Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20754 del 01/10/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 20754 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso 25410-2012 proposto da:
FGA INVESTIMENTI SPA 00513390013 – società incorporante di
I.T.C.A. PRODUZIONE SPA – in persona del procuratore speciale,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo
studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato PERLINI ITALICO,
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
CUBELLO MARCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ALBA 12/A, presso lo studio dell’avv. CARLO ALESSANDRINI,

Data pubblicazione: 01/10/2014

rappresentato e difeso dall’avv. DI FOLCO LOREDANA, giusta
procura speciale a margine del controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 7055/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito per la ricorrente l’Avvocato Antonio Armentano (per delega avv.
Raffaele De Luca Tamajo) che si riporta al ricorso ed insiste per
l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato Loredana Di Folco che si
riporta al controricorso e chiede il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo e motivi della decisione
i La sentenza impugnata, respingendo il gravame svolto dalla ITCA
produzione s.p.a. avverso la sentenza di prime cure, ha dichiarato
violato l’obbligo datoriale, ex art. 1, commi 7,8 L.223/1991, di
comunicazione ed esame congiunto dei criteri di individuazione dei
lavoratori da sospendere e delle modalità della rotazione prevista
nel citato comma 8 e, conseguentemente, dichiarato illegittimo il
provvedimento di collocazione in C.I.G.S., ha condannato la
predetta società al pagamento, in favore del lavoratore, del
differenziale retributivo per i mesi di illegittima sospensione dal
lavoro.
2

La Corte d’appello di Roma, per quel che qui interessa, precisa che:
a) le indicazioni contenute nell’accordo sindacale del 23 luglio
2002 risultavano del tutto carenti quanto ai criteri di
individuazione dei lavoratori alternativi alla rotazione (per il
primo trimestre successivo al 1°.9.1992) e totalmente generiche
quanto alle modalità applicative della rotazione medesima;

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ROMA del 7.10.2011, depositata il 15/12/2011;

-

3. Propone ricorso la FGA Investimenti s.p.a. (incorporante la ITCA
Produzione s.p.a.), affidato a tre motivi, cui ha resistito, con
controricorso, il lavoratore.
4. I tre motivi del ricorso denunciano, in sintesi: 1°) violazione e falsa
applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 233, art. 1, commi 7 e 8; 2°)
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367
cod. civ., e omessa, insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, censura, quest’ultima, ribadita
nel terzo mezzo d’impugnazione.
5. Tali sono le diverse questioni poste dalla società e qui illustrate, in
breve, in ordine logico:

a) la legge n. 59 del 1997, che regolò la delegificazione di norme
concernenti procedimenti amministrativi, avrebbe inciso anche
nella materia in esame in quanto il d.P.R. n. 218 del 2000
(“Regolamento recante norme per la semplificazione del
procedimento per la concessione del trattamento di CIGS e di
integrazione salariale a seguito della stipula di contratti di
solidarietà, ai sensi dell’art. 20 della legge n. 59 del 1997, allegato
1 n. 90 e 91”), avrebbe delegificato la legislazione sulla Cassa
integrazione guadagni sicché il predetto decreto presidenziale
costituirebbe ormai l’unico regolamento della materia con la
conseguente sostituzione, per abrogazione esplicita od implicita

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b) non era stata fornita validamente alcuna prova che criteri di
individuazione specifici fossero stati forniti alle 00.SS.;
c) la carenza di informazioni non poteva ritenersi sanata dal
raggiungimento, con il verbale del 23 luglio 2002, di un accordo
sindacale in ordine alla procedura di collocamento in C.I.G.S.
dei lavoratori;
d) tale effetto sanante, insussistente nella specie, avrebbe potuto
verificarsi solo in ipotesi di accordo sindacale recante
individuazione di criteri di scelta con un minimo contenuto di
specificità;
e) privo di rilievo doveva ritenersi l’assunto secondo cui il d.P.R.
n. 218 del 2000 avrebbe delegificato la legislazione sulla Cassa
integrazione guadagni.

- b)

quanto alla necessaria specificazione dei criteri di selezione
dei lavoratori da sospendere e di applicazione della rotazione, in
sede di comunicazione di avvio della procedura ai sensi dell’art.
1, comma 7, 1. 223/1991, era stato individuato l’ambito
oggettivo dell’intervento di ristrutturazione aziendale e le
modalità dell’intervento e l’ambito soggettivo di individuazione
del personale da sottoporre all’intervento di integrazione
salariale con sospensione del lavoro per relationem con
l’intervento riorganizzativo e di ristrutturazione, e tali elementi
di fatto non contestati, unitamente al criterio di selezione delle
esigenze organizzative, costituivano un sistema oggettivo di
selezione del personale;

– c)

si assume, infine, l’effetto sanante dell’esame congiunto
rispetto alla comunicazione di avvio della procedura, muovendo
dai rilievi secondo cui i criteri sarebbero stati adeguatamente
specificati in tale atto e i verbali di esame congiunto avrebbero il
valore di atti amministrativi che certificano la regolarità della
procedura.

