Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20766 del 01/10/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20766 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 27822-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore Centrale
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
SOCIETA’ MECPOLIRES WORKINGS GROUP SPA in persona
dell’amministratore unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
REGINA MARGHERITA 262/264, presso lo studio degli avvocati
ANNA STEFANINI e SALVATORE TAVERNA, che la
rappresentano e difendono, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 01/10/2014

i
avverso la sentenza n. 698/9/2012 della Commissione Tributaria
Regionale di L’AQUILA – Sezione Staccata di PESCARA del
22.3.2012, depositata il 24/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CARACCIOLO.

Ric. 2012 n. 27822 sez. MT – ud. 10-07-2014
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La CTR di L’Aquila ha respinto l’appello della Agenzia, appello proposto contro la
sentenza n.142/01/2009 della CTP di Pescara che aveva accolto il ricorso della
“Mecpolires Workings Group spa” contro avviso di revoca del credito di imposta ex
art.7 comma 10 della legge n.388/2000, per la annualità 2003-2006, in relazione alle
nuove assunzioni effettuate nel corso dei detti anni e per la parte eccedente la somma
limite di € 100.000,00.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che alla richiesta di
riconoscimento dell’ulteriore credito di imposta non si applica la disciplina degli
“aiuti di stato”, siccome trattasi di semplici misure di carattere generale, volte a
promuovere l’occupazione, che non falsano né minacciano la concorrenza, sicchè il
contributo spetta senza i limiti della regola comunitaria “de minimis”.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte intimata si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di censura (improntato alla violazione del dianzi
menzionato articolo di legge) la Agenzia ricorrente si duole del fatto che il giudice di
appello ha trascurato che il combinato disposto dell’art.63 della legge n.289/2002 e
del comma 10 dell’art.7 della legge 388/2000 stabilisce espressamente l’applicazione
della regola “de minimis”, secondo cui il beneficio non può essere goduto oltre il
predetto limite, con conseguente legittimità del coerente provvedimento di revoca
adottato dall’Agenzia.

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letti gli atti depositati

11 motivo è fondato e da accogliersi.
Il comma 10 dell’art.7 or ora citato prevede infatti espressamente che:”All’ulteriore
credito di imposta di cui al presente comma si applica la regola de minimis di
cui alla comunicazione della Commissione delle Comunita’ europee 96/C68/06,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita’ Europee C68 del 6 marzo

predetta comunicazione purche’ non venga superato il limite massimo di lire 180
milioni nel triennio”.
Non vi è ragione per ritenere che la disciplina in questione sia da disapplicarsi nella
specie di causa, non ravvisandosi alcun contrasto con la disciplina comunitaria, che
non impone al legislatore nazionale di escludere limiti alla concessione del beneficio,
siccome è stato appunto previsto con la norma sopra trascritta, nell’esercizio della
legittima discrezionalità che compete al legislatore italiano. Nel medesimo senso si è
di recente pronunciata la sezione quinta di questa Corte (Cass. Sentenza n. 21797 del
20/10/2011, con il seguito di numerose altre) che, nel fare applicazione della
disciplina di proroga della predetta previsione di legge, ha ritenuto che:”In tema di
agevolazioni fiscali, è illegittima la disapplicazione da parte del giudice nazionale
della norma dell’art. 63, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nella parte
in cui, rinnovando il regime di incentivi alle assunzioni, mantiene ferma la
disposizione di cui all’art. 7, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 che
circoscrive il riconoscimento del credito di imposta nei limiti della regola “de
minimis” – e cioè nell’importo di Euro 100.000 nel triennio, quale limite quantitativo
al di sotto del quale gli aiuti di stato non incorrono nel divieto di cui all’art. 92 (poi
87) del Trattato CE – sul presupposto che il beneficio in questione non configuri un
aiuto di Stato, in quanto incorre nella violazione della normativa comunitaria il
legislatore soltanto se concede aiuti di Stato in misura eccedente alla regola “de
minimis” e non se circoscrive, nell’ambito dei suoi legittimi poteri discrezionali,
benefici fiscali entro soglie predefinite, anche individuate “per relationem” rispetto a
norme dell’ordinamento comunitario”.

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1996, e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della

La pronuncia impugnata non ha fatto dunque corretta applicazione della norma
nazionale e merita cassazione.
In definitiva, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza, con conseguente facoltà per la Corte di decidere nel merito,
respingendo il ricorso introduttivo di parte contribuente.

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;

Roma, 30 marzo 2014

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i \ \3
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la
parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in E 4.000,00
oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2014
Il Presid nte

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