Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2076 del 30/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2076 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

SENTENZA

sul ricorso 10467-2008 proposto da:
SUCCURRO DOMENICO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA GIACOMO BARZELLOTTI

8,

presso lo studio

dell’avvocato CORRADO GIANLUCA, rappresentato e
difeso dall’avvocato VETRO’ ROSA MARIA LUCIANA giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

SISAL SPA 04900570963, in persona del Consigliere
Delegato e legale rappresentante avv. MARIO CORTI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

Data pubblicazione: 30/01/2014

presso lo studio dell’avvocato PERSICHELLI CESARE,
che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
CAVALLARI LAURA, FERRARI GIORGIO giusta delega in
atti;
– controricorrente –

CROTONE, depositata il 26/02/2007 R.G.N. 1346/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2013 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato GIANLUCA CORRADO per delega orale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

avverso la sentenza n. 250/2007 del TRIBUNALE di

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 12 novembre 2003 Domenico Succurro
convenne innanzi al Giudice di Pace di Crotone

SISAL s.p.a. per

ivi sentirla condannare al pagamento in suo favore della somma
di euro 2.582,00, oltre interessi e spese, per una vincita al

potuto incassare l’importo perché la schedina era stata
scambiata e di avere denunciato i fatti sia alla Procura della
Repubblica di Crotone che a SISAL s.p.a. la quale, malgrado ciò,
l’aveva comunque pagata a soggetto che non era l’effettivo
vincitore.
Costituitasi in giudizio,

SISAL

s.p.a. contestò le avverse

pretese.
Con sentenza del 31 maggio 2004 il giudice adito accolse la
domanda.
Proposto gravame dalla soccombente società, il Tribunale, in
data 26 febbraio 2007, in accoglimento dello stesso, l’ha invece
rigettata.
Per la cassazione di detta decisione ricorre a questa Corte
Domenico Succurro, formulando sette motivi.
Resiste con controricorso SISAL s.p.a.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l.

Nel motivare il suo convincimento il giudice di merito ha

segnatamente evidenziato:

a)

dal Succurro nei confronti di

che la responsabilità fatta valere
SISAL

aveva natura contrattuale,

di talché era del tutto irrilevante che in sede penale fosse

3

concorso Enalotto del 17 settembre 1997. Dedusse di non averne

stato condannato il titolare della ricevitoria presso la quale
era stata effettuata la giocata;

b)

che, in base al regolamento

del concorso pronostici SuperEnalotto approvato con D.M. del 29
ottobre 1957, come modificato dal D.M. in data 30 luglio 1998,
il pagamento del premio doveva essere effettuato “a favore e a

stessa, escluso qualsiasi equipollente”;

c)

che, secondo la

consolidata giurisprudenza del Supremo Collegio / la schedina
giocata e debitamente convalidata costituiva un documento di
legittimazione,

ex

art. 2002 cod. civ., idoneo a individuare

l’avente diritto alla riscossione del premio;

d)

che,

conseguentemente, correttamente la società convenuta aveva
effettuato il pagamento della vincita in favore del titolare
della ricevitoria presso la quale la schedina vincente era stata
giocata, previo ritiro della stessa in originale; e) che tale
pagamento non andava qualificato come pagamento al creditore
apparente,

ex

art. 1189 cod. civ., ma come pagamento

all’adiectus solutionis

causa, ex art. 1188 cod. civ.,

configurando il rapporto tra giocatore e ricevitore un mandato
oneroso, sia con riferimento all’attività di trasmissione
all’ente gestore del tagliando-matrice e della posta, sia con
riferimento a quella di riscossione;

f)

che, in definitiva

legittimamente SISAL aveva corrisposto la vincita alla persona
legittimata a riscuoterla,

ex art. 1188 cod. civ.

2.1 Di tale valutazione si duole quindi l’impugnante che, con il

primo motivo di ricorso, denuncia violazione dell’art. 1703 cod.

4

spese dell’esibitore della scheda” e “previo ritiro della

civ.,

ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., e, premesso che il

gestore della ricevitoria si era appropriato in maniera illecita
del tagliando, chiede alla Corte, nel quesito di diritto, di
stabilire “se chi si appropria in maniera illecita di una
schedina vincente diviene mandatario del giocatore-vicitore”.
Con il secondo mezzo il ricorrente deduce violazione

dell’art. 1188 cod. civ.,

ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,

formulando il seguente quesito: dica la Corte se il pagamento
effettuato a chi si appropria in maniera illecita di una
schedina vincente, costituisce pagamento a un
solutionis causa,

adiectus

ossia a un mandatario del giocatore vincitore,

con conseguente estinzione dell’obbligazione.
2.3 Con il terzo motivo l’impugnante lamenta violazione del D.M.

