n.

3.2 Nel caso di specie la società viene a censurare la “mancata pronuncia”
della CTR sul punto concernente la contestata efficacia della prova,
inficiata secondo la ricorrente dalla emersione di indizi contraddittori, di un
“fatto secondario” (nella specie la mancanza di predisposizione da parte di Win
Data s.r.l. dei mezzi occorrenti al trasporto della merce), con la conseguenza che

non viene affatto in questione il vizio processuale di “omessa pronuncia” su
di una domanda, quanto piuttosto l’asserito errore di valutazione della
efficacia dimostrativa di uno degli elementi indiziari che hanno condotto
tale giudice a concludere per la natura fittizia della interposizione di Win
Data s.r.1., e dunque un errore tipicamente riconducibile ad una “quaestio
facti” che andava dedotto in relazione al diverso parametro di legittimità di
cui al’art. 360co l n. 5) c.p.c., con la conseguenza che il motivo di ricorso si
palesa inammissibile per difetto di identificazione del preteso errore del
Giudice di merito (cfr. Corte cass. I sez. 27.1.2006 n. 1755; id. SU 27.10.2006 n.
23071; id. III sez. 19.1.2007 n. 1196; id. 11 17.12.2009 n. 26598), oltre che per

mancata specificazione della decisività dell’elemento probatorio in
questione avuto riguardo all’intero complesso indiziario evidenziato dalle
indagini della Guardia di Finanza.

4.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 19

Dpr n. 633/72 sostenendo che il diritto alla detrazione IVA, come
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RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Cons.
Stefano ivieri

1755; id. III sez. 29.8.2011 n. 17698).

riconosciuto dalla VI Direttiva del Consiglio 17.5.1977 n. 77/388/CEE,
applicabile “ratione temporis” non può essere in alcun modo limitato nel
caso in cui, come nella specie, il cessionario fosse in buona fede e sia
rimasto del tutto estraneo alle attività fraudolente realizzate da altri
soggetti.

4.2 Occorre premettere che il diritto alla detrazione ex art. 19 Dpr n.
633/1972 non può prescindere dalla regolarità delle scritture contabili ed in
specie dalla fattura che in tema di IVA è documento idoneo a rappresentare
un costo dell’impresa, come si evince chiaramente dall’art. 21 del d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, che ne disciplina il contenuto, prescrivendo tra l’altro
l’indicazione dell’oggetto e del corrispettivo di ogni operazione
commerciale.
Pertanto, nella ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad
operazioni inesistenti (in tale nozione dovendo essere ricondotte non soltanto le
ipotesi di mancanza assoluta dell’operazione fatturata, ma anche ogni tipo di
divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, ivi compresa
l’ipotesi di inesistenza soggettiva, nella quale, pur risultando i beni entrati nella
disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzatrice delle fatture che ha regolarmente
versato il corrispettivo, venga accertato che uno o entrambi i soggetti del rapporto
documentato dalla fattura siano falsi: cfr. Corte cass. V sez. n. 6378 del 22/03/2006;
id. V sez. n. 29467 del 17/12/2008; id. V sez. n. 7672 del 16/05/2012; id. V sez. n.
23074 del 14/12/2012), non spetta al contribuente provare che l’operazione è

effettiva, ma spetta all’amministrazione, che adduce la falsità del
documento, provare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in
realtà non è mai stata posta in essere (cfr. Corte cass. V sez. 12.12.2005 n.
27341; id. V sez. n. 12802 del 1010612011). Tale prova è raggiunta se

l’amministrazione fornisca validi elementi -alla stregua dell’art. 54 comma 2
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RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

4.1 H motivo è infondato.

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633-, che possono anche assumere la consistenza di

attendibili indizi, per affermare che alcune fatture sono state emesse per
operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, ovvero che -ai sensi dell’art.
54 comma 3 del medesimo decreto- dimostrino “in modo certo e diretto” la
“inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla
detrazione” (prova che può essere data anche attraverso “i verbali relativi

sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni
contestate (cfr. Corte cass. V sez. 19.10.2007 n. 21953; id. V sez. 11.6.2008 n.
15395; id. V sez. 7.2.2008 n. 2847). Pertanto, il giudice tributario di merito,

investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto
impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli
elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione
dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma
solo per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in

un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di
gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della
prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli
articoli 2727 e ss. e 2697 comma 2 c.c. (cfr. Corte cass. V sez. 23.4.2010 n.
9784 ; id. V sez. n. 4306 del 23/02/2010)

