Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2076 del 29/01/2010

Cassazione civile sez. III, 29/01/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 29/01/2010), n.2076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.G. (OMISSIS), DE.GI.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato MANCINI ANDREA, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAMISASSI MARCO giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

T.C., C.R., T.M., T.

P.A.;

– intimati –

e sul ricorso n. 20806/2008 proposto da:

T.C. (OMISSIS), T.M.

(OMISSIS), T.P.A. (OMISSIS),

C.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 29, presso lo studio dell’avvocato

PICCINI BARBARA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MANASSERO FRANCO giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrenti –

contro

D.G., DE.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 62/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

SEZIONE AGRARIA, emessa il 17/1/2008, depositata il 02/05/2008,

R.G.N. 2543/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

12/01/2010 dal Consigliere Dott. FINOCCHIARO Mario;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso 3 marzo 2000 T.C., C.R., T.P.A. e T.M., proprietari nel comune di (OMISSIS) di due fondi rustici condotti in affitto tra il 1971 e l’11 novembre 1997 da D.G. e DE.Gi., hanno convenuto costoro in giudizio innanzi al tribunale di Pinerolo, sezione specializzata agraria.

Hanno esposto gli attori che con sentenza 24 giugno 1997, coperta da giudicato, la stessa sezione specializzata agraria aveva dichiarato risolto, alla indicata data dell’11 novembre 1997 il contratto di affitto inter partes ma la Corte di appello di Torino, sezione specializzata agraria, nel confermare tale pronunzia aveva annullato la decisione del primo giudice nella parte in cui aveva condannato gli affittuari al rilascio di due cascine (gia’ oggetto dell’affitto).

Tutto cio’ premesso gli attori hanno chiesto la condanna degli attori al pagamento – a titolo di danni (conseguenti alla mancata esecuzione da parte degli affittuari della ordinaria manutenzione, nonche’ alle spese necessarie per i lavori indispensabili per ripristinare la funzionalita’ irrigua dei canali e per mancato reddito per le annata agrarie 1998 e 1999) – della somma di L. 1.061.376,430 oltre rivalutazione monetaria e interessi.

Costituitisi in giudizio i convenuti hanno resistito alle avverse pretese deducendo, nell’ordine, da un lato, che i danni presenti nei fabbricati erano riferibili non alla assenza di ordinaria manutenzione da parte loro, ma dalla omessa esecuzione di opere di manutenzione straordinaria a carico della proprieta’, dall’altro, che i canali e i fossi di irrigazione erano perfettamente funzionanti, da ultimo, che non solo essi concludenti avevano eseguito la ordinaria manutenzione dei tali fossi e canali ma anche reso irrigabili altri terreni che in precedenza potevano essere bagnati esclusivamente a pioggia, chiedendo – per l’effetto – in via principale, il rigetto delle domande avversarie, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al pagamento della complessiva somma di L. 500 milioni per miglioramenti e addizioni eseguiti sui fondi e sulle cascine.

Svoltasi la istruttoria del caso – nel corso della quale T. C., C.R., T.P.A. e T.M. hanno convenuto nuovamente innanzi al tribunale di Pinerolo, sezione specializzata agraria, D.G. e DE.Gi.

chiedendone la condanna al risarcimento dell’ulteriore somma di L. 659.815.000 a titolo di danni per gli anni 2000 e 2001 per la omessa dismissione, da parte dei convenuti, delle cascine e i convenuti, costituitisi anche in questo diverso giudizio, hanno formulato le stesse difese gia’ svolte nell’altro giudizio – l’adita sezione, disposta la riunione dei procedimenti, con sentenza 27 novembre 2001 ha rigettato sia le domande principali che quella riconvenzionale.

Gravata tale pronunzia in via principale da T.C., C.R., T.P.A. e T.M. e in via incidentale da D.G. e DE.Gi. la Corte di appello di Torino, sezione specializzata agraria, con sentenza 17 gennaio – 2 maggio 2008 in parziale riforma della sentenza del primo giudice ha condannato in solido D.G. e D. G. al pagamento in favore di T.C., C. R., T.P.A. e T.M. della somma di Euro 77.328,00 gia’ rivalutata, oltre interessi dalla domanda al saldo.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, non notificata, hanno proposto ricorso, affidato a 6 motivi D.G. e D. G., con atto 25 giugno 2008 e date successive, illustrato da memoria.

