Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20779 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20779 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA
sul ricorso 8848-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

AVIS AUTONOLEGGIO SPA in persona dell’Amministratore
Unico pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA ALFREDO FUSCO 104, presso lo studio dell’avvocato
CAIAFA ANTONIO, che lo rappresenta e difende giusta
delega a margine;

Data pubblicazione: 11/09/2013

- controri corrente

avverso la sentenza n. 135/2007 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 19/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. ETTORE

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato SOLDINI
delega Avvocato CAIAFA che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

CIRILLO;

Ritenuto in fatto
1.

Nell’anno d’imposta 1997 la Soc. AVIS AUTONOLEGGIO

vendeva, in regime di non imponibilità intracomunitaria
(art.41 d.l. 331/93), autovetture usate e le fatturava
a nome di tale Albert SAUER, cittadino tedesco residente in Germania, indicando il numero di identificazione

A seguito di verifica, l’Ufficio IVA di Roma appurava
che tale numero di identificazione risultava, invece,
attribuito alla ditta Edgar LOTHER e che il SAUER aveva
ottenuto il suo diverso numero d’identificazione IVA
<133864485> solo successivamente nel marzo 1997.
Pertanto, in data 8 gennaio 2002, l’Agenzia delle entrate notificava all’AVIS avviso di rettifica per aver
fatto cessioni intracomunitarie senza applicazione di
IVA nei confronti di soggetto residente in Germania
sprovvisto di codice identificativo.

2.

Il ricorso della contribuente che, adduceva trat-

tarsi d’irregolarità puramente formale, era accolto in
prime cure con sentenza confermata in appello.
La CTR-Lazio motivava la sua decisione con quattro argomenti: (i) riteneva che l’indicazione inesatta del
codice identificativo ISO del cessionario Albert SAUER
fosse mero errore formale; (ii) rilevava che era il Fisco a dover provare che costui fosse un privato e non
un imprenditore (soggetto IVA); (iii) aggiungeva che
l’AVIS (quale cedente nazionale) non aveva alcun obbligo giuridico di verificare l’esattezza e la validità
del numero d’identificazione IVA fornitogli dal cessionario Albert SAUER; (iv) concludeva per la raggiunta
pienezza di prova della cessione tra due effettivi soggetti d’imposta.
In particolare, la sentenza d’appello affermava che la
ditta Albert SAUER aveva acquisito nel 1986 l’uso del
codice identificativo , sia pure congiuntamente alla ditta Edgar LOTHER, e che la natura
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IVA (art.50 d.l. cit.).

imprenditoriale della ditta Albert SAUER era confermata
da altre sentenze tributarie.

3.

Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a

quattro motivi, l’Agenzia delle entrate; l’AVIS resiste
con controricorso e memoria.

1.

Con i primi tre mezzi la ricorrente denuncia vio-

lazioni degli articoli 46 co.2 e 50 co.1-2 d.l. 331/93,
sotto plurimi profili.
Afferma che il possesso del numero d’identificazione
IVA e la sua successiva annotazione in fattura siano
presupposti indispensabili per qualificare l’operazione
come cessione intracomunitaria non imponibile e che,
conseguentemente, sia errata la sentenza d’appello nella parte in cui qualifica tale mancanza quale mero errore formale (primo motivo).
Inoltre, sostiene che l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per la non imponibilità della
cessione intracomunitaria spetta alla ditta cedente e
non invece al Fisco e che, conseguentemente, sia errata
la sentenza d’appello nella parte in cui afferma che
l’Ufficio non avrebbe fornito prova che il cessionario
Albert SAUER fosse un compratore privato e non un imprenditore operante nell’esercizio di un’attività economica (secondo motivo).
Infine, denunciando anche la violazione del d.m. 28
gennaio 1993, rileva che, contrariamente all’assunto
della sentenza d’appello, il cedente ha l’onere di verificare la validità del numero d’identificazione fornito dal cessionario e che l’omessa verifica comporta
l’inapplicabilità del regime di non imponibilità IVA
quando il cessionario sia privo di numero
d’identificazione e ne utilizzi uno non suo (terzo motivo).

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2

Considerato in diritto

2.

I tre mezzi, logicamente e giuridicamente correla-

ti tra loro, devono essere trattati congiuntamente e
accolti.
Il comma 2 dell’art.46 cit. prescrive che «per le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41
tura deve

contenere

l’indicazione

la fat-

del

numero

di identificazione attribuito, agli effetti dell’im-

mittente dallo Stato membro

di appartenenza».