6. Sulla prima questione, pur prescindendo dal duplice rilievo che la

censura svolta deducendo un vizio della motivazione si colloca nel
paradigma della violazione della regolamentazione giuridica della
fattispecie, e premesso che la Corte di merito ha dato atto, per
sintesi, del principio affermato da Cass. 28464/2008, vale la pena di
richiamare il predetto arresto del 2008 al quale è seguito un

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per incompatibilità, di tutte le altre disposizioni anche di fonte
legale. In questo diverso contesto normativo, tanto la
comunicazione datoriale di avvio della procedura quanto l’esame
congiunto dovevano intendersi disciplinati esclusivamente dal
d.p.r., con esclusione di ogni possibilità di integrazione con la
legge n. 223, con conseguente venir meno del diritto delle
organizzazioni sindacali, e di riflesso dei lavoratori, ad essere
informati sin dalla comunicazione di avvio della procedura circa
i criteri di selezione dei lavoratori da sospendere e le modalità di
rotazione. La Corte territoriale non avrebbe dato spiegazione
alcuna di tale portata innovativa;

7. Tale ricostruzione è stata costantemente ribadita dalla

giurisprudenza successiva (cfr., tra le tante, Cass. 4053/2011) e
costituisce ormai un principio consolidato ai sensi dell’art. 360-bis,
n. 1, c.p.c., come ha rilevato la Sesta sezione civile in una serie di
ordinanze emesse in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c.
(cfr. per tutte, Cass. VI civile-lavoro, 26587/2011: “In tema di
procedimento per la concessione della CIGS devono escludersi
incompatibilità tra la normativa regolamentare introdotta con il
d.p.r. 10 giugno 2000, n. 218, e le disposizioni della legge 23 luglio
1991 n. 223: la disciplina regolamentare, che si limita a imporre
all’imprenditore che intenda chiedere l’intervento straordinario di
integrazione salariale l’obbligo di dare tempestiva comunicazione
alle organizzazioni sindacali, attiene unicamente alla fase
amministrativa di concessione dell’integrazione stessa, e nulla dice
sul contenuto concreto della comunicazione, né detta alcuna
disciplina in ordine ai criteri di scelta e, pertanto, non ha in alcun
modo inciso sugli obblighi di rilevanza collettiva di cui all’art. 1,
commi 7 e 8, della legge n. 223 citata. Né la normativa
regolamentare ha spostato l’informazione circa i criteri di scelta e le
modalità della rotazione dal momento iniziale della comunicazione
datoriale di avvio della procedura di integrazione salariale a quello,
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orientamento consolidato di questa Corte, espresso in una lunga
teoria di sentenze, che affermò il seguente principio: la disciplina
del d.p.r. n. 218 del 2000 non ha alcuna efficacia abrogativa della
legge n. 223 del 1991 e, quindi, degli oneri di comunicazione di cui
all’art. 1. Più specificamente non incide in alcun modo sulle
disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 5 della legge
164 del 1975 e 1, comma 7, della legge 223 del 1991 riguardante
l’obbligo datoriale di comunicare in avvio della procedura per
l’integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di
individuazione dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità di
rotazione. Il d.P.R. tende a semplificare la fase propriamente
amministrativa, di rilevanza pubblica, del procedimento di
concessione della integrazione salariale, senza in alcun punto
ridurre i diritti dei lavoratori e le prerogative delle organizzazioni
sindacali ad essi funzionali (v., Cass. 28464/2008 e successive
conformi).

8. Quanto alla necessità della specificazione dei criteri in sede di
comunicazione di avvio della procedura ai sensi dell’art. 1, comma
7, 1. 223/1991, anche per tale profilo la decisione impugnata si è
conformata alla giurisprudenza di legittimità espressa in modo
costante.
9. La norma guida (art. 1, comma 7, della legge 223 del 1991) è molto
chiara nello stabilire che “devono” formare “oggetto della
comunicazione” i “criteri di individuazione dei lavoratori da
sospendere nonché le modalità della rotazione prevista dal comma
8″
10. Le Sezioni unite hanno escluso la fondatezza di interpretazioni
riduttive di tale disposizione, sottolineando, con la sentenza n. 302
del 2000, che, in caso di intervento straordinario di integrazione
salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione,
riorganizzazione o conversione aziendale implicante una
temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di
sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di
lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia
nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni
sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri,
eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei
lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato disposto
della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, e della L. 20 maggio
1975, n. 164, art. 5, commi 4 e 5.

