Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20766 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20766 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 17135-2009 proposto da:
CHIQUITA ITALIA SPA in persona dell’Amministratore
Delegato e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA GONDAR 22,
presso lo studio dell’avvocato ANTONELLI MARIA, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ARMELLA SARA giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 11/09/2013

STATO, che lo rappresenta e difende ape legis;
– controricorrente nonchè contro

AGENZIA DOGANE UFFICIO DOGANE DI GENOVA;

intimato

avverso la sentenza n. 25/2009 della COMM.TRIB.REG.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/01/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ARMELLA che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato CAPUTI
IAMBRENGHI che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del 1 0 e 2 ° motivo del ricorso, accoglimento
3 ° e 4 ° motivo, assorbiti gli altri.

di GENOVA, depositata il 18/03/2009;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Commissione tributaria regionale della Liguria, con sentenza
depositata il 18 marzo 2009, accogliendo l’appello principale
proposto dall’Agenzia delle Dogane, ha riformato la sentenza resa
dalla CTP di Genova che aveva accolto il ricorso proposto da
Chiquita Italia spa avverso diversi avvisi di rettifica relativo
a dazi agricoli, interessi e spese non pagati per l’anno 1998 e

effettuate formalmente dalla Socoba s.r.1., ma sostanzialmente
riferibili alla Chiquita Italia s.p.a. che controllava detta
società, mediante l’uso di certificati AGRIM falsi,

come

acclarato dal Ministero dell’Economia spagnolo, per godere di
benefici daziari ridotti in forza della normativa comunitaria di
settore. Il giudice di appello ha poi rigettato l’appello
incidentale proposto dalla Chiquita Italia.
2. Osservava la CTR, per quel che qui ancora rileva, che:
a) correttamente il giudice di prime cure aveva rigettato la
richiesta di sospensione del giudizio ex art.39 d.lgs.n.546/1992,
emergendo la falsità dei certificati dalle attestazioni rilasciate
dal governo spagnolo e non risultando decisivo il giudizio di
querela di falso nella questione relativa alla solidarietà dal
punto di vista del vincolo di solidarietà della Chiquita con
Socoba ai fini dell’obbligazione doganale;
b)parimenti esatta era stata la decisione impugnata in ordine alla
eccepita prescrizione della pretesa, rilevando, ai fini
dell’art.221 4^ comma Reg.CE n.2913/1992, non il risultato delle
indagini penali quanto l’ipotesi delittuosa alla base della
notizia criminis;
c)corretta era stata la decisione di prime cure in ordine alla
ritenuta responsabilità della Chiquita sulla base
dell’art.201Reg.CE n.2913/1992 in quanto quest’ultima, come pure
accertato dalla Commissione Tributaria regionale nella sentenza
prodotta dall’Agenzia delle Dogane, era da ritenere la reale
proprietaria delle merci in relazione alla triangolazione
acclarata con la dichiarante Socoba, avendo la stessa Chiquita
1

2000 in relazione alle operazioni di importazione di banane

sostenuto i costi di tutti gli oneri sostenuti dallo spedizioniere
Errek, anche anteriori allo sdoganamento,

e necessari per le

verifiche doganali ed impartito le istruzioni

in merito alla

logistica della merce sul territorio nazionale. Era pertanto
evidente che la Socoba si fosse interposta, per conto della
Chiquita, in realtà unica proprietaria delle banane, in operazioni
compiute prima e dopo la spedizione doganale, risultando peraltro

medesime persone e facevano capo a nuclei familiari imparentati
con il Direttore generale della Chiquita Italia spa Franco
Cortesi.
3. La società Chiquita Italia ha proposto ricorso per Cassazione,
affidato ad 11 motivi, al quale ha resistito l’Agenzia delle
Dogane con controricorso.
Le parti hanno presentato memorie.