del 29 ottobre 1957, come modificato dal D.M. in data 30 luglio
1998, per avere il giudice di merito ritenuto valido il
pagamento effettuato al titolare della ricevitoria, senza
considerare che lo stesso si era appropriato in maniera illecita
del tagliando vincente.
Formula il seguente quesito: dica la Corte se il pagamento
effettuato a chi si è appropriato in maniera illecita di un
tagliando vincente costituisce pagamento a un

adiectus

solutionis causa, ossia a un mandatario del giocatore vincitore.
2.4

Con il quarto, il quinto, il sesto e il settimo mezzo il

ricorrente deduce vizi motivazionali con riferimento:

a)

alla

circostanza che il gestore della ricevitoria, che si era
appropriato in maniera illecita del tagliando vincente, avrebbe

5

2.2

agito quale mandatario del vincitore;

b)

alla ricorrenza, nella

fattispecie, dei presupposti per l’operatività dell’art. 1188
cod. civ., considerato che il pagamento era avvenuto in un
momento successivo alla acquisita conoscenza, da parte di SISAL,
della denuncia del Succurro;

c)

alla ritenuta insussistenza

confronti di SISAL per il pagamento della vincita, malgrado
l’esistenza di una sentenza penale, passata in giudicato, che
aveva accertato la responsabilità

dell’accipiens; d)

alla

affermata, corretta applicazione del regolamento concorso
pronostici, avendo SISAL ricevuto il tagliando vincente da chi
se ne era illecitamente appropriato.
3 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente

per la loro connessione, non hanno pregio.
Va premesso che il ricorso – avuto riguardo alla data della
pronuncia (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio
2009) – è soggetto, in forza del combinato disposto degli artt.
27, comma 2, del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e 58 della legge
18 giugno 2009, n. 69, alla disciplina di cui agli artt. 360
cod. proc. civ. e segg., come modificati per effetto del
menzionato d.lgs. n. 40 del 2006.
Ad esso si applica pertanto l’art. 366

bis

cod. proc. civ.,

attesa l’univoca volontà del legislatore di assicurare ultraattività a tale norma, anche dopo la sua formale abrogazione
(per tutte, v. espressamente Cass. civ. 27 gennaio 2012, n.
1194).

6

della possibilità per il Succurro di agire direttamente nei

4

Ora, come è stato correttamente evidenziato, in un sistema

processuale che già prevedeva la redazione del motivo con
l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del
disposto di cui all’art. 366 bis,

prima parte, cod. proc. civ.,

consiste nell’imposizione, al patrocinante che materialmente

censura, funzionalizzata alla formulazione immediata e diretta
del principio di diritto che si chiede alla Corte di affermare
e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica
demandata al giudice di legittimità (Cass. civ. ord. 24 luglio
2008, n.20409 e più di recente Cass. civ. 5 luglio 2011, n.
14771).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione
richiede allora che, con riferimento ad ogni punto della
sentenza investito da motivo di ricorso, la parte, dopo avere
del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere
indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima il
diverso principio di diritto sulla cui base il punto controverso
andrebbe viceversa risolto, con la precisazione che all’ipotesi
in cui manchi il quesito va assimilata quella in cui il quesito
sia inconferente ovvero si risolva in un’enunciazione di
carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione
della fattispecie concreta e tale, quindi, da non consentire una
risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal
ricorrente, tenuto conto che neppure è possibile desumere il
quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il

7

redige l’atto, di una sintesi originale ed autosufficiente della

secondo (Cass. civ., Sez. Unite, 11 marzo 2008, n.6420). Ciò in
quanto il quesito di cui all’art. 366

bis

cod. proc. civ.,

rappresentando la congiunzione fra la risoluzione del caso
specifico e l’enunciazione del principio generale, non può
esaurirsi nella mera affermazione di una regola astratta, ma

concreta, nel senso che deve raccordare la prima alla seconda,
nonchè alla decisione impugnata, in modo da indicare la
discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto,
essendo evidente che una medesima affermazione può essere esatta
in relazione a determinati presupposti ed errata rispetto ad
altri.
5

Quanto poi ai motivi con i quali si denunciano vizi

motivazionali, il secondo periodo dell’articolo 366
proc. civ. prevede che il ricorrente formuli un c.d.

bis

cod.

quesito di

fatto, che indichi cioè, in modo sintetico, evidente e autonomo,
il fatto controverso rispetto al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione.
Sebbene vi sia stata qualche isolata pronuncia che ha ritenuto
sufficiente un’illustrazione che, libera da rigidità formali, si
concretizzi tuttavia in una esposizione chiara del fatto
controverso o delle ragioni di inidoneità della motivazione
(confr. Cass. civ. n. 4556 del 2009), la giurisprudenza di
questa Corte si è ormai consolidata nel senso che il rispetto