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immediatamente successivo, dell’esame congiunto, atteso che, così
opinando, il contenuto della norma di cui all’art. 2 del d.p.r. n. 218,
citato, risulterebbe del tutto estraneo all’ esigenza di semplificazione
del procedimento amministrativo, e avrebbe come conseguenza
solo l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con la
compressione dei diritti d’informazione spettanti al sindacato,
delineando un sistema di consultazione sindacale palesemente
inadeguato rispetto alla finalità perseguita. (Principio affermato ai
sensi dell’art. 360-bis, comma 1, c.p.c.)”.

li. L’orientamento si è consolidato del tempo, trovando conferma

nella successiva giurisprudenza di legittimità (per tutte: Cass.
7720/2004; Cass. nn. 10236 e 15393 del 2009; Cass. 19235/2011).
12 Da ultimo, e peraltro con riferimento alla medesima procedura di

a)il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è
illegittimo qualora il datore di lavoro (sia che intenda
adottare il meccanismo della rotazione, sia in caso
contrario) ometta di comunicare alle organizzazioni
sindacali, ai fini dell’esame congiunto, ovvero di
concordare con le stesse, gli specifici criteri,
eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione
dei lavoratori che devono essere sospesi, ed ai quali
criteri la scelta dei lavoratori deve poi effettivamente
corrispondere (Cass. 28464/2008);
b)la specificità dei criteri di scelta consiste nell’idoneità dei
medesimi ad operare la selezione e nel contempo a
consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai
criteri (Cass. 7720/2004);
c)la comunicazione di apertura della procedura di
trattamento di integrazione salariale la cui genericità
rende impossibile qualunque valutazione coerente tra il
criterio indicato e la selezione dei lavoratori da
sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto
dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, (Cass.
13240/2009);
d)la mancata specificazione dei criteri di scelta (o la mancata
indicazione delle ragioni che impediscono il ricorso alla
rotazione) determina l’inefficacia dei provvedimenti
aziendali che può essere fatta valere giudizialmente dai
lavoratori, in quanto la regolamentazione della materia è
finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e

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sospensione dell’attività lavorativa presso la ITCA produzione
s.p.a., questa Corte, con la sentenza n. 7459 del 2012, ha così
sintetizzato i principi regolatori della materia:

collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori (Cass.
12137/2003; Cass. 11660/2006).

avvio della procedura di Cassa integrazione oggetto dell’esame
giudiziale ai requisiti su indicati, è una valutazione di merito in
ordine al contenuto dell’atto negoziale, che rimane estranea al
giudizio di legittimità, quando, come nel caso in esame, il giudice di
merito abbia motivato la sua decisione in modo sufficiente e privo
di contraddizioni.
14. Infine, non meritevole di accoglimento è anche la critica alla
sentenza impugnata per il preteso effetto sanante dell’esame
congiunto rispetto alla comunicazione di avvio della procedura.
15. Anche per tale profilo la decisione della Corte territoriale si sottrae
a censure.
16. La tesi per cui l’accordo sindacale conterrebbe un’adeguata
specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in
cassa integrazione e spiegherebbe adeguatamente le ragioni della
impossibilità del ricorso alla rotazione si risolve nella proposizione
di un giudizio di merito (basato anche su di una particolare rilettura
della prova orale, riportata peraltro per stralci), difforme rispetto a
quello della Corte d’appello. Tale valutazione, al pari di quella
concernente la comunicazione di avvio della procedura, spetta in
via esclusiva al giudice di merito e può essere censurata in
cassazione solo negli stretti limiti del giudizio di legittimità, che nel
caso in esame vengono nettamente travalicati.
17. Invero la possibilità di un effetto sanante di un accordo sindacale
sui criteri di scelta, laddove l’accordo li indichi in modo puntuale e
specifico, è stata ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma
non nell’ipotesi in cui la comunicazione è strettamente funzionale a
mettere in grado le organizzazioni sindacali di partecipare al
confronto con la controparte adeguatamente informate e ai
lavoratori di avere contezza delle prospettazioni aziendali. Né può
essere ammessa, con effetto retroattivo, rispetto a scelte in concreto
già operate
(v., funditus, C as s . 26587/2011 cit.; in generale

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13. La valutazione della rispondenza in concreto delle comunicazioni di

sull’esclusione del carattere sanante dell’accordo cfr.,
Cass. nn. 13240 e 15393 del 2009).

Il ricorso proposto dalla società deve, pertanto, essere rigettato. Le
spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo,
devono essere poste a carico della parte soccombente.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in
euro 2.000,00 per compensi professionali ed euro 100,00 per
esborsi , oltre accessori di legge e spese forfettarie nella misura del
quindici per cento. Con distrazione in favore dell’Avv.
Mariafederica Di Libero.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 giugno
2014.

18.

ex multis,

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