Il comma 1 dell’art.50 cit., inoltre, stabilisce che
«le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41
sono effettuate senza applicazione dell’imposta nei
confronti dei cessionari

e

dei committenti che

abbiano comunicato il numero di identificazione agli
stessi attribuito dallo Stato membro di appartenenza».
Il comma 2 della stessa disposizione aggiunge che «agli
effetti della disposizione del comma l l’ufficio,
su richiesta degli esercenti imprese, arti e professioni,

e secondo modalità stabilite con decreto del

Ministro delle finanze, conferma la validità del numero di identificazione attribuito al

cessionario o

committente da altro Stato membro della Comunità
economica europea, nonché i dati relativi alla ditta,
denominazione o ragione sociale, e in mancanza, al nome e al cognome».
Infine, il decreto ministeriale del 28 gennaio 1993
chiarisce che «Gli

esercenti

impresa

o

arti

e

professioni, che effettuano cessioni intracomunitarie senza l’applicazione dell’imposta, possono ottenere conferma della validità del numero di identificazione del cessionario o committente residente in un
altro Stato membro della Comunità economica europea
nonché i dati relativi alla ditta, denominazione o ragione sociale e, in mancanza, al nome e cognome,
presso l’ufficio IVA di competenza, che, su richiesta
dei soggetti interessati, rilascia un’attestazione su
cui devono essere apposti il timbro dell’ufficio e la
firma del funzionario responsabile».
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3

posta sul valore aggiunto, al cessionario o com-

3.

Ciò che la normativa prescrive, per il non assog-

gettamento a imposta sul territorio italiano dell’operazione, è che il cliente estero intracomunitario abbia
trasmesso al cedente il proprio numero di partita IVA,
nel senso che il cessionario s’identifichi come soggetto passivo del tributo nel proprio Stato di residenza

Più in dettaglio, le cessioni intracomunitarie, a norma
dell’art. 50, commi 1 e 2 del d.l. n. 331 del 1993, sono effettuate senza applicazione d’imposta nei confronti dei cessionari e dei committenti che abbiano comunicato il numero di identificazione attribuito dallo Stato di appartenenza.
Per accedere al regime esente, però, non basta che gli
esercenti imprese, arti e professioni indichino tale
numero nella documentazione relativa allo scambio intracomunitario, ma occorre anche che il soggetto attivo
dello scambio dia impulso ad una apposita procedura di
verifica, richiedendo al Ministero la conferma della
validità attuale del numero di identificazione attribuito al cessionario.
In assenza di tali adempimenti, legittimamente l’Ufficio finanziario può ritenere che lo scambio abbia carattere nazionale e procedere al recupero dell’IVA, restando onere del contribuente provare la sussistenza
dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al
normale regime impositivo. (Sez. 5, Sentenza n. 3603
del 13/02/2009, Rv. 606843)
La Corte di Giustizia, con la sentenza del 27 settembre
2012 (C-587/10), afferma che il diritto comunitario non
osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato
membro subordini l’esenzione dall’IVA di una cessione
intracomunitaria alla comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’IVA
dell’acquirente, purché, tuttavia, il diniego dell’esenzione non sia opposto unicamente a motivo del fatto
che detto obbligo non è stato rispettato, qualora il
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4

(Sez. 5 n. 12455 del 2007 in motivazione).

fornitore non possa, in buona fede, e dopo aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente
richiedere, comunicare tale numero d’identificazione e
fornisca invece indicazioni idonee a dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che
agisce in quanto tale nell’ambito dell’operazione di

3.

Nella specie è la stessa cedente AVIS ad ammette-

re, nel ricorso introduttivo, che il SAUER ha ottenuto
il suo numero d’identificazione IVA (133864485) solo
nel marzo 1997, mentre ha fatturato all’AVIS indicando
il diverso numero d’identificazione IVA (133853739) attribuito nel marzo 1993 a Edgar LOTHER.
Inoltre, la sentenza d’appello accerta che «la ditta
Albert SAUER ha acquisito in data 28/1/86 il codice
identificativo ISO DE 133853739 dell’acquirente delle
autovetture, ovvero della ditta Albert SAUER, sia pure
congiuntamente della ditta LOTHER Edgar» e che Albert
SAUER sda un imprenditore risulterebbe da altre sentenze tributarie.
Dunque, è assolutamente pacifico che il cessionario Albert SAUER non avesse mai avuto un proprio numero
d’identificazione IVA prima del marzo 1997 e prima delle operazioni intracomunitarie in contestazione e che
adoperasse, invece, il numero d’identificazione attribuito dalle autorità tedesche alla ditta Edgar LOTHER,
persona fisica diversa da Albert SAUER.
E’ altrettanto pacifico che la cedente AVIS non avesse
adottato tutte le misure che le si potevano ragionevolmente richiedere avendo omesso di attivare la procedura
di controllo di cui al decreto del 28 gennaio 1993
(Min. Finanze).
A nulla rileva che il numero d’identificazione della
ditta Edgar LOTHER potesse essere congiuntamente adoperato in concreto anche dal cessionario Albert SAUER,
poiché ciascun soggetto IVA, persona fisica o giuridica
o ente di fatto, è individuato proprio col numero
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5

cui trattasi.

d’identificazione attribuito dalle autorità nazionali
competenti.
Né risulta che tra Edgar LOTHER e Albert SAUER vi fosse
una società di fatto, che comunque sarebbe soggetto fiscale diverso, quale autonomo centro d’imputazione IVA,
rispetto alle singole persone fisiche. Infatti, è noto
che la dichiarazione d’inizio d’attività a fini IVA ri-

Quanto poi all’atteggiarsi dei rapporti tra Albert
SAUER e il Fisco tedesco, in relazione ad una pretesa
segnalazione della autorità tedesche menzionata nel
processo verbale del 23 luglio 1997, il punto è rimasto
a livello di generica enunciazione puramente verbalistica e priva di qualsivoglia autosufficiente riscontro
(controric. pag.6; memoria pag.4).

