Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20772 del 14/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 14/10/2016, (ud. 07/06/2016, dep. 14/10/2016), n.20772

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20460/2011 proposto da:

I.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ANGELO SECCHI

9, presso lo studio dell’avvocato FABIO MASSIMO VENTURA,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO ALESCI giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 184/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 10/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;

udito per il controricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 184 del 10 giugno 2010 la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto l’impugnazione proposta dal contribuente I.S. avverso l’avviso di accertamento di ricavi non dichiarati ai fini IVA per l’anno di imposta (OMISSIS) per complessivi Euro 15.840,00 in relazione ad importazione di un’autovettura dalla (OMISSIS) che il contribuente aveva omesso di esporre nella dichiarazione annuale Unico (OMISSIS), in violazione del D.L. n. 331 del 1993, artt. 47 e 50, convertito con modificazioni dalla L. n. 427 del 1993 e D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8.

1.1. I giudici di appello ritenevano infondata l’eccezione di difetto di motivazione dell’atto impositivo, sollevata dal contribuente, poichè nello stesso erano state chiaramente specificate le ragioni per le quali il predetto contribuente era stato ritenuto soggetto interposto in acquisti intracomunitari di autovetture (per avere effettuato altri due acquisti nell’anno (OMISSIS)) e l’Amministrazione finanziaria aveva proceduto all’accertamento (per aver omesso l’indicazione dell’importazione nella dichiarazione annuale). Ritenevano, altresì, indimostrata la circostanza, affermata dal contribuente, di aver provveduto ad indicare l’acquisto di detta autovettura nella dichiarazione Modello Unico Persone Fisiche relativo all’anno (OMISSIS) per avere tardivamente ricevuto la relativa fattura.

2. Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo articolato in più censure, cui l’Agenzia delle entrate replica con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

I. Con l’unico motivo del ricorso il contribuente deduce cumulativamente, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., nonchè della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000 art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, per totalmente omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia relativo alla sussistenza dell’interposizione – carenza di motivazione della sentenza del giudice di appello e/o di motivazione criptica dell’avviso di accertamento.

1.1. Sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata difetta manifestamente e totalmente di motivazione sul punto decisivo della controversia, ossia la qualità di soggetto interposto del ricorrente (pag. 6 del ricorso), esclusa peraltro dal fatto che emergeva in maniera chiara ed incontrovertibile che il Sig. I. fin dal primo momento non ha detratto l’IVA all’atto dell’acquisto comportandosi, quindi, come un mero consumatore (pag. 11). Deduce che la CTR ha riconosciuto senza alcuna dimostrazione e/o indicazione di prova a tal riguardo, non superando con le proprie censure le corrette asserzioni del decidente di primo grado (pag. 6), con motivazione omissiva perchè omette letteralmente di motivare (come già detto, in relazione alla specifica censura relativa al dato cronologico del tempo trascorso dall’acquisto alla vendita successiva dell’autovettura) (pag. 12) e del tutto apparente… nonchè insufficiente, illogica e contraddittoria (pag. 13). Ritiene, quindi, che i vizi su riscontrati si traducano in altrettanti violazioni di leggi (pag. 13) e che l’avviso di accertamento impugnato violi anche la L. n. 212 del 2000, art. 7, non essendo minimamente indicati gli elementi essenziali utilizzati che chiariscano la natura della pretesa ed il motivo del recupero a tassazione, ma si limiti solo ad una mera elencazione di incomprensibili cifre, nonchè ad indicare dei criptici codici del tributo (pag. 14), evidenziando, da ultimo, che l’Amministrazione finanziaria ha fondato la pretesa tributaria su atti amministrativi solo meramente richiamati ma non posti nella disponibilità del contribuente, che è stato posto nell’assoluta impossibilità di conoscerli per effettuare le proprie verifiche ed eventuali contestazioni (ancora a pag. 14).