Resistono, con controricorso e ricorso incidentale, notificato il 1 agosto 2008 affidato a due motivi e illustrato da memoria, T. C., C.R., T.P.A. e T.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I vari ricorsi avverso la stessa sentenza devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. Come accennato in parte espositiva i giudici di appello, rigettata, perche’ priva di qualsiasi supporto probatorio, la domanda dei concedenti volta a ottenere il risarcimento dei danni per mancato tempestivo rilascio dei fondi da parte dei conduttori, hanno condannato questi ultimi al risarcimento dei danni patiti dalle cascine M. e F. a causa della mancata esecuzione, da parte loro, delle opere di manutenzione ordinaria delle stesse, e liquidato gli stessi – tenuto presente il coefficiente di vetusta’ delle cascine stesse (sulla base delle indagini espletate presso l’Archivio di Stato di Torino nonche’ del testimoniale di stato compilato al momento dell’inizio del rapporto) e considerata la incidenza, sullo stato di dette cascine della assenza di opere di manutenzione straordinaria (a carico della proprieta’, che hanno inciso nella causazione dei danni accertati nella stessa misura della assenza delle opere di manutenzione ordinaria) – sulla base degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico d’ufficio nella propria relazione seguita da due integrazioni e con il valido ausilio dei membri esperti, componenti il collegio, in complessivi Euro 77.328, oltre interessi legali.

3. Tali conclusioni sono contestate sia dai ricorrenti principali (con i primi cinque motivi del loro ricorso), sia da quelli incidentali (con entrambi i motivi del loro ricorso).

3.1. I ricorrenti principali, come anticipato, censurano, la sentenza impugnata nella parte che ha – sia pure parzialmente – accolto la domanda avversaria con cinque motivi.

Gli stessi sono cosi’ articolati.

3.1.1. Nullita’ della sentenza ex art. 113 c.p.c. ed ex art. 132 c.p.c., n. 3. Censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per essere state trascritte, nella intestazione della sentenza impugnata, le conclusioni rassegnate in grado di appello da essi concludenti nella comparsa di costituzione e risposta 6 marzo 2003 e non quelle – diverse – contenute in un apposito foglio datato 14 giugno 2007.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. parte ricorrente sottopone all’esame di questa Corte il seguente quesito di diritto: “e’ conforme alla lettera dell’art. 132 c.p.c. la sentenza che non riporta le conclusioni delle parti cosi’ come formulate nel corso del giudizio?” primo motivo.

3.1.2. Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 2691 c.c. e all’art. 115 c.p.c., censurabile ex art. 360 c.p.c., n. 3, atteso che la corte di appello, pur non avendo ammesso le prove articolate dagli attori a fondamento della loro domanda, la ha nondimeno, accolta.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. parte ricorrente sottopone all’esame di questa Corte il seguente quesito di diritto: “e’ conforme alla lettera dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. accogliere la domanda degli attori appellanti senza ammettere le prove richieste dalle parti”secondo motivo;

3.1.3. Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 61 c.p.c., e segg. censurabile ex art. 360 c.p.c., n. 3, atteso che la consulenza tecnica deve essere negata qualora la parte tenda a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero allorche’ la stessa e’ diretta a compiere una attivita’ esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. parte ricorrente sottopone all’esame di questa Corte il seguente quesito di diritto: “e’ possibile per il giudice del merito disporre la nomina del consulente tecnico d’ufficio in assenza di qualsivoglia preventiva istruzione probatoria?” terzo motivo.

3.1.4. Violazione dell’art. 414 c.p.c., n. 5 e dell’art. 421 c.p.c., censurabile ex art. 360 c.p.c., n. 3, atteso che la Corte di appello di Torino ha ritenuto di ammettere la consulenza tecnica d’ufficio senza alcuna motivazione, in contrasto con quanto sul punto, motivatamente deciso dal primo giudice e i successivi scritti e il supplemento alla consulenza tecnica d’ufficio non sono che una conseguenza alla impossibilita’ – senza l’assunzione di prove orali o documentali – di pervenire a un accertamento valido e corretto.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. parte ricorrente sottopone all’esame di questa Corte il seguente quesito di diritto: “e’ ammissibile nella controversia, regolata dallo speciale rito del lavoro, che la previsione dei poteri istruttori del giudice prevalga sulla regola generale in tema di ripartizione dell’onere probatorio?” quarto motivo.