4.3 Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, riconducibile
alle cd. “frodi carosello” (caratterizzate dal fatto che la merce acquistata dal
contribuente che esercita il diritto alla detrazione IVA proviene in realtà da soggetto
diverso da quello interposto o cd. “fantasma” che ha emesso la fattura incassando
l’IVA ed omettendo poi di versarla all’Erario), la giurisprudenza di questa Corte

ha stabilito che, una volta fornita dalla Amministrazione finanziaria la
prova della interposizione fittizia della società “cartiera o fantasma” nella
operazione commerciale effettivamente posta in essere dal

lo
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ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti”). In tal caso passerà

cessionario/committente con un diverso soggetto -cedente/prestatore- che
non figura nella fatturazione (l’Amministrazione finanziaria “è tenuta a
dimostrare, in primo luogo, gli elementi di fatto della frode, attinenti il cedente,
ovvero la sua natura di “cartiera”, la inesistenza di una struttura autonoma
operativa, il mancato pagamento dellIVA come modalità preordinata al
conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e in secondo luogo, la

prova certa ed incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici, purchè dotate del
requisito di gravità, precisione e concordanza, consistenti nella esposizione di
elementi obiettivi tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e
mediamente esperto sull’inesistenza sostanziale del contraente”: cfr. Corte cass. V
sez. n. 10414 del 12/05/2011; id. V sez. n. 23560 del 20/12/2012), spetta al

contribuente (cessionario/committente) che ha portato in detrazione l’IVA
fornire la prova contraria che l’apparente cedente/prestatore non è un mero
soggetto (fittiziamente) interposto e che la operazione è stata “realmente”
conclusa con esso, non essendo tuttavia sufficiente a tale scopo la regolarità
della documentazione contabile esibita e la mera dimostrazione che la
merce sia stata effettivamente consegnata o che sia stato effettivamente
versato il corrispettivo, “trattandosi di circostanze non concludenti,

la

prima in quanto insita nella stessa nozione di operazione soggettivamente
inesistente, e la seconda perché relativa ad un dato di fatto inidoneo di per
sé a dimostrare l’estraneità alla frode” (cfr. Corte cass. V sez. 24.7.2009 n.
17377; id. 20.1.2010 n. 867; id. 11.3.2010 n. 5912; id. V sez. n. 12802 del
10/06/2011. Giurisprudenza costante: id. 3.12.2001 n. 15228, id. 6.2.2003 n. 1779,
id. 23.12.2005 n. 28695, id. 23.3.2007 n. 7146).

4.5 Nella specie richiamando le risultanze della verifica svolta dalla
Guardia di Finanza nei confronti di Win Data s.r.l. -dalle quali emergeva che
detta società era priva di mezzi finanziari e di organizzazione aziendale idonei ad
esercitare l’attività d’impresa, non aveva mai versato imposte né presentato
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RG n. 19055/2008
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connivenza nella frode da parte del cessionario, non necessariamente, però, con

dichiarazioni fiscali, non si era procurata né aveva incaricato terzi per il trasporto
della merce che veniva pertanto solo “formalmente” —secondo la rappresentazione
fornita dalla documentazione contabile- acquistata da fornitori di altri Stati membri e
rivenduta a clienti italiani- l’Amministrazione finanziaria ha ampiamente

assolto all’onere di fornire indizi seri e precisi a supporto della pretesa
tributaria fondata sulla natura fittizia della interposizione svolta da Win

sulla società contribuente l’onere di dimostrare che le operazioni
commerciali erano state effettivamente intrattenute con Win Data s.r.l. e
che tale società operava realmente sul mercato.

