Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20776 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20776 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 7054-2009 proposto da:
SOCIETA’ UNION BERRIES ITALIANA DI HOPPLER CLARA E C.
SAS in persona del legale rappresentante e socia
accomandataria pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIALE PARIOLI 43,

presso lo studio

dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO,

che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUSSANI
MAURO, GRASSO ARMANDO giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 11/09/2013

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controri corrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI LECCO;

avverso la sentenza n. 95/2007 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata il 06/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato BUSSANI che si
riporta alla memoria;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

– intimato –

Ritenuto in fatto
Con avviso di accertamento n. 85602T400559, l’Agenzia
delle entrate rettificava la dichiarazione IVA per
l’anno d’imposta 1999 e recuperava, nei confronti della
s.a.s. Union Berries Italiana di Hopper Clara & C., i
tributi evasi per forniture intracomunitarie, formal-

fettivamente consegnate a Roma, presso la ditta Melrose, dal trasportatore, che, sentito sul punto, aveva
confermato la circostanza.
Il ricorso della contribuente, accolto in prime cure,
era rigettato in secondo grado.
Il

giudice

d’appello

escludeva

l’illegittimità

dell’utilizzo fiscale senza autorizzazione degli atti
dell’indagine penale svolta sulla vicenda e sosteneva
che le dichiarazioni rese da persone informate sui fatti (Ciminelli e Negri) potessero, dunque, trovare ingresso nel processo tributario e confermassero che la
merce, partita dai magazzini della contribuente, non
fossero mai giunte all’estero, così come risultava dai
documenti privi delle firme per ricezione da parte dei
destinatari inglesi.
Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi (illustrati anche con memoria), la s.a.s. Union
Berries Italiana di Hopper Clara & C.; l’Agenzia delle
entrate resiste con controricorso.

Considerato in diritto
(I)
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione
dell’art.63 d.iva nella parte in cui la sentenza
d’appello esclude l’invalidità dell’atto impositivo per
essere fondato su atti acquisiti nell’ambito di una istruttoria penale in corso, senza aver ottenuto la specifica autorizzazione al loro utilizzi) fiscale.
Il mezzo non è fondato.

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1

mente destinate a Londra in esenzione d’imposta ma ef-

L’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria procedente è
volta a tutelare il segreto istruttorio, cui è preposto
il Pubblico Ministero e non anche alla tutela dei soggetti coinvolti nel procedimento medesimo o dei terzi;
sicché la mancanza dell’autorizzazione non pregiudica
l’efficacia probatoria dei dati conoscitivi trasmessi
né implica la validità dell’atto impositivo adottato

che 24533, 22119, 7900 e 7145 del 2007).
(II)
Con

il

secondo

motivo,

denunciando

violazione

42r

dell’art.57 proc.trib., la ricorrente lamenta che 2

il giudice d’appello abbia consentito l’ingresso in secondo grado di eccezione nuova circa la mancata formulazione di prove da parte della ricorrente ex art. 2697
c . c..

Il mezzo non è fondato.
E’, infatti, corretto il motivo di gravame con il quale
il convenuto, soccombente in prime cure, eccepisce
l’inosservanza dell’onere della prova posto a carico di
chi agisce in giudizio.
Tale doglianza, proposta dalla parte appellante, non
costituisce eccezione in senso tecnico ma semplice sollecitazione di poteri officiosi del giudice di merito,
il quale deve rilevare d’ufficio la mancanza di prova
dei fatti posti a fondamento della tesi di chi agisce
in giudizio (Cass. 10475/2003).
Né può invocarsi, nella specie, un’asserita inversione
volontaria dell’onere della prova, poiché non è sufficiente la semplice deduzione di prove o di argomenti di
prova da parte di chi non vi sia tenuto, ma è necessaria da parte di questi una non equivoca manifestazione
della volontà di rinunziare ai vantaggi derivanti dai
principi regolatori della prova (Cass. 860/2000).
Un tale intento abdicativo, sia riguardo al riparto
probatorio sia riguardo all’onere specifico del cedente
di provare il perfezionamento dell’esportazione intracomunitaria, non è certamente ravvisabile nella condot200907054_2.doc