4.

Orbene, la Sesta Direttiva stabilisce:

a) «si considera soggetto passivo chiunque esercita in
modo indipendente e in qualsiasi luogo … le attività di
produttore, di commerciante o di prestatore di servizi,
comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate» (art.4);
b) “«ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, il
cambiamento e la cessazione della propria attività in
qualità di soggetto passivo» (art.22);
c) «gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari
affinché sia possibile identificare tramite un numero
individuale ogni soggetto passivo…» (art.28 nonies).
Dunque, è incontestabile che il numero d’identificazione IVA dell’acquirente sia intrinsecamente connesso allo

status

di soggetto passivo nell’ambito del regime

istituito dalla Sesta Direttiva (CGCE cit. §48).
Tuttavia, siccome la definizione del soggetto passivo
si riferisce unicamente a chiunque eserciti in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche indicate, la Sesta Direttiva non subordina tale
status al fatto che il soggetto possieda un numero d’identificazione IVA.
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guarda anche le società e gli enti di fatto.

Risulta, invece, dalla giurisprudenza comunitaria che
il soggetto passivo agisce in questa qualità quando effettua operazioni nell’ambito della sua attività imponibile (cit. §49)
Ne deriva che il numero d’identificazione IVA fornisce
sì la prova dello status fiscale del soggetto passivo e
agevola il controllo delle operazioni intracomunitarie,

sione il diritto all’esenzione dall’IVA qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria (cit. §51).
Sicché il fatto che l’AVIS abbia ottenuto un numero
d’identificazione IVA dal cessionario Albert SAUER e
che quest’ultimo, non disponendone, abbia trasmesso alla cedente il numero d’identificazione del LOTHER, non
esclude comunque che si operasse in modo fraudolento e
non dimostra affatto che la cessione riguardasse beni
destinati a essere utilizzati nell’ambito di una impresa propria dell’acquirente.
Infatti, la corretta indicazione di un valido numero
d’identificazione riguardo al cessionario comunitario
garantisce la capacità di tale soggetto di applicare
l’imposta nel Paese di appartenenza secondo il principio della tassazione nel luogo di destinazione dei beni; la detassazione nel Paese di partenza dei beni, ai
sensi della Sesta Direttiva (art.

28-quater),

si giu-

stifica proprio in ragione della tendenziale imponibilità nello Stato membro in cui la merce giunge al consumo finale (CGCE, 6 aprile 2006, 0-245/04).
Fa eccezione, secondo la prassi nazionale, solo il caso
in cui il cessionario comunitario, pur non essendo dotato del numero d’identificazione, dimostri di essere
soggetto IVA e di aver chiesto la relativa partita alle
autorità del suo Paese, nel quale caso il cedente può
emettere la fattura come non imponibile riservandone
l’integrazione con detto numero (C.M. n.13-VII-l5463/1994, par. B.9.3). Nulla di ciò ricorre nella specie.
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7

pur essendo requisito formale che non mette in discus-

In siffatta prospettiva non vale allegare il dato storico che la Soc. AVIS possa aver ceduto negli anni numerosi veicoli usati ad Albert SAURER tra il 1995 e il
1997, non essendo ciò sufficiente a dimostrare che egli
non operasse in modo fraudolento e che le vendite riguardassero veicoli destinati a essere utilizzati
nell’ambito di un’attività economica (individuale) pro-

5.

Né vale addurre, come fa la sentenza d’appello,

pretesi giudicati esterni su altri anni d’imposta.
Infatti, le controversie in materia di IVA sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione
non può essere ostacolata dal carattere vincolante del
giudicato nazionale e dalla eventuale sua proiezione
anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce
specifico oggetto, ove gli stessi impediscano (secondo
quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia 3 settembre 2009, in causa C-2/08) la realizzazione
del principio di contrasto dell’abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema armonizzato d’imposta. (Sez. 5, Sentenza n. 16996
del 05/10/2012, Rv. 624024)

6.

L’accoglimento dei primi tre mezzi comporta

l’assorbimento del subordinato quarto motivo (denunciante meri vizi motivazionali), la cassazione della
sentenza d’appello senza rinvio e l’immediato rigetto
nel merito del ricorso introduttivo della contribuente,
non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono
la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, mentre
si stima equo compensare quelle dei gradi di merito in
ragione

della particolarità della

dell’evolversi della vicenda processuale.

P.Q.M.

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fattispecie e

pria e non di altri.

MENTE D REGIsmAZIONE
AI SENSI D:*
i9t6
N. 13 iA,.
;,. N. 5
IVINfiWA

La Corte accoglie

primi tre motivi di ricorso, di-

chiara assorbito il quarto, cassa senza rinvio la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente, che condanna alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidaICV
te in C 3000% per compensi oltre alle spese prenotate a
debito; compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2013.

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