3.1.5. Violazione dell’art. 61 c.p.c., dell’art. 414 c.p.c., n. 5 e dell’art. 421 c.p.c., nonche’ dell’art. 2691 c.c. censurabile ex art. 360 c.p.c., n. 5, atteso che la avvenuta non ammissione di prove orali e ai ctu da parte del giudice di prime cure era un elemento fondamentale del giudizio di secondo grado e quindi la mancata e/o insufficiente motivazione sul punto deve condurre all’annullamento della impugnata sentenza.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. parte ricorrente indica il seguente fatto controverso in relazione al quale si assume che la motivazione e’ omessa: “sussiste il vizio di motivazione laddove i giudici di secondo grado ammettono la CTU senza spiegare le loro ragioni, opposto a quelle dei giudici di primo grado, che l’avevano negata?” quinto motivo.

3.2. Per loro conto i ricorrenti incidentali denunziando la sentenza impugnata lamentando:

– da un lato, violazione dell’art. 1621 c.c. e della L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. a) e b) e L.R. 5 dicembre 1977, n. 56, art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In relazione a tale motivo, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. i ricorrenti incidentali sottopongono all’esame di questa Corte il seguente quesito di diritto: “se sia (o meno) violato (e se sia nella fattispecie stato violato) il disposto dell’art. 1621 c.c. della L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. a) e b) e della L.R. 5 dicembre 1977, n. 56, art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nel porre a carico degli affittuari soltanto il 50% del costo degli interventi conseguenti a mancata manutenzione ordinaria” primo motivo;

– dall’altro, violazione dell’art. 1621 c.c. e della L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. a) e b) e L.R. 5 dicembre 1977, n. 56, art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In relazione a tale motivo, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. i ricorrenti incidentali sottopongono all’esame di questa Corte il seguente quesito di diritto: “se sia (o meno) violato (e se sia nella fattispecie stato violato) il disposto dell’art. 1621 c.c. della L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. a) e b) e della L.R. 5 dicembre 1977, n. 56, art. 13, motivando la Corte d’Appello nella fattispecie la sua decisione con un calcolo fondato unicamente sulle parole “approfondito esame col valido aiuto degli esperti” secondo motivo.

4. Entrambi i ricorsi – intimamente connessi e da esaminarsi congiuntamente – devono rigettarsi.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

4.1. Quanto al primo motivo del ricorso principale, come assolutamente pacifico presso una giurisprudenza piu’ che consolidata di questa Corte regolatrice, la erronea trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti, costituisce, di norma, una semplice irregolarita’ formale irrilevante ai fini della validita’ della sentenza.

La stessa determina un effetto invalidante della medesima esclusivamente allorche’ abbia in concreto violato il principio del contraddittorio, impedendo la pronuncia del giudice sull’effettivo contenuto del dibattito processuale e sulle reali conclusioni delle parti (cfr. Cass. 2 agosto 2007, n. 16999; Cass. 5 giugno 2009, n. 12984).

In altri termini, e’ sufficiente, ai fini della validita’ della sentenza che, dalla lettura del provvedimento, siano chiaramente percepibili sia i connotati della vicenda che ha originato il giudizio, sia le domande e le eccezioni delle parti, sia, infine, i momenti essenziali del processo, e – in genere – tutto quanto serve alla comprensione della ratio decidendi (Cass. 7 maggio 2009, n. 10501, specie in motivazione).

Applicando i riferiti principi al caso di specie e’ palese che la dedotta nullita’ della sentenza non sussiste.

Sono state riportate – infatti – nella intestazione della sentenza, le conclusioni, di merito, della parte appellata – appellante incidentale, ancorche’ siano state omesse «nuove» istanze istruttorie inammissibilmente formulate per la prima volta al termine del giudizio di secondo grado, certo essendo che in grado di appello, nelle controversie soggette al rito di cui all’art. 409 c.p.c., e segg. “non sono ammessi nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio” e che nella specie non e’ stato neppure in tesi dedotto (nel contesto del primo motivo) che trattavasi di prove che potevano – dovevano essere ritenute indispensabili ai fini della decisione della causa e considerato – altresi’ – che la richiesta di un supplemento di consulenza tecnica non integra una conclusione istruttoria, ma una mera istanza rivolta al giudice perche’ eserciti i suoi poteri officiosi.

