Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20760 del 04/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 04/09/2017, (ud. 03/04/2017, dep.04/09/2017),  n. 20760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 216-2016 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIA 88,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICA CORSINI, rappresentato e

difeso dagli avvocati CALOGERO IGNAZIO DIMINO e GANDOLFO MOCCIARO;

– ricorrente –

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARLO

FELICE 63, presso lo studio dell’avvocato CAROLA CHINAPPI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SCLAFANI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1598/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 28/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/04/2017 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

RILEVATO

che:

G.C. ricorre per cassazione contro la sentenza numero 1598 del 28 ottobre 2015 con cui la Corte d’appello di Palermo ha respinto l’appello da lui proposto avverso la sentenza con cui il Tribunale di Sciacca aveva rigettato la sua opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti su istanza di F.A.. Quest’ultimo ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale.

G.C. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il primo motivo del ricorso principale lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che i documenti depositati a sostegno della dedotta insussistenza di alcun rapporto sottostante all’emissione dei due assegni bancari forza dei quali il F. aveva ottenuto il decreto ingiuntivo, fossero inidonee a dimostrare l’assunto difensivo.

Il secondo motivo del ricorso principale lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. e art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, avrebbe tralasciato di esaminare alcuni elementi probatori dedotti quella lite che costituirebbero argomenti di prova a sostegno dell’atto d’appello.

Il F. ha chiesto nel controricorso il rigetto dell’avversa impugnazione ed ha proposto a sua volta ricorso incidentale con un motivo, con cui ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando l’erronea compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di merito disposta dal giudice d’appello.

Ritenuto che:

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Il ricorso principale è inammissibile.

E’ inammissibile il primo motivo di esso che, sotto l’apparente denuncia di una violazione dell’art. 1988 c.c., in realtà priva di ogni seguito atteso che lo stesso ricorrente riconosce la ineccepibilità della decisione impugnata laddove ha ricondotto in quel paradigma l’ipotesi del titolo di credito che abbia perduto l’efficacia cartolare, contiene in realtà una critica alla motivazione del provvedimento impugnato e si affida ad una diversa ricostruzione del giudizio di idoneità degli elementi probatori depositati al fine di dimostrare l’assunto dell’assenza del rapporto causale sottostante, in tal modo tuttavia incorrendo nella declaratoria di inammissibilità ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che limita il controllo sulla motivazione da parte del giudice di legittimità al cosiddetto minimo costituzionale (Sezioni Unite n. 19881 del 2014).

Analogo giudizio di inammissibilità va espresso con riguardo al secondo motivo, che consiste nella teorica deduzione di un vizio di legge consistente nella erronea valutazione dei criteri della prova presuntiva, ma nella sostanza si traduce anch’esso in una diversa e unilaterale ricostruzione dell’efficacia probatoria della documentazione depositata in atti rispetto a quanto diversamente argomentato dal giudice di merito e pertanto incorre nella medesima causa di inammissibilità indicata a proposito del primo motivo di ricorso.

E manifestamente infondato il ricorso incidentale.

Difatti questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di spese processuali al sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 19 giugno 2013, n. 15317), dovendo ulteriormente precisarsi che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. 31 gennaio 2014, n. 2149).

Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate stante la soccombenza reciproca.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta quello incidentale compensando integralmente le spese del giudizio di cassazione e dando inoltre atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale ed incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ed incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2017

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