Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20780 del 05/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/09/2017, (ud. 02/02/2017, dep.05/09/2017),  n. 20780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20771-2015 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PALI STRO 78,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA RANIERI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FERNANDO NINO TRIGGIANI;

– ricorrente –

contro

DIRPA SCARL IN AMMNISTRAZION1 STRAORDINARIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 437/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 19/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2017 dal Consigliere Dott. ARMANO ULIANA.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

Il Tribunale di Ancona, sezione agraria, ha rigettato l’opposizione a precetto notificato a F.F. dalla Dirpa Scarl in forza di una sentenza della stessa sezione agraria con cui il F. era stato condannato a rimborsare alla controparte Dirpa Scarl le spese di causa.

La Corte d’appello di Ancona ha confermato la decisione di primo grado, sul rilievo che era certa la identificazione soggettiva della società che aveva azionato il credito e che l’atto di precetto era sottoscritto da difensori muniti di valida procura.

Inoltre ha ribadito che una sentenza, ancorchè impugnata,non perde la sua esecutorietà in forza dell’art. 282 c.p.c..

Non si è difesa Dirpa Scarl in amministrazione straordinaria. Propone ricorso F.F. con un motivo.

Non presenta difese la società intimata.

La causa è stata trattata nella camera di consiglio non partecipata della sesta sezione civile a seguito di proposta di inammissibilità formulata dal relatore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. F.F. impugna la sentenza con un articolato motivo con cui elenca una serie di censure senza indicare le norme violate o applicate male, in base a quale articolo si dovrebbe dichiarare la nullità della sentenza e del procedimento; formula una censura di vizio di motivazione e denunzia omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 83 c.p.c., ed agli artt. 161 e 159 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4, e 5.

2. La Corte di appello ha affermato che è certa l’identità soggettiva della società che ha azionato il credito e che la successiva vicenda della soggezione ad amministrazione straordinaria della Dirpa non è idonea ad incidere sulla identità soggettiva della persona giuridica. Inoltre che non è contestato che l’atto di precetto è stato sottoscritto da difensori con valida procura alle liti rilasciata a suo tempo in forza di mandato speciale a margine dell’atto di costituzione in giudizio e quindi non è in discussione la riferibilità dell’atto di precetto alla Dirpa.

3. Tale motivazione non è adeguatamente censurata con l’impugnazione che denunzia una inammissibile vizio di motivazione senza tenere conto che il vizio di motivazione oggi denunciabile in sede di legittimità,in virtù dell’applicazione al procedimento del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5, in considerazione della data di pubblicazione della sentenza, ha limiti ben precisi che il ricorrente non ha rispettato.

A fronte di motivazione adeguata, non ha indicato il fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti, che la Corte dell’impugnazione avrebbe omesso di valutare.

Le norme violate non sono indicate neanche nel corpo del motivo, dove si deduce una retroattiva perdita dei efficacia della procura per la messa in amministrazione della società che l’aveva regolarmente sottoscritta, senza fornire fondamento normativo a tale tesi giuridica.

Conclusivamente il ricorso deve dichiararsi inammissibile.

Nulla per le spese stante l’assenza dell’intimata.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Risultando dagli atti che il procedimento è esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2017

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