moTrvI
4. Con il

primo motivo

DELLA DECISIONE

di ricorso la società contribuente ha

dedotto violazione e falsa applicazione dell’art.2 comma 3
d.lgs.n.546/1992, in relazione all’art.360 comma l n.3 c.p.c.,
poiché il giudice di appello, rigettando la richiesta di proroga
della sospensione del processo tributario in attesa della
definizione del giudizio di appello concernente la querela di
falso proposta contro le certificazioni delle Autorità spagnole
circa la falsità dei certificati di importazione, aveva esorbitato
dai

limiti

della

giurisdizione

tributaria,

ritenendo

le

informazioni rilasciate dagli Stati membri priva di efficacia
probatoria privilegiato ed in tal modo ingerendosi nella
giurisdizione del giudice civile.
5.

Con il

secondo motivo

si lamenta violazione dell’art.39

d.lgs.n.546/1992, in relazione all’art.360 comma l n.3 c.p.c.,
in quanto ingiustamente la CTR non aveva sospeso il processo
tributario in relazione alla pendenza del giudizio di appello
sulla querela di falso già ricordata, evidenziando che in caso di
accoglimento della stessa ne sarebbe derivata l’estraneità della
stessa a qualsiasi forma di responsabilità solidale.
2

che gli organismi delle due società erano costituiti dalle

6. Con il

terzo motivo

di ricorso la società contribuente ha

dedotto violazione degli artt.11 d.lgs.n.374/1990 e 221 Reg.CE
in

n.2913/1992,

relazione

all’art.360

comma

1

n.3

c.p.c.,

evidenziando che erroneamente il giudice di appello aveva omesso
di applicare il termine triennale di decadenza previsto
dall’art.11 cit. e di escludere la decorrenza del termine di
prescrizione in ragione della sussumibilità in astratto dei fatti

7. Con il quarto motivo

la società ha dedotto violazione degli

artt.11 d.lgs.n.374/1990 e 221 CDC, in relazione all’art.360 comma
1 n.3 c.p.c., avendo il giudice di appello omesso di considerare
che il termine triennale di prescrizione previsto dall’art.84 TULD
poteva essere sospeso, in dipendenza della rilevanza penale della
condotta, purchè entro detto termine l’amministrazione avesse
formalmente

inviato

la

notizia

di

reato

all’autorità

giudiziaria;evenienza che, nel caso di specie, era mancata in
quanto il processo verbale di costatazione della Guardia di
Finanza relativo alle importazioni in esame, avvenute fra il 1998
ed il 2000, era stato trasmesso all’Autorità giudiziaria in data
12 maggio 2005.
8.

Con il

quinto motivo

la società ha dedotto violazione

dell’art.220 secondo paragrafo lett.b) Reg.CE n.2913/1992, in
relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.,

evidenziando che la

CTR non aveva adeguatamente considerato la ricorrente dell’errore
dell’autorità doganale e della buona fede dell’importatore ai fini
dell’operatività

del divieto di contabilizzazione a posteriori

dei dazi reclamati dall’Agenzia.
9. Con il sesto motivo

è stata dedotta l’omessa motivazione della

sentenza con riferimento alle case di esclusioni della buona fede
rilevante ai fini dell’art.220 Reg.CE n.2913/1992,

in relazione

all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c..
10. Con il settimo motivo è stato dedotta la violazione dell’art.2
d.lgs.n.546/1992, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.,
per non avere il giudice di appello affermato l’illegittimità
delle intercettazioni ambientali raccolte nel procedimento penale.
3

all’interno di ipotesi delittuose.

11.