4.6 Occorre tuttavia considerare che anche qualora il soggetto passivo
non sia in grado di fornire la indicata prova contraria della effettività della
operazione conclusa con il soggetto interposto, non per questo l’acquirente
rimane automaticamente privato del diritto alla detrazione IVA, non
essendo tenuto a subire le conseguenze dei fatti illeciti realizzati da altri,
qualora non abbia in alcun modo partecipato alla frode perpetrata dal
soggetto interposto e dai fornitori ovvero dagli altri soggetti che sono
intervenuti nella catena delle cessioni a monte od a valle, come è stato
ripetutamente affermato dalla giurisprudenza comunitaria formatasi sulla
nozione di “buona fede” del soggetto passivo -da intendersi quale ignoranza
incolpevole in ordine agli accordi fraudolenti volti alla evasione del’ IVA intercorsi
tra il soggetto cedente/commissionario che ha emesso la fattura ed i soggetti
intervenuti nelle operazioni precedenti o successive- sulla quale è imperniato il

principio fondamentale del sistema comune dell’IVA che riconosce il
diritto alla detrazione IVA a tutti quei soggetti passivi che effettuino
operazioni di cessione di beni e di prestazioni di servizi nell’esercizio di
una attività economica (cfr. da ultimo Corte giustizia 6.9.2012 causa C-324/11,
Gabor Toth, punti 23-28; id. 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C-142/11,
Mahageben kft, e David), e che si sostanzia nel principio secondo cui “gli
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Cons.
Stefano livieri

Data s.r.l. tra i fornitori comunitari e gli acquirenti italiani, ricadendo quindi

operatori che adottano tutte le misure che si possono loro
ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le loro operazioni
non facciano parte della frode… devono poter fare affidamento sulla liceità
di tali operazioni senza rischiare di perdere il proprio diritto alla
detrazione dell’IVA pagata a monte” (cfr. Corte giustizia 11.5.2006, in causa
C-384/04, Federation of Technological Industries; id. sentenza 6.7.2006, cause

Come chiaramente è stato precisato dal Giudice di Lussemburgo, spetta
dunque alla Amministrazione finanziaria che contesti la inesistenza -anche
soggettiva- delle operazioni fatturate, dimostrare (anche in via presuntiva)
che il soggetto passivo “sapeva o avrebbe dovuto sapere

che con il proprio

acquisto partecipava ad una operazione che si iscriveva in una frode IVA”,
tanto potendo fare, sia dando la prova che tale soggetto era direttamente
coinvolto nel fatto illecito (rimanendo in tal caso escluso il diritto alla detrazione,
in base al principio di diritto comunitario secondo cui “gli interessati non possono
avvalersi abusivamente o fraudolentemente”

dei diritti loro riconosciuti

dall’ordinamento comunitario: Corte giustizia 6.7.2006, Kittel e Recolta, cit. punto
53 e 54), sia fornendo anche la prova indiretta della consapevolezza della

esistenza o del rischio di una frode, mediante indicazione di quegli elementi
oggettivi che, avuto riguardo alle concrete circostanze, avrebbero dovuto
indurre un normale operatore “eiusdem generis ac professionis” a
sospettare della irregolarità della operazione (dovendo in tal caso considerarsi il
soggetto passivo che “sapeva o avrebbe dovuto sapere”

come “partecipante a tale

frode, indipendentemente dalla circostanza che egli tragga o meno beneficio dalla
rivendita dei beni”: id. 6.7.2006, Kittel e Recolta, punto 56 e 57. Cfr. Corte cass. V
sez. 20.12.2012 n. 23560 che, dando atto dei principi espressi dalla giurisprudenza
comunitaria, ha affermato, con riferimento alla ipotesi di indebita detrazione IVA
relativa a fatture emesse per operazioni “soggettivamente” inesistenti, che spetta alla
Amministrazione finanziaria fornire la prova, anche indiziaria, che il contribuente
“sapesse o dovesse sapere” con l’uso della appropriata diligenza della evasione
13
RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Cons. e
Stefano OfNeri

riunite C-439/04 e C-440/04, Kittel e Recolta Recycling sprl, punto 51).

d’imposta o della frode perpetrata da altri soggetti ).

