Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20769 del 21/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2021, (ud. 06/05/2021, dep. 21/07/2021), n.20769

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1175-2014 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CLAUDIO

MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA AMORETTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO PAOLO MANSI;

– ricorrente –

contro

GERECO GENERAL RESTAURI E COSTRUZIONI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 155/2013 della COMM.TRIB.REG.CAMPANIA,

depositata il 15/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/05/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del

sostituto procuratore generale Dott. GIACALONE GIOVANNI che ha

chiesto la Corte di Cassazione accolga il ricorso.

 

Fatto

PREMESSE DI FATTO

1.Con ricorso affidato a cinque motivi, Equitalia Sud spa chiede la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la CTR della Campania, in riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto indimostrata la notifica delle cartelle relative a vari debiti di imposta, impugnate dalla srl GE.RE.CO. General Restauri e Costruzioni unitamente agli estratti di ruolo solo attraversi i quali la società asseriva di essere venuta a conoscenza delle cartelle medesime. L’impugnazione era centrata unicamente sulla mancata notifica delle cartelle.

2. La contribuente non ha svolto difese.

3. La Procura generale ha depositato requisitoria con richiesta di accoglimento del ricorso.

4. Il ricorso, fissato all’udienza pubblica, è trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, sopravvenuto art. 23, comma 8-bis, inserito dalla legge di conversione L. n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, nessuno degli interessati avendo fatto richiesta di discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, Equitalia Sud lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19,21 e 22 per non essere stato dichiarata inammissibile l’impugnazione dell’estratto di ruolo malgrado lo stesso sia solo atto interno dell’amministrazione, non compreso nell’elenco degli atti impugnabili di cui all’art. 19.

6. Il motivo è infondato. Come puntualizzato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 19704/2015, l'”estratto di ruolo” è un documento non previsto da alcuna disposizione di legge, un elaborato informatico creato dal concessionario della riscossione a richiesta dell’interessato, contenente unicamente gli “elementi” di un atto impositivo e non una pretesa impositiva, diretta o indiretta (essendo l’esattore carente del relativo potere), ed è pertanto, in quanto tale, non impugnabile sia perché trattasi di atto non rientrante nel novero degli atti impugnabili ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 sia perché trattasi di atto per il cui annullamento il debitore manca di interesse (ex art. 100 c.p.c.) non avendo alcun senso l’eliminazione di esso dal mondo giuridico, senza incidere su quanto in esso rappresentato (in linea con la sentenza delle Sezioni Unite, v. Cass. ordinanza n. 22184 del 22/09/2017; Cass. sentenza n. 6610 del 15/03/2013). Con la ricordata pronuncia delle Sezioni Unite e con varie pronunce successive (n. 15458/2019; n. 11439/2016; n. 20611/2016) è stato tuttavia anche evidenziato che le cose stanno diversamente laddove l’impugnazione investa l’estratto di ruolo per il suo contenuto, ossia in riferimento agli atti che nell’estratto di ruolo sono indicati e riportati e cioè il ruolo e la cartella, mai notificati. In tale caso sussiste evidentemente l’interesse ad agire e sussiste anche la possibilità di farlo non ostandovi “l’ultima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3 in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione” (Cass. n. 19704/2015). Nel caso di specie è incontroverso che l’originario ricorso della contribuente ha avuto ad oggetto, con gli estratti dei ruoli, le cartelle asseritamente mai notificate.

3.Con i successivi motivi di ricorso, Equitalia Sud lamenta la violazione dell’art. 26 del D.P.R., la nullità della sentenza perché motivata in modo apodittico e contraddittorio, la violazione dell’art. 2967 c.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. E’ così censurata, sotto diversi profili, l’affermazione su cui si regge la decisione impugnata e secondo la quale gli “estratti di ruolo sul retro dei quali risultano fotocopiate le relazioni di notifica che fanno riferimento al carico di cui agli estratti” non costituiscono documentazione idonea a dar prova della notifica delle cartelle essendo a tal fine necessari gli originali o le copie autentiche delle cartelle collegati alla relazione di notifica (“ad esempio con un timbro di congiunzione dell’ufficiale notificatore tra la relata e l’atto; con la sottoscrizione dell’originale con la dizione che una copia conforme all’orinale è stata inviata in una certa data a mezzo del servizio postale; con l’annotazione del numero della raccomandata di invio sull’originale ecc…”), così come confermato dal disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, che impone al concessionario di conservare la matrice e la copia con la relazione dell’avvenuta notificazione e di produrre tali atti su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”.

4. La censura è fondata. Dalla previsione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 4 secondo cui “l’esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”, si desume che, al contrario di quanto ritenuto della CTR, ai fini della prova della notifica della cartella non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella essendo invece sufficiente la produzione o della matrice o della copia della cartella con la relativa relazione di notifica. Nel caso di specie, la CTR dà conto della avvenuta produzione, da parte dell’agente della riscossione, di copie fotostatiche delle relate di notifica “che fanno riferimento al carico di cui agli estratti di ruolo” impugnati dalla contribuente. La conformità delle copie agli originali non risulta essere mai stata posto in discussione. L’estratto di ruolo è l’equipollente della matrice: la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale. Contiene tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria. In merito a quanto precede vale richiamare, a sostegno, il costante orientamento di questa Corte (tra altre, Cass. 16121/2019; Cass. 3356372018; Cass. 23902/2017).

5. I motivi in esame devono essere accolti e la sentenza deve essere cassata.

6. Dato che nell’originario ricorso la contribuente aveva impugnato gli estratti e le cartelle unicamente facendo valere l’omessa notifica di queste ultime, atteso quanto al superiore punto 4, la causa può essere decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso.

7. Le spese del merito devono essere compensate in ragione dell’evolversi della vicenda processuale.

8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito con rigetto dell’iniziale ricorso della contribuente;

compensa le spese del merito;

condanna la contribuente a rifondere alla ricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4000,00, oltre spese forfetarie, accessori di legge ed oltre Euro200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, svolta con modalità da remoto, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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