Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20779 del 21/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 21/07/2021), n.20779

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 1049/2014, proposto da:

Agenzia dell’Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, ope legis, dall’Avvocatura Generale

dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

A.L., rappresentata e difesa dall’avv.to Leonardo Vernillo,

presso il quale è elettivamente domiciliata, in Latina, in Piazza

B. Buozzi, n. 9, giusta mandato in atti;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 591/40/12 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, depositata in

data 13/11/2012;

udita la relazione svolta dal Consigliere Rosita d’Angiolella nella

camera di consiglio del 24 febbraio 2021.

 

Fatto

RITENUTO

che:

L’Ufficio di Latina dell’Agenzia delle entrate effettuava una verifica fiscale nei confronti della società RML ICE s.r.l. della quale A.L. era socia al 50% con il coniuge F.R.. A seguito della verifica veniva emesso avviso a carico della società con il quale si accertava, per l’anno di imposta 2004, un maggior reddito di impresa pari ad Euro 322.509,32. Tale avviso diveniva definitivo per mancanza di impugnazione.

L’Agenzia delle entrate notificava alla socia della società a ristretta base azionaria, A.L., avviso di accertamento, con il quale, tenuto conto della quota di partecipazione del 50% da questa posseduta nella società RML ICE s.r.l., rettificava il reddito complessivo derivante ai fini Irpef, recuperando a tassazione un maggior reddito di capitale pari ad Euro 161.254,37.

Con sentenza n. 591/40/12, depositata il 13/11/2012, non notificata, la CTR del Lazio, sezione distaccata di Latina, respinse l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Latina che aveva a sua volta accolto il ricorso della contribuente, A.L., avverso l’avviso di accertamento, per l’anno 2004, con il quale l’Ufficio aveva rettificato il reddito imponibile rispetto a quello dichiarato dalla contribuente.

L’avviso era stato notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c., e la CTR, confermando la sentenza dei primi giudici, aveva ritenuto che la notifica era affetta da nullità assoluta ed insanabile, per mancato perfezionamento della procedura notificatoria e che, conseguentemente, la pretesa fiscale era inefficace; rilevava, altresì, che non giovava la circostanza che trattavasi di avviso riguardante la distribuzione di utili extracontabili ai soci di società a ristretta base azionaria.

Avverso la sentenza della CTR, l’amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

A.L. ha resistito con controricorso ed a ridosso dell’udienza ha presentato memoria ex art. 380 bis1 c.p.c..

Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto procuratore Giacalone Giovanni, ha presentato conclusioni scritte, in forma di memoria, con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso L’Agenzia dell’entrate deduce la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere i secondi giudici ricavato l’inefficacia della pretesa fiscale dalla nullità della notifica. Osserva che, secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, nel caso di avviso di accertamento non notificato ritualmente, l’atto d’imposizione tributaria rimane efficace laddove il contribuente ne abbia avuto conoscenza.

Con il secondo mezzo deduce la violazione degli artt. 140 e 156 c.p.c., là dove la CTR non ha considerato che, la notificazione dell’avviso di accertamento ex art. 140 c.p.c., ove non siano state compiute tutte le formalità previste dalla legge, non è inesistente ma nulla e rimane sanata con effetto ex tunc dalla tempestiva proposizione del ricorso avverso l’avviso di accertamento.

Con il terzo motivo, l’Agenzia delle entrate ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha rilevato che la constatazione dell’Ufficio in ordine alla compagine sociale a ristretta base familiare (coniugi al 50%), non era “prova valida in ordine alla distribuzione ai soci dei maggiori utili accertati in capo alla società, né della distribuzione degli utili alle quote di partecipazione dei soci”.

I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente stante la loro stretta connessione. Essi sono fondati e vanno accolti.

Sin dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 19854 del 05/10/2004, in tema di notificazione dell’avviso di accertamento, si è consolidato il principio per cui “La natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c.. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento” (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 2272 del 31/01/2011, Rv. 616401-01; Sez. 5, Sentenza n. 1088 del 17/01/2013, Rv. 625183-01; Sez. 5, Sentenza n. 8374 del 24/04/2015, Rv. 635171-01; Sez. 5, Ordinanza n. 21071 del 24/08/2018, Rv. 650056-01; in tema di cartella di pagamento e di mancato notifica dell’atto presupposto cioè dell’avviso di accertamento, cfr. Sez. L, Ordinanza n. 265 del 09/01/2019, Rv. 652539-01).

E’ stato evidenziato che la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, il che spiega perché il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo (Sez. 5, Sentenza n. 654 del 15/01/2014, Rv. 629235-01).

Applicando tali principi alla fattispecie in esame, se ne ricava, in primo luogo che, contrariamente a quanto eccepito dalla contribuente il vizio della notificazione dell’atto tributario (finanche ove si reputi annoverabile nella categoria dell’inesistenza) non incide sulla validità dell’atto medesimo; in secondo luogo, che essendo stato l’atto impugnato dal destinatario in data antecedente alla scadenza del termine fissato dalla legge per l’esercizio del potere impositivo, si è attuata la conoscenza dell’atto stesso e, quindi, il raggiungimento dello scopo.

Così perimetrata la fattispecie in esame e considerato che un’eccezione di decadenza dal potere impositivo come conseguenza della affermata inesistenza della notificazione degli atti impugnati non risulta essere stata neppure formulata, ne consegue la fondatezza della questione sottostante e, quindi, l’accoglimento del primo e del secondo mezzo.

La CTR, nel confermare la pronuncia di primo grado, che si era espressa per l’inesistenza per difetto di notifica dell’atto impositivo, ha in realtà esaurito il proprio potere decisorio, ciò rendendo alla stregua di obiter dicta le ulteriori statuizioni sul merito dell’accertamento.

In ragione dell’accertamento di fatto che dovrà compiere il giudice di rinvio, appare utile evidenziare che nella specie si verte in ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale (a base familiare), cui si applica la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili da imputarsi al socio nell’anno in cui sono conseguiti e sempre che il socio non dimostri che gli utili extracontabili non sono stati distribuiti perché accantonati e reinvestiti nella società. E’ stato evidenziato che “e’ legittima la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili, che, attesa la mancanza di una deliberazione ufficiale di approvazione del bilancio trattandosi di utili occulti, deve ritenersi avvenuta nello stesso periodo d’imposta in cui gli stessi sono stati conseguiti” (così, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25468 del 18/12/2015, Rv. 638161-01), nonché che tale presunzione “non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria” (così, Sez 6-5, Ordinanza n. 1947 del 24/01/2019, Rv. 652391-01; ex pluribus, sull’operatività della presunzione cfr. Sez. 5, Sentenza n. 27778 del 22/11/2017, Rv. 646282-01; Sez. 5, Ordinanza n. 32959 del 2018, Rv. 652116-01; Sez. 6-5, Ordinanza n. 1947 del 24/01/2019, Rv. 652391 – 01).

In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR del Lazio, sezione distaccata di Latina, affinché proceda ad un nuovo esame della controversia alla luce dei principi esposti.

La CTR in sede di rinvio è tenuta a provvedere anche in ordine alle spese di lite.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR del Lazio, sezione distaccata di Latina, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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