2. Il motivo di ricorso si presta a diversi rilievi di inammissibilità.

3. Il primo va individuato nella mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei in esso confusamente contenuti, facendo riferimento cumulativo alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, ovverosia quelle di cui ai nn. 3), 4) e 5), peraltro prospettato con formulazione confusa, che non permette di cogliere con chiarezza le doglianze proposte. Come costantemente affermato da questa Corte (da ultimo cfr. Cass. n. 24781 del 2015) non è consentito prospettare la medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto (n. 3), che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, quello del vizio di motivazione (n. 5) che, invece, quegli elementi di fatto intende rimettere in discussione sub specie di errore di giustificazione della decisione di merito sul fatto. Inoltre, è contraddittoria anche la denuncia, in un unico motivo dei due opposti vizi di omessa pronuncia (n. 4) e di omessa o insufficiente motivazione circa fatti discussi e decisivi (n. 5), nonchè della violazione di norme di diritto sostanziali (n. 3). L’uno, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma del n. 4 e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziali (n. 3), ovvero del vizio di omesso esame circa fatti discussi e decisivi (n. 5) cod. proc. civ., mentre l’altro presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 13866/2014); entrambe le censure, omissive e motivazionali, contraddicono quella ex n. 3 che, come sì è detto, suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma.

3.1. Il ricorrente è quindi venuto meno all’obbligo di precisare, in concreto, i vizi riscontrabili nella sentenza d’appello, non potendo tale scelta (a norma dell’art. 111 Cost. e del principio inderogabile della terzietà del giudice) essere rimessa alla Corte (conti Cass. 6235/2015 e giurisprudenza ivi citata) come accadrebbe nel caso di specie, in cui l’inestricabile e confusa esposizione delle varie doglianze e la mancanza di una separata trattazione dei motivi di censura, idonea a sanare il vizio riscontrato, non pone il giudice di legittimità in grado di cogliere appieno il significato e la portata delle censure rivolte alla sentenza gravata.

4. Altra ragione di inammissibilità del mezzo di impugnazione in esame va individuata nel vizio di autosufficienza che lo affligge.

4.1. Invero, in relazione ai dedotti vizi di motivazione della sentenza gravata sul punto decisivo della controversia relativo alla qualità di soggetto interposto (pag. 6 del ricorso) attribuitagli dall’Amministrazione finanziaria, il ricorrente sostiene che emergeva in maniera chiara ed incontrovertibile che… non ha detratto l’IVA all’atto dell’acquisto. comportandosi, quindi, come un mero consumatore (pag. 11), ma venendo meno all’onere raccomandatogli dalla corrente interpretazione del principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente si è guardato dal trascrivere o riprodurre le argomentazioni asseritamente svolte a supporto della sua estraneità all’obbligo tributario per difetto della qualità di debitore.

4.2. Ad analogo rilievo di inammissibilità per difetto di specificità ed autosufficienza non si sottrae il motivo in esame laddove il ricorrente, nel dedurre la violaziOne della L. n. 212 del 2000, art. 7, perchè l’Amministrazione finanziaria aveva fondato la pretesa tributaria su atti amministrativi solo meramente richiamati ma non posti nella disponibilità del contribuente e perchè nell’avviso di accertamento impugnato non erano minimamente indicati gli elementi essenziali utilizzati che chiariscano la natura della pretesa ed il motivo del recupero a tassazione, ma si limiti solo ad una mera elencazione di incomprensibili cifre, nonchè ad indicare dei criptici codici del tributo, omette di trascrivere il contenuto dell’atto impositivo, come pure di indicare quella parte degli atti processuali da cui desumere che abbia impugnato l’atto impositivo per i motivi indicati nelle suddette censure.

5. In estrema sintesi, il motivo di ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, oltre al rimborso in favore della controricorrente delle spese eventualmente prenotate a debito.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il motivo di ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidiate in Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 7 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2016

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