Una volta forniti tali

elementi oggettivi significativi dall’Amministrazione, si riversa sul
contribuente l’onere di provare di essersi trovato in una situazione di
oggettiva inconoscibilità delle pregresse operazioni fraudolente intercorse
tra il cedente ed i precedenti fornitori, oppure, nonostante l’impiego della
dovuta diligenza richiesta dalle specifiche modalità in cui si è svolta

di ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni degli altri soggetti
collegati all’operazione (cfr. Corte cass. V sez. n. 23074 del 14/12/2012; id. V
sez. n. 6229 del 13/03/2013 secondo cui “in ipotesi di fatturazione per operazione

soggettivamente inesistente risolventesi nella diretta acquisizione della prestazione
da soggetto diverso da quello che ha emesso fattura e percepito l’IVA in rivalsa, la
prova che la prestazione non è stata effettivamente resa dal fatturante, perché
sfornito di dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione,
costituisce, di per sé, idoneo elemento sintomatico dell’assenza di “buona fede” del
contribuente, poiché l’immediatezza dei rapporti (cedente o prestatore – fatturante cessionario o committente) induce ragionevolmente ad escluderne l’ignoranza
incolpevole circa l’avvenuto versamento dell’IVA a soggetto non legittimato alla
rivalsa, né assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta; con l’effetto che, in
tal caso, sarà il contribuente a dover provare di non essere a conoscenza del fatto
che il fornitore effettivo del bene o della prestazione era, non il fatturante, ma altri,
altrimenti dovendosi negare il diritto alla detrazione dell’IVA versata”).

4.7 Orbene il Giudice di merito, nella specie, ha escluso il diritto alla
detrazione conformandosi ai principi di diritto indicati.
Come risulta dalla sentenza appello e trova conferma anche dai
documenti allegati all’avviso di accertamento, riportati in stralcio a pag. 12
del ricorso, la negazione del diritto alla detrazione è stata fondata dai
Giudici di merito su specifici elementi oggettivi, ritenuti determinanti per
escludere la buona fede della ditta cessionaria: 1-la assenza di dotazioni di
14
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ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Se. v est.

Stef.

Olivieri

l’operazione contestata, di non essere stato in grado di abbandonare lo stato

mezzi e personale occorrenti a Win Data s.r.l. per esercitare l’attività
commerciale (elemento di carattere obiettivo, immediatamente rilevabile dai
soggetti che entrano in rapporti commerciali con detta società, e dunque sintomatico
della esclusione di una incolpevole ignoranza dell’acquirente: Corte cass. n.
622/2013 cit.); 2-le dichiarazioni dell’amministratore della Win Data s.r.1.,

imputato del reato di frode fiscale e nei cui confronti è stata pronunciata

“vecchio cliente” e che la merce rifornita in occasione della emissione delle
cinque fatture contestate era rifornita in realtà da Olidata s.p.a.; 3-la
anomalia delle modalità di pagamento seguite in occasione della operazione
(assegno alla consegna) non conformi alla corrente prassi commerciale del
settore (dilazioni tramite RID o bonifici bancari); 4-la non tracciabilità dei
pagamenti eseguiti mediante assegni non essendo dato verificare dalla
documentazione contabile della stessa ditta acquirente l’effettivo
beneficiario degli assegni.
A fronte di tali elementi oggettivi la società ricorrente si è limitata
soltanto a protestare la propria estraneità ed inconsapevolezza della frode,
senza tuttavia adempiere al relativo onere probatorio che sulla stessa
gravava, tanto in relazione alla “incolpevole ignoranza” della frode
perpetrata da Win Data s.r.1., quanto alle “misure precauzionali” adottate
alla stregua della dovuta diligenza per evitare che tramite la operazione
fosse realizzato il disegno criminoso.
Risulta, pertanto, del tutto infondata la critica mossa alla sentenza di
appello di aver pronunciato disattendendo i principi di diritto enunciati
dalla giurisprudenza comunitaria in ordine al diritto alla detrazione IVA del
soggetto passivo in buona fede, tenuto conto che proprio sulla esclusione
della buona fede della ditta acquirente risulta fondata la sentenza della CTR
lombarda.