8

deve presentare uno specifico collegamento con la fattispecie

della disposizione processuale richiamata esige un quid pluris,
e cioè la formulazione di uno specifico passaggio espositivo del
ricorso nel quale tutto ciò risalti in modo non equivoco. Tale
requisito – si è affermato – non può ritenersi osservato
allorquando solo la completa lettura della illustrazione del

anziché su indicazione della parte ricorrente, consenta di
comprendere il contenuto e il significato delle censure, stante
le esigenze deflattive sottese alla formulazione dell’art. 366bis cod. proc. civ. (confr. Cass. civ. 14 marzo 2013, n. 6549).
6 Nel caso di specie parte ricorrente, nei quesiti di diritto

formulati a chiusura del primo, del secondo e del terzo motivo,
segnatamente volti a denunciare pretesi

errores in iudicando in

cui sarebbe incorso il giudice di merito, pone alla Corte una
serie di interrogativi in ordine alla possibilità che chi si sia
appropriato in maniera illecita di una schedina vincente possa
essere considerato adiuctus solutionis causa, ovvero mandatario
dell’effettivo vincitore: interrogativi, tutti, privi,
all’evidenza, di correlazione con le argomentate ragioni della
decisione. Questa è invero incentrata sulla piena legittimità
del pagamento della schedina al titolare della ricevitoria,
previo ritiro del documento di legittimazione in originale,
legittimità predicabile, secondo il giudice d’appello, in base
al regolamento del concorso, e tale da rendere inopponibile a
SISAL il malgoverno che del relativo importo aveva poi fatto
l’accipiens.

Ed è a dir poco ovvio, in tale contesto, che la

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motivo, all’esito di una interpretazione svolta dal lettore,

qualificazione di quest’ultimo in termini di

adiectus

o

mandatario del vincitore è più descrittiva che decisiva, posto
che, anche a non volerla condividere, resta comunque intatto il
nucleo decisorio essenziale della pronuncia impugnata.
Peraltro, considerato che, in tema di concorsi pronostici, per

generali unilateralmente predisposte e contenute in atti
regolamentari, in quanto accettate dallo scommettitore,
disciplinano il contratto complesso ed unitario che lo stesso
conclude con l’ente gestore al momento della giocata (confr.
Cass. civ. 29 maggio 2013, n. 13434), l’impugnante, che non ha
mai confutato la qualificazione in termini di responsabilità
contrattuale della sua azione nei confronti di SISAL, non poteva
sottrarsi alla contestazione della lettura che di quelle
disposizioni ha dato il giudice di merito, sulla stessa fondando
l’operata scelta decisoria.
7 Quanto poi alle critiche formulate nel quarto, nel quinto e
nel sesto motivo, che attengono a pretesi vizi dell’iter
argomentativo con il quale il giudice di merito ha dato conto
del suo convincimento, esse, a ben vedere, non mettono capo, in
maniera chiara, a quel momento di sintesi, omologo del quesito
di diritto, richiesto dall’art. 366

bis cod. proc. civ., nella

interpretazione ormai assurta a diritto vivente, elemento che come innanzi evidenziato – deve essere separatamente indicato in
una parte del ricorso a ciò specificamente deputata.

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consolidata giurisprudenza di questa Corte, le condizioni

In ogni caso i rilievi in essi esposti, oltre a riproporre,
sotto forma di vulnera dell’apparato motivazionale con il quale
. il decidente ha giustificato la sua decisione, gli stessi
argomenti addotti a sostegno dei denunciati
iudicando,

errores in

censurano, in maniera confusa e comunque puramente

delle vincite SISAL, in presenza di una denuncia di
appropriazione illecita della schedina da parte del titolare
della ricevitoria.
8

Infine, e conclusivamente, tutte le critiche sono anche

gravemente carenti sul piano dell’autosufficienza, atteso che il
rispetto del disposto degli artt. 366, comma 1, n.6 e 369, comma
2, n. 4 cod. proc. civ., imponeva a parte ricorrente di
riprodurre, almeno nelle parti salienti, il contenuto dei
documenti prodotti a sostegno delle sue deduzioni, quali la
sentenza penale di condanna del titolare della ricevitoria e la
diffida inviata a SISAL, nonché di indicarne l’esatta
allocazione nel fascicolo processuale, adempimenti, tutti,
rimasti inadempiuti.
Si ricorda, in proposito, che le sezioni unite di questa Corte,
pur avendo chiarito che l’onere del ricorrente, di cui all’art.
369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così come modificato
dall’art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di produrre, a
pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i
documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso
si fonda” è soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti

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assertiva, l’applicabilità delle norme in ordine al pagamento

contenuti nel fascicolo di parte, mediante la produzione dello
stesso, e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel
fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di
trasmissione, presentata alla cancelleria del giudice che ha
pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente

civ., hanno tuttavia precisato che resta ferma, in ogni caso,
l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità
ex

art. 366, n. 6, cod. proc. civ., del contenuto degli atti e

dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati
necessari al loro reperimento (confr. Cass. civ. 3 novembre
2011, n. 22726).
In tale contesto il ricorso deve, evidentemente, essere
dichiarato inammissibile.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio.
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il
ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in
complessivi euro 1.600,00 (di cui euro 200,00 per esborsi),
oltre IVA e CPA, come per legge.
Roma, 9 dicembre 2013

munita di visto ai sensi dell’art. 369, terzo comma, cod. proc.

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