Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2075 del 29/01/2010

Cassazione civile sez. III, 29/01/2010, (ud. 07/01/2010, dep. 29/01/2010), n.2075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – rel. Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27696-2005 proposto da:

L.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA G. FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato PINTO ALDO,

rappresentato e difeso dagli avvocati CIPRIANI MICHELE, CAMPAGNI

FRANCO BRUNO giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

LI.NE.;

– intimato –

sul ricorso 31742-2005 proposto da:

LI.NE. (OMISSIS), considerato domiciliato “ex

lege” in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCI CRESCENZIO giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

L.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FERRARI 11,

presso lo studio dell’avvocato FINTO ALDO, rappresentato e difeso

dagli avvocati CIPRIANI MICHELE, CAMPAGNI FRANCO BRUNO giusta delega

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 784/2004 del TRIBUNALE di PISA, emessa il

24/6/2004, depositata il 17/09/2004, R.G.N. 5047/1994;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/01/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI FRANCESCO DI NANNI;

udito l’Avvocato MARIA CARLA VECCHI per delega degli Avvocati

CAMPAGNI FRANCO BRUNO e MICHELE CIPRIANI;

udito l’Avvocato IARIA GIOVANNI per delega dell’Avvocato CRESCENZIO

FRANCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’accoglimento del 1^ motivo

ricorso principale, assorbiti gli altri e l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Li.En. ha convenuto in giudizio davanti al pretore di Pisa L.E., chiedendone la condanna a pagargli il corrispettivo di opere eseguite in favore del convenuto (perforazione di un pozzo).

Questi si è costituito nel giudizio, ha eccepito che l’opera era stata eseguita in misura minore di quella dedotta ed ha chiesto in via riconvenzionale la condanna dell’attore a risarcirgli i danni indicati, in L. 3 milioni, che egli asseriva di avere subito in conseguenza della rimozione dei cantiere.

2. La domanda principale stata accolta dal pretore, che ha condannato il L. al pagamento della somma richiesta di L. 1.250 mila.

3. Il Tribunale di Pisa, con sentenza del 17 settembre 2004, ha riformato la decisione del pretore, riducendo l’importo della condanna a L. 640 mila.

Con la decisione il tribunale ha dichiarato che per l’esecuzione dell’opera era stato convenuto il prezzo di L. 80 mila per ogni metro di perforazione e che non era stato contemplato alcun corrispettivo per l’istallazione e rimozione del cantiere e, quindi, nulla era dovuto per queste voci.

4. L.E. ha proposto ricorso per cassazione ed ha depositato memoria.

Resiste con controricorso Li.Ne., che ha proposto anche ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. ricorso principale e quello incidentale hanno dato luogo a procedimenti diversi, che, previa riunione, debbono essere decisi con unica pronuncia, perchè riguardano impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).

2. Con il primo motivo del ricorso principale è denunciata violazione degli artt. 1453 e 2225 ss. cod. civ. e difetto di motivazione.

Il L. dichiara che nell’appellare la sentenza del pretore aveva eccepito l’inadempimento del Li. e che il tribunale non si è pronunciato su questa eccezione.

Egli sostiene: che era pacifico in causa che il Li. aveva ricoperto unilateralmente la perforazione eseguita; che l’opera non era stata completata; che, quindi, alcun corrispettivo era dovuto per il denunciato inadempimento.

Il motivo non è fondato.

2.1. L’eccezione di inadempimento prospettata dal ricorrente rientra tra quelle indicate dall’art. 1460 cod. civ., il quale dispone che nei contratti con prestazioni corrispettive ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione se l’altro non adempie o si rifiuta di adempiere la propria. Naturalmente l’eccezione opera anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento.

In entrambi i casi si tratta di eccezione in senso proprio, la quale è rimessa alla disponibilità della parte interessata a vederne realizzati gli effetti; il che vale a dire che il giudice non ha il potere di rilevarla d’ufficio.

La parte che impugna una sentenza con ricorso per cassazione per omessa pronuncia sull’eccezione, pertanto, ha l’onere, per il principio di autosufficienza del ricorso, pena l’inammissibilità del motivo per genericità, di specificare in quale atto difensivo o verbale di udienza l’ha formulata, per consentire al giudice di verificarne la ritualità e tempestività, e quindi la decisività della questione, e perchè, pur configurando la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. un error in procedendo, per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, non essendo però tale vizio rilevabile d’ufficio, il potere – dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte indicarli. Cass. 7 marzo 2006, n. 4840; 10 maggio 2001, n. 6502.

2.2. La sentenza impugnata non contiene alcun riferimento all’eccezione di inadempimento; nel ricorso per cassazione il L. non indica dove sia stata sollevata tempestivamente.

Se ne ricava che si tratta di eccezione proposta per la prima volta in questo giudizio di cassazione e, quindi, non valutabile dalla Corte.

3. Con il secondo motivo del ricorso è denunciata violazione dell’art. 2697 cod. civ. e difetto di motivazione.

Il ricorrente dichiara che nella sentenza impugnata manca una appagante motivazione della affermazione che il Li. aveva eseguito una perforazione per una lunghezza di otto metri e si duole del fatto che sia stata ritenuta credibile la deposizione di un teste e non anche di altro testimone.

Si tratta di censura inammissibile, perchè implica una nuova valutazione del risultato della prova testimoniale, che spettando al giudice del merito, non è sindacabile in sede di legittimità, quando sia correttamente motivata come è accaduto in questa vicenda.

4. Il terzo motivo del ricorso principale si riferisce al capo della decisione impugnata contenente condanna alle spese.

Neppure questa censura è fondata, perchè la compensazione delle spese disposta dal giudice del merito non intacca il principio che il sindacato di questa Corte è ammissibile soltanto quando sia stato violato il divieto, sancito nell’art. 91 cod. proc. civ., di porre, anche in parte, le spese del processo a carico della parte totalmente vittoriosa.

5. In conclusione, il ricorso principale è rigettato.

6. Deve essere rigettato anche il ricorso incidentale, il quale è stato proposto per conseguire la condanna del Ledo all’integrale pagamento delle spese del giudizio di appello.

Al riguardo valgono le stesse ragioni che hanno giustificato il rigetto del terzo motivo del ricorso principale.

7. Le spese di questo giudizio possono essere interamente compensate in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione, il 7 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010

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