4.2. Il secondo, il terzo il quarto e il quinto motivo del ricorso principale – tutti incentrati sulle stesse problematiche – devono essere dichiarati manifestamente infondati.

In particolare, ancorche’ non si dubiti – come puntualmente evidenziato in ricorso – che in relazione alla finalita’ propria della consulenza tecnica d’ufficio, di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, il suddetto mezzo di indagine non puo’ essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed e’ quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni, od offerte di prova, ovvero a compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati, la giurisprudenza di questa Corte regolatrice e’ assolutamente costante nell’affermare che:

– e’ consentito, al giudice del merito derogare ai sopraindicati limiti, quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche (Cass. 12 febbraio 2008, n. 3374);

– il giudice del merito, quindi, non puo’ astenersi dal disporre una consulenza tecnica d’ufficio, nell’ipotesi in cui la risoluzione del giudizio dipende esclusivamente da un accertamento di natura tecnica (Cass. 19 marzo 2009, n. 6652);

– quando i fatti da accertare necessitano di specifiche competenze tecniche, non essendo rilevabili sulla base della comune percezione il giudice puo’ affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente) (Cass. 28 febbraio 2007, n. 4743).

Pacifico quanto precede dovendosi nella specie compiere accertamenti particolarmente complessi atteso che non dovevano verificarsi fatti oggetto della percezione sensoriale di possibili testi, ma – da un lato – condotte protrattesi per oltre 30 anni e in particolare, se i conduttori avessero, o meno, dal 1971 alla data del rilascio del fondo posto in essere atti di ordinaria manutenzione del complesso in affitto, dall’altro, la incidenza di tali condotte sui difetti presenti nelle cascine al momento della cessazione del rapporto di affitto, e quindi verifiche che non potevano non essere demandate a un soggetto particolarmente qualificato, e’ palese la infondatezza di tutte le censure svolte dai ricorrenti incidentali.

4.3. Non sussiste, in particolare, alcuna violazione – da parte dei giudici di appello, delle norme invocate nei vari motivi di ricorso atteso che:

– quando – come nella fattispecie ora in esame – i fatti da accertare necessitano di specifiche competenze tecniche, non essendo rilevabili sulla base della comune percezione il giudice puo’ affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente) si’ che il giudice del merito puo’ disporre consulenza tecnica d’ufficio prescindendo dalla previa ammissione delle prove hinc inde dedotte, ritenute – palesemente – irrilevanti al fine del decidere;

– la consulenza tecnica di ufficio e’ un mezzo istruttorio e non una prova vera e propria: la stessa, quindi, e’ sottratta alla disponibilita’ delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario (Cass. 13 marzo 2009, n. 6155; Cass. 5 luglio 2007, n. 15219).

Certo, inoltre, che la motivazione dell’eventuale diniego, di dare ingresso a una consulenza tecnica di ufficio puo’ anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal giudice del merito (Cass., 5 luglio 2007 n. 15219; Cass. 2 marzo 2006 n. 4660), e’ palese che qualora il giudice di appello – andando di contrario avviso rispetto a quello di primo grado – ritenga la opportunita’ di dare ingresso a tale mezzo istruttorio, non ha alcun onere di motivare espressamente il proprio provvedimento, ne’ di esporre le ragioni che lo hanno indotto a tale diversa conclusione.

4.4. In ordine al ricorso incidentale lo stesso e’ palesemente inammissibile nella parte in cui censura (sia con il primo che con il secondo motivo) la sentenza impugnata sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Infatti, come assolutamente pacifico, presso una giurisprudenza piu’ che consolidata di questa Corte regolatrice, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di assicurare la uniforme interpretazione della legge assegnata dalla Corte di Cassazione).