Con

l’ottavo motivo

è

stata prospettata la violazione

dell’art.11 d.lgs.n.374/1990, in relazione all’art.360 comma l n.3
c.p.c.,

avuto riguardo alla mancata declaratoria, da parte del

giudice di appello, dell’illegittimità degli atti impugnati in
relazione all’utilizzazione di intercettazioni illegali.
12. Con il nono motivo

la società ha dedotto la contraddittoria

motivazione della sentenza impugnata , in relazione all’art.360
nella parte in cui aveva ritenuto che la

Socoba fosse una società di comodo della Chiquita.
13. Con il

decimo motivo

la società contribuente ha dedotto

violazione dell’art.13 Reg.CE 1442/93 e 21 Reg.CE n.2362/98, in
relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.,

per avere il giudice

di appello presupposto la natura illecita dei negozi di cessione
dei titoli Agrim, invece pienamente lecito per gli operatori di
categoria A e B ed invece vietato per le cessioni dagli operatori
di categoria C a quelli di categoria A e B.
14. Con

l’undicesimo motivo

la società ha dedotto violazione

dell’art.38 TULD e 201 Reg.CE n.2913/1992, per avere ritenuto la
diretta responsabilità della medesima nell’obbligazione doganale e
non della sola dichiarante Socoba.
15. Con il dodicesimo motivo

la società contribuente ha dedotto

difetto di motivazione della sentenza, in relazione all’art.360
comma l n.5 c.p.c.,

per l’omessa valutazione di una serie di

elementi documentali che avrebbero escluso, se adeguatamente
ponderati, di giungere alla conclusione che fra Socoba e Chiquita
esistesse un rapporto preferenziale.
16. Vanno esaminati con priorità i motivi

tre e quattro,

per

ragioni di ordine logico.
16.1 Occorre evidenziare che l’Agenzia delle Dogane ha dedotto
l’infondatezza delle due censure, sostenendo che la notizia di
reato era stata iscritta nell’anno 2005 e, dunque, oltre il
termine triennale dalla data delle dichiarazioni doganali, senza
che tale circostanza potesse determinare il decorso della
prescrizione che, invece, decorreva da quanto l’Amministrazione

4

comma 1 n.5 c.p.c.,

veniva a conoscenza della astratta rilevanza penale delle
condotte.
16.2 Orbene, questa Corte ha avuto modo di precisare che
l’istituto della revisione dell’accertamento per procedere al
recupero dei dazi successivamente disciplinato dalla L. n. 374 del
1990, art. 11, non trova applicazione per il recupero dei diritti
doganali evasi per fatti penalmente rilevanti, essendo tale

diritti di dogana sia determina da una differente qualificazione
delle merci importate in relazione alla loro intrinseca natura
(indagine “fattuale”) e non anche nei casi in cui in cui impregiudicata l’identificazione soggettiva ed aggettiva degli
elementi fiscalmente rilevanti – la nuova liquidazione origini da
una diversa classificazione tariffaria o da una errata
individuazione del regime daziario applicabile (come nelle ipotesi
di irregolarità e/o falsità dei certificati di provenienza) e non
siano richieste ulteriori indagini tecnico-merceologiche ma solo
valutative – interpretative del trattamento da riconoscere sulla
base della documentazione di corredo (indagine “giuridica”),
bastando in tal caso attivare il rimedio generale di cui al D.P.R.
23 gennaio 1973, n. 43, art. 81 comma 2 ed art. 82, per la
riscossione dei diritti doganali maturati successivamente alla
liquidazione”, in tal caso rimanendo sottratto il provvedimento
impositivo al termine triennale di decadenza decorrente dalla
definitività dell’accertamento(cfr. Cass. 20.9.2006 n. 20361;
Cass.n.19540/2009;Cass.n.14016/2012).
16.3 Questa Corte ha però ritenuto che in tema di tributi
doganali, l’azione di recupero “a posteriori” dei dazi
all’importazione o all’esportazione può essere avviata dopo la
scadenza del termine di tre anni dalla data di contabilizzazione
dell’importo originariamente richiesto- coincidente con la
presentazione della merce in dogana- quando la mancata
determinazione del dazio sia avvenuta a causa di un atto
perseguibile penalmente- a prescindere dall’esito- di condanna o
assolutorio- del giudizio- purchè sia trasmessa, nel corso del
5

procedura destinata solo ai casi in cui la nuova liquidazione dei

termine di prescrizione e non dopo la sua scadenza, la “notizia
criminis”, primo atto esterno prefigurante il nodo di commistione
tra fatto reato e presupposto di imposta, destinato ad essere
sciolto all’esito del giudizio penale-cfr.Cass.