15
RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Cons.
Stefano

ieri

sentenza ai sensi dell’art. 444 c.p.p., da cui risultava che l’acquirente era un

Il quinto motivo con il quale si deduce omessa, insufficiente e

5.

contraddittoria motivazione in punto di “valore probatorio delle sentenze
penali emesse nei confronti dl ‘amministratore legale (Cattaneo) e del
presunto amministratore di fatto (Tosi) di Win Data s.r.l.”, in relazione

all’art. 360co 1 n. 5) c.p.c., deve ritenersi inammissibile e, comunque,

5.1 Inammissibile in quanto:

difetta la formulazione sintetica del fatto controverso e delle ragioni
che inficiano la logicità della argomentazione richiesta dall’art. 366
bis c.p.c.

difetta inoltre l’indicazione dell’elemento della “decisività” ex art.
360co1 n. 5 c.p.c., nel senso che anche ad ipotizzare una elisione
(ipotesi che non è come di seguito precisato) tra la portata dei due
“accertamenti” compiuti n sede penale, la ricorrente non specifica in
alcun modo il nesso determinante tra il venir meno delle
dichiarazioni del Cattaneo ed il supporto argomentativo della
decisione: la ricorrente non spiega, infatti, in che modo la inefficacia
probatoria di tale indizio verrebbe a travolgere lo schema della prova
presuntiva (dimostrativa della natura di cartiera della società cedente e della
assenza di buona fede della società cessionaria) fondata su tutti gli altri

indizi gravi e concordanti posti a base della decisione.

5.2 il motivo è altresì infondato in quanto l’assunto secondo il quale
sussisterebbe contraddittorietà tra la valutazione della irrilevanza probatoria
della sentenza di non doversi procedere per insussistenza del fatto emessa
nei confronti dell’amministratore di fatto (Tosi) ed invece la rilevanza
accordata dai Giudici di merito alla sentenza cd. di patteggiamento emessa
nei confronti del rapp.te legale di Win Data s.r.l. (Cattaneo), pone a
16
RG n. 19055/2008
ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Co
Stefan

t.
livieri

manifestamente infondato.

raffronto elementi oggettivamente non comparabili: come evidenziato dal
Giudice di appello la prima delle due sentenze si è, infatti, limitata
all’accertamento della assenza di poteri gestionali di fatto in capo al Tosi,
come peraltro trova conferma anche nello stralcio della sentenza penale
riportata a pag. 23 del ricorso da cui risulta che alla chiamata in correità del
Tosi da parte del Cattaneo difettavano i necessari riscontri probatori
(indispensabili nel caso in cui le dichiarazioni accusatorie provengano “da soggetto
legislativamente ritenuto sprovvisto dei requisiti di disinteresse normalmente
attinenti ai testimoni”: cfr. sentenza penale in stralcio, pag. 23 ricorso); la seconda

sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. nei confronti di altro soggetto,
ritenuto l’effettivo esercente i poteri di gestione della società, è fondata
invece sul presupposto che i fatti-reato contestati nella imputazione non
hanno ricevuto alcuna smentita tale da escluderne con certezza la
insussistenza materiale o la non riferibilità all’imputato (la possibilità per il
Giudice di trarre elementi confermativi della responsabilità dalla sentenza penale di
applicazione della pena ex art 444 cod. proc. pen.,

deriva dalla considerazione

secondo cui tale sentenza “pur non determinando un accertamento insuperabile di
responsabilità nei giudizi civili e amministrativi, costituisce pur sempre un
indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito e, sebbene priva di efficacia
automatica in ordine ai fatti accertati, implica tuttavia l’insussistenza di elementi atti
a legittimare l’assoluzione dell’imputato e, quindi, può essere valutata dal giudice
contabile al pari degli altri elementi di giudizio”: Corte cass. SU 12.4.2012 n. 5756;
id. Sez. 2, Sentenza n. 26250 del 06/12/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 15889 del
20/07/2011 -con riferimento al giudizio disciplinare —; id. 6-3 sez. ord. 6.12.2011.

Cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 24587 del 03/12/2010, id. Sez. 5, Sentenza n.
10280 del 21/04/2008, id. Sez. U, Sentenza n. 17289 del 31/07/2006 -tutte con
specifico riferimento al giudizio tributario – ).

6. Manifestamente inammissibile e comunque infondato è il sesto motivo
con il quale si censura la sentenza per violazione dell’art. 17 Dlgs n.
17
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ric. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Con st.
livieri
Stef

.

472/1997 in ordine all’obbligo di motivazione dei provvedimenti di
irrogazione delle sanzioni pecuniarie tributarie per non aver rilevato la CTR
la nullità dell’atto irrogativo in mancanza di “alcun accenno ai profili di
colpevolezza, concorso e continuazione”.
Dalla sentenza impugnata e dai motivi del ricorso introduttivo
(riassunti a pag. 2 del ricorso per cassazione) non risulta che la società
abbia denunciato vizi di legittimità dell’avviso anche per omessa
motivazione in ordine ad una “eventuale” (pag. 25 ricorso cassaz.)
sussistenza di un concorso formale o di una continuazione di violazioni,
sicché la questione si palesa inammissibile in quanto deve ritenersi del tutto
nuova.
Inoltre il motivo, prospettando una questione meramente ipotetica
(“eventuale sussistenza…”), difetta di specificità ex art. 366co1 n. 4) c.p.c.,
ed è quindi inammissibile, non essendo neppure allegati dalla società gli
elementi di fatto che avrebbero richiesto l’applicazione dell’art. 12 Dlgs n.
472/1997.

6.1 11 motivo si palesa anche infondato in quanto l’art. 16co2 del Dlgs n.
472/97, applicabile anche in caso di “irrogazione immediata” ex art. 17
stesso decreto legislativo (senza preventiva contestazione dell’illecito mediante
notifica contestuale dell’atto impositivo e del provvedimento irrogativo), richiede

che l’atto notificato contenga la motivazione della sanzione, che deve
recare la indicazione dei fatti contestati, degli elementi probatori, delle
norme applicate, dei criteri di determinazione della entità delle sanzioni e
dei minimi edittali.
Orbene la CTR ha ritenuto, con argomentazione conforme a diritto, che
nel caso di contestuale notifica di atto impositivo ed irrogazione della
sanzione l’obbligo di motivazione era stato unitariamente assolto mediante
la descrizione dei fatti significativi della fittizietà soggettiva delle
18
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tic. E-Group Italia s.p.a. c/Ag.Entrate

Cons.
Stefan

vieri

/54TE DA REGISTRAZIONE
Ys.’4..1;5:i3r6
Ali SENSI DF.I..
N. 131 TA \’L
-.

MATFAIAT XIBT Atti A

operazioni condotte da Win Data s.r.l. e della conseguente indebita
detrazione delle fatture emesse dalla società interposta ed utilizzate dalla
società cessionaria, con conseguente violazione dell’art. 5 Dlgs n. 471/1997
(presentazione della dichiarazione con indicazione di imposta inferiore a quella
dovuta), e che non occorreva motivare anche sui criteri di determinazione

della sanzione in quanto era stato applicato il minimo edittale.

motivazione in ordine all’elemento soggettivo (colpa) dell’illecito
tributario, è sufficiente rilevare, per destituire di fondamento la critica, che
tale elemento, conformemente allo schema strutturale tipico degli illeciti
amministrativi, è correlato direttamente -in quanto presunto- alla violazione
dell’obbligo di condotta e dunque non necessita quindi di autonoma
motivazione.

7. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, non dovendo provvedersi
sulle spese del presente giudizio non avendo resistito la Agenzia intimata.

P.Q.M.
La Corte :
– rigetta il ricorso.

Così deciso nella camera di consiglio 14.5.2013

Per quanto riguarda, inoltre, la asserita necessaria carenza di

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