Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20783 del 14/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 14/10/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 14/10/2016), n.20783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25282-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato GAETANO BIANCO con studio in NAPOLI VIA ASCANIO 1

(avviso postale ex art. 135) con procura notarile del Not. Dr.

C.N. in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 61/2009 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

REGGIO CALABRIA, depositata il 03/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/09/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia ricorre avverso una decisione della Commissione tributaria che ha riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso della imposta pagata su una somma elargita a titolo di liquidazione di fine rapporto.

In particolare, il contribuente, dipendente di una banca privata, aveva con quest’ultima concordato una fine anticipata del rapporto di lavoro, in cambio di una contropartita in denaro, sulla quale però la banca ha trattenuto, come sostituto, l’imposta relativa.

Il contribuente, sul presupposto che la liquidazione pagata dalla banca non fosse tassabile, ha chiesto inutilmente il rimborso della somma trattenuta dal datore di lavoro. Ha impugnato il diniego di rimborso, e l’impugnazione è stata rigettata in primo grado, ma riconosciuta in secondo.

L’Agenzia propone ricorso avverso questa seconda decisione, eccependo la decadenza dal diritto al rimborso, e comunque la tassabilità della somma erogata.

Resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La sentenza impugnata riconosce che la somma elargita quale incentivo alla cessazione del rapporto di lavoro non è tassabile, e riconosce altresì che il termine per chiedere il rimborso dell’imposta trattenuta illegittimamente dal datore di lavoro è quello ordinario di prescrizione.

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

Ritiene che la sentenza impugnata ha errato nel ritenere che in caso di rimborso dell’imposta sulla somma data a titolo di incentivo da un datore di lavoro privato si applichi l’ordinario termine di prescrizione anzichè quello previsto dall’art. 38 (diciotto mesi dalla trattenuta).

il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha fatto applicazione di una regola (art. 37 stesso D.P.R.) che era relativa, ratione temporis, alle trattenute operate dallo Stato o dalle pubbliche amministrazioni, mentre per quanto riguarda quelle operate da privati in veste di sostituti di imposta si applica l’art. 38, con termine di decadenza di diciotto mesi.

E’ regola infatti affermata da questa Corte che: “in tema di rimborso delle imposte, il termine di decadenza, previsto DAL D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, ha portata generale, riferendosi a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto, e quindi ad errori tanto connessi ai versamenti quanto riferibili all'”an” o al “quantum” del tributo”. (Cass. n. 16617 del 2015).

Regola poi espressa in termini specifici proprio nel caso di somme erogate a titolo di incentivo all’esodo: “in caso di ritenute alla fonte operate dal datore di lavoro (nella specie, sulle somme erogate a titolo di incentivo all’esodo), il termine di decadenza D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 38 per la presentazione dell’istanza di rimborso in caso di versamenti diretti decorre dal versamento del saldo solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza delle somme anticipatamente corrisposte rispetto all’ammontare del tributo complessivamente dovuto al momento del saldo ovvero alla successiva determinazione in via definitiva dell'”an” e del “quantum” dell’obbligazione fiscale, mentre non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in acconto ove questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, poichè, in tale ipotesi, l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sussistono sin dall’inizio”. (Cass. n. 27136 del 2014).

E’ pacifico che la domanda di rimborso è stata fatta nel (OMISSIS), a fronte di ritenute di acconto del (OMISSIS).

L’accoglimento del primo motivo rende assorbito l’esame del secondo.

Il ricorso va pertanto accolto, e le spese seguono la soccombenza, quanto al giudizio di legittimità, ma possono compensarsi le spese dei giudizi di merito, non essendosi ancora consolidata, quando quei giudizi si svolsero, la giurisprudenza vigente sulla questione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Condanna il contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessive 1800,00 Euro, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2016

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