Viceversa, la allegazione – come prospettate nella specie da parte del ricorrente – di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, e’ esterna alla esatta interpretazione della norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato, in modo evidente, che solo questa ultima censura e non anche la prima e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (recentemente, in termini, Cass. 5 giugno 2007, n. 13066, nonche’ Cass. 20 novembre 2006, n. 24607, specie in motivazione; Cass. 11 agosto 2004, n. 15499, tra le tantissime).

Pacifico quanto segue si osserva che nella specie i ricorrenti incidentali pur invocando che i giudici del merito, in tesi, hanno malamente interpretato le molteplici disposizioni di legge sostanziale indicate nella intestazione dei vari motivi, in realta’, si limitano a censurare la interpretazione data, dai giudici del merito, delle risultanze di causa, interpretazione a parere dei detti ricorrenti incidentali inadeguata, sollecitando, cosi’ – contra legem e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di cassazione -un nuovo giudizio di merito su quelle stesse risultanze.

4.5. Parimenti inammissibile deve essere dichiarato il secondo motivo del ricorso incidentale nella seconda parte e in particolare in cui censura la sentenza sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Almeno sotto due, concorrenti, profili.

4.5.1. In primis si osserva che questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 e applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 14 luglio 2009 (cfr. L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5) – e’ fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 allorche’, cioe’, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, la illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Cio’ importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del que-sito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603).

Al riguardo, ancora e’ incontroverso che non e’ sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che e’ indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata.

Conclusivamente, non potendosi dubitare che allorche’ nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione e’ insufficiente, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non gia’ e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilita’ del ricorso (In termini, ad esempio, Cass. 7 aprile 2008, n. 8897), non controverso che nella specie la seconda parte del secondo motivo del ricorso incidentale, formulata ex art. 360 c.p.c., n. 5, e’ totalmente privo di tale indicazione, e’ palese che deve dichiararsene la inammissibilita’ (in argomento, tra le tantissime, Cass. 13 maggio 2009, n. 11094, in motivazione).

4.5.2. Anche a prescindere da quanto precede – comunque – il motivo e’ inammissibile tenuto presente che la Corte, ben lungi dal motivare la conclusione fatta propria sulle parole (riportate nella parte finale del ricorso) “approfondito esame col valido aiuto degli esperti”, ha puntualmente e analiticamente indicato le ragioni del proprio convincimento alla pagina 23 della sentenza ove si precisa che la Corte del merito ha ritenuto – avvalendosi, come premesso, del “valido ausilio dei suoi membri esperti” “piu’ adeguata, alla luce della lunga durata del rapporto di affitto e delle complesse vicende che hanno visto le parti contrapposte, acquisire il dato numerico relativo alla entita’ del caso degli interventi (con la riduzione sia sopra considerata dello 0,6975) e ripartire al 50% l’incidenza tra manutenzione ordinaria e straordinaria”.

Questa essendo la ratio decidendi dei giudici a quibus – in alcun modo adeguatamente censurata, e’ palese anche sotto tale profilo la inammissibilita’ del motivo (Motivo che, per completezza di esposizione e’ -comunque – anche manifestamente infondato, dovendosi ribadire in conformita’ a ricorrente giurisprudenza di questa Corte che con riguardo alle controversie di competenza della sezione specializzata agraria il “richiamo al parere degli esperti membri del collegio, in punto di quantificazione del danno, appare elemento sufficiente a sostenere la decisione sul punto”, Cass. 2 giugno 1992, n. 6683, specie in motivazione).

5. Con il sesto motivo – da ultimo – i ricorrenti incidentali denunziano “non corretta applicazione dell’art. 92 c.p.c. deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5“, quanto al capo relativo all’onere delle spese del giudizio.

6. La censura e’ inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Come gia’ precisato sopra, in margine al secondo motivo, seconda parte del ricorso incidentale, deve ribadirsi, ulteriormente, che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 allorche’, cioe’, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Cio’ importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603) ed e’ incontroverso che non e’ sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che e’ indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata.

Conclusivamente, atteso che i ricorrenti incidentali hanno omesso tale indicazione e’ evidente che il sesto motivo del ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile.

7. Sia il ricorso principale che quello incidentale, conclusivamente, devono essere rigettati, con compensazione delle spese di lite, tra le parti, di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi e li rigetta;

Compensa, tra le parti, le spese di questo giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010

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