5384 del

n.

04/04/2012;Cass.n.14016/2012-.
16.4 Tale indirizzo, peraltro, non contrasta in alcun modo con la
previsione contenuta nell’art.221 Reg.CE n.2913/1992, avendo la

nell’ambito di un rinvio pregiudiziale sollevato dalla CTP di
Alessandria, che l’art. 221, nn. 3 e 4, del regolamento (CEE) del
Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913 deve essere interpretato nel
senso che non osta ad una normativa nazionale in base alla quale,
laddove il mancato pagamento dei diritti tragga origine da un
reato, il termine di prescrizione dell’obbligazione doganale
inizia a decorrere dalla data in cui il decreto o la sentenza,
pronunciati nel procedimento penale, sono divenuti irrevocabilicfr.Corte giust. 17 giugno 2010, CD75/09, Agra s.r.1.-.

Del resto,

che tale indirizzo si sia ormai ben sedimentato è provato
dall’utilizzazione che di esso ha fatto la Corte costituzionale
quale tertium comparationis-cfr.Corte cost. n.244/2011, p.3.1-.
16.5 Orbene, nel caso di specie risulta che gli avvisi di
rettifica si riferiscono a dazi pretesi per importazioni relative
all’ anno 1998 ed all’anno 2000 e che, per stessa ammissione
dell’Agenzia delle Dogane, la comunicazione di reato non è stata
emesso o comunicata, risultando per contro che vi sia stata una
comunicazione del processo verbale di constatazione della Guardia
di

Finanza

nel

corso

dell’anno

2005-cfr.pag.9

1^rigo

controricorso-.
16.6 Né l’Amministrazione, sulla quale incombeva il relativo onere
di allegazione, ha fornito alcun elemento dal quale potere
inferire che l’autorità giudiziaria abbia comunque portato a
conoscenza dell’Autorità giudiziaria i verbali degli organi
ispettivi comunitari nel termine triennale anzidetto, semmai
esplicitamente ammettendo(pag.9 4^periodo controricorso) che la

6

Corte di Giustizia di recente espressamente chiarito, proprio

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D P.R. 2614/19%
N. 13: TAB. ALL. 13. – N.5

MATERIA TRIBUTARIA
non era stata iscritta entro il termine

notitia criminis

triennale.
16.7 Da ciò non può che risultare che per le importazioni di cui
si discute- peraltro, risalenti ad epoca anteriore all’entrata in
vigore(risalente al 19 dicembre 2000) della modifica apportata
all’art.221 Reg.n.2913/1992 cit. dal Reg.CE n.2007/2000pubblicato sulla GUCE del 12.12.2000- era abbondantemente maturata

in data 10 novembre 2005.
16.8 Evidente, è risultato, pertanto, l’errore in cui è incorso il
giudice di appello allorchè ha disatteso l’eccezione di
prescrizione formulata dalla società.
17. L’accoglimento del quarto motivo di ricorso, che determina
l’assorbimento degli altri motivi, impone la cassazione della
sentenza impugnata.
18. Non richiedendosi ulteriori accertamenti in fatto, la causa
può essere deciso nel merito con l’accoglimento del ricorso
proposto dalla società contribuente.
19.

Ricorrono

consolidamento

motivi,

giusti
della

in

giurisprudenza

relazione
sopra

al

recente

ricordata,

per

compensare fra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il
ricorso della società contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso il 29 gennaio 2013 nella camera di consiglio della V
sezione civile della Corte.

la prescrizione allorchè furono emessi gli avvisi di accertamento

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