Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20769 del 10/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/10/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 10/10/2011), n.20769

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2508/2010 proposto da:

STABILIMENTO DEBOR SAS (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI GRACCHI 130, presso lo studio dell’avvocato MACRI’ TERESINA,

rappresentata e difesa dall’avvocato SARACINO Michele, giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A., giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 5122/09 del TRIBUNALE di TORINO dell’1.12.09,

depositato il 16/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO BERNABAI;

udito per la ricorrente l’Avvocato Teresina Macrì (per delega avv.

Michele Saracino) che si riporta ai motivi del ricorso, insistendo

per l’accoglimento del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato Manzi Federica (per delega

avv. Claudio Coggiatti) che si riporta agli scritti, insistendo per

il rigetto del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona, del Dott. CARMELO

SGROI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

Con decreto emesso il 16 dicembre 2009 il Tribunale di Torino rigettava l’opposizione allo stato passivo del fallimento ZEN s.r.l.

proposta dalla DEBOR STABILIMENTO s.a.s. per ottenere l’ammissione al passivo, in prededuzione, del credito di Euro 3.044,59 a titolo di indennità di occupazione di un magazzino – già condotto in locazione dalla società fallita unitamente al vano-negozio – in cui erano rimasti depositati mobili di arredamento della società fallita, dopo l’esecuzione dello sfratto per morosità.

Motivava che l’occupazione non poteva essere imputata alla curatela, frutto com’era di una scelta della società opponente, che non aveva chiesto, in sede di rilascio dell’immobile, la liberazione completa dei propri locali.

Avverso il provvedimento proponeva ricorso per cassazione la Debor Stabilimento s.a.s., deducendo la violazione dell’art. 1591 cod. civ. e della L. Fall., art. 111, nonchè la carenza di motivazione dal momento che era il conduttore sfrattato, e non il locatore, a dover curare l’asporto della propria mobilia e che il fallimento era subentrato nella stessa situazione giuridica dell’originaria società conduttrice.

Resisteva con controricorso il fallimento Zen s.r.l..

Così riassunti i fatti di causa, il ricorso sembra, prima facie, infondato, proponendo un’interpretazione difforme degli elementi di fatto posti in rilievo nel decreto impugnato, avente natura di merito e come tale insuscettibile di sindacato in sede di legittimità.

Il Tribunale di Torino ha infatti posto a base della decisione di rigetto la circostanza di fatto che il rilascio coattivo dei locali fosse avvenuto in data antecedente alla sentenza di fallimento della s.r.l. ZEN. In tale data era quindi cessato il rapporto locativo: restando inopponibile alla massa l’occupazione de facto consentita dalla locatrìce di un singolo locale, in assenza di un nuovo contratto a titolo oneroso in cui fosse subentrata la curatela, mai divenuta detentrice dell’immobile, secondo l’accertamento motivato del giudice di merito.

– che la relazione è stata comunicata al Pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

– che il difensore dello Stabilimento Debor s.a.s. ha depositato una memoria illustrativa;

– che all’udienza in Camera di consiglio il P.G. ha chiesto la conferma della relazione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il collegio, discussi gli atti delle parti, ha condiviso la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano;

– che il ricorso dev’essere dunque rigettato, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2011

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