2

(ex plurimis cfr. Cass. 22173 e 16431 del 2008; v. an-

ta processuale dell’amministrazione, che si è limitata
a produrre i DDT privi dell’attestazione di ricevimento
della merce da parte del cessionario inglese, a conforto dell’assenza di prova da parte della contribuente
cedente.
(III)
Con il terzo motivo, denunciando senza migliori speci-

si pretende di attribuire un contenuto dichiarativo al
silenzio”, interroga questa Corte chiedendo “se
l’assenza di una ricevuto liberatoria, sottoscritta da
chi ha percepito danaro o beni integri, il principio
secondo il quale tale assenza sia equiparabile al silenzio, per cui da essa sia possibile desumere alcuna
dichiarazione”.
Il mezzo va disatteso.
Il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che
le ragioni poste a fondamento della decisione risultino
sostanzialmente contrastanti sì da elidersi a vicenda e
da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata.
Questo vizio, però, non può consistere nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal
giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti
del proprio convincimento (Cass. 6064/08).
Nella specie il giudice d’appello rileva che il dato
obiettivo “che i documenti di trasporto riferiti alle
fatture non recano la firma dei destinatari inglesi”, e
ciò fa quale obiettivo riscontro dell’omesso inoltro
all’estero delle merci controverse, scaturente dalle
dichiarazioni rese da Negri Arnaldo (dipendente delle
contribuente) sulla loro consegna all’autotrasportatore
Ciminelli Luigi e da quest’ultimo circa l’effettivo loro recapito a Roma.

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ficazioni vizio di “contraddittoria motivazione laddove

Dunque, non si comprende quale sconnessione logica sia
addebitabile all’argomentare della Commissione regionale.
(IV)
Con il quarto motivo, denunciando violazione dell’art.
2730 c.c. “che attribuisce la qualifica confessoria alla dichiarazione con la quale una parte riconosce la

all’altra”, lamenta che la sentenza d’appello abbia ritenuto “…legittima la rilevanza fiscale delle dichiarazioni confessorie in atti del Ciminelli e del Negri”,
pur non essendo figure esponenziali della contribuente,
ma il primo trasportatore e il secondo dipendente.
Il mezzo va disatteso.
La Commissione regionale fonda la sua argomentazione
sul rilievo che “la dichiarazione del terzo, incorporata nel processo verbale di constatazione, nell’avviso
di accertamento o inserita in altro documento, diventa
un elemento acquisibile nel processo tributario, mediante la sua produzione in giudizio ai sensi
dell’art.24 del d.lgs. 546/92”.
Dunque, considera espressamente le propalazioni del Ciminelli e del Negri come dichiarazioni rese da un terzo
e non dalla parte contribuente.
La locuzione va, perciò,
correlata alla premessa giuridica sull’utilizzo delle
informazioni fornite da terzi nel processo tributario e
l’aggettivo va inteso non nell’accezione
tecnico-giuridica ma nel senso puramente dialogico di
riscontro confermativo.
Peraltro, in totale difetto di autosufficienza, il ricorso non riporta neppure i passi salienti di tali dichiarazioni, né ne indica la localizzazione documentale
all’interno dell’incarto processuale.
(V)
Con

il

quinto

motivo,

denunciando

violazione

dell’art.41 d.l. 331/93, la ricorrente sostiene che il

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verità di fatti ad essa sfavorevole e favorevole

giudice d’appello avrebbe trascurato che tale disposizione attribuisce la qualifica di alla
cessione all’esportazione di beni spediti tramite vettore al cessionario estero anche se – per fatto non imputabile al cedente – tali beni non sono usciti dal
territorio nazionale.
Il mezzo va disatteso.

imponibilità della cessione intracomunitaria di beni a
titolo oneroso, per mancanza del presupposto dell’introduzione dei beni ceduti nel territorio di altro Stato membro, incombe sul cedente la prova dei fatti costitutivi del diritto di fruire della deroga agevolativa rispetto al normale regime impositivo.
A tal fine è richiesta , invece, la prova dell’effettiva destinazione dei beni ceduti nel territorio dello
Stato membro in cui il cessionario è soggetto d’imposta
(C. 13457/2012).
Infatti, l’elemento della movimentazione fisica dei beni oggetto di cessione nel territorio dello Stato membro del cessionario elemento strutturale della fattispecie normativa, cosicché la sua mancanza impedisce il
riconoscimento dello stesso carattere “intracomunitario” della operazione (Cass. 1670/2013).
A tal fine il fornitore è tenuto a fare tutto ciò che è
in suo potere per garantire la corretta esecuzione della cessione intracomunitaria ed è esonerato da responsabilità fiscale unicamente se alleghi e dimostri di
aver adottato tutte quelle misure che sono alla portata
di un operatore professionale per dare conto sia del
“buon fine” della cessione intracomunitaria e della sua
corretta non imponibilità, sia non essere coinvolto in
frodi (cfr. CGCE in causa C-409/04, Teleos).
Nella specie nulla di quanto suggerito dalla normale
diligenza professionale, per appurare l’effettivo trasporto dei beni ceduti in altro Stato membro (es. CMR,
DDT, bolle di consegna o altra documentazione controfirmata dal cessionario) e per non dare àdito a frodi,
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5

Quando l’amministrazione finanziaria contesta la non

risulta essere stato fatto dalla ricorrente (cfr. sentenza C-409/04, Teleos, cit. § 53,65,66), il che costituisce elemento decisivo per obbligare tale fornitrice
ad assolvere l’IVA a posteriori.
Peraltro, il mezzo trascura che, “mancando una plausibile giustificazione od attestazione ai sensi
dell’art.16 d.p.r. 135/01” secondo sentenza d’appello,

ficamente impugnata.
(VI)
Con il sesto motivo, denunciando senza migliori specificazioni “omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e prospettato _ sin dal ricorso introduttivo del giudizio”, la ricorrente insiste sulla richiesta di annullamento delle sanzioni, ex artt. 5 e 6
d.lgs. 471/97, riproposta in appello e interroga questa
Corte chiedendo “se l’omessa pronunzia del giudice regionale su uno specifico motivo di riforma della sentenza di primo grado, validamente formulato
dall’appellante, integri motivo di nullità della sentenza per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex art.112 c.p.c.”.
Il motivo va disatteso.
E’ evidente la sconnessione logica tra l’enunciazione
di un vizio di “omessa motivazione” (cioè di un errore
in iudicando denunciabile ex art.360 n.5 c.p.c.) e un
quesito di diritto sulla “omessa pronuncia” (cioè di un
errore in procedendo denunciabile ex art.360 n.4
c.p.c.).
La stessa inammissibile ambivalenza si ritrova anche
nell’esposizione del mezzo.
E’ palese, infatti, che i detti vizi – salvo che non
investano distinte proposizioni contenute nella stessa
sentenza, cioè diversi punti decisivi – non possono
concorrere tra di loro, ma sono alternativi.
Perciò è onere della parte ricorrente precisare quale
sia – in concreto – il vero vizio della sentenza, non

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6

era necessario che tale “ratio decidendi” fosse speci-

potendo tale scelta (a norma dell’art. 111 Cost. e del
principio inderogabile della terzietà del giudice) essere rimessa alla Corte.
Il mezzo, peraltro, mai potrebbe giovare alla ricorrente, atteso che l’addotta incertezza normativa oggettiva
(art.

6

d.lgs.

471)

postula

una

condizione

d’inevitabile dubbio sul contenuto, sull’oggetto e sui

rezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso
il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile
al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. Invece, l’art.41
d.l. 331/93 non ha mai dato àdito a dubbi interpretativi nella giurisprudenza di legittimità (vedasi Cass.
13457/12 e la vasta giurisprudenza ivi citata).
Né la ricorrente può invocare l’esimente del fatto del
terzo (preteso trafugamento della merce), atteso che
l’art.5 cit. richiede che il contribuente sia immune da
colpa, il che non è, avendo la ricorrente omesso di
premunirsi dinanzi a possibili a frodi, come invece
spetta a ogni operatore professionale secondo la precitata giurisprudenza comunitaria.
Non avendo il fornitore adottato tutte le misure minime
per assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conducesse a partecipare a una frode, egli non ha conseguentemente rispettato l’art.16 d.p.r. 435/01 (“La perdita dei beni dovuta ad eventi fortuiti, accidentali o
comunque indipendenti dalla volontà del soggetto è provata da idonea documentazione fornita da un organo della pubblica amministrazione o, in mancanza, da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa entro
trenta giorni dal verificarsi dell’evento o dalla data
in cui se ne ha conoscenza _”).
In ordine alla “ratio decidendi” correlata a tale disposizione si richiamano le considerazioni svolte sul
quinto motivo

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destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicu-

:CSENTE D REGISTX,4,Z1ONE
Al SENSI 1-2’r:L
biaTERIATRIBUTAXIA
(VII)
Tutto ciò comporta il rigetto dell’odierno ricorso e la
condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente
alle spese del presente giudizio liquidate in C 3500

Così deciso in Ro

il 14 maggio 2013.

per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

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