Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20746 del 20/07/2021

Cassazione civile sez. III, 20/07/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 20/07/2021), n.20746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34611/2019 proposto da:

C.F., domiciliato ex lege in Roma, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso

dall’avvocato CARLO BENINI;

– ricorrenti –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE BOLOGNA SEZ. DISTACCATA FORLI’ CESENA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 1261/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 12/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. C.F., cittadino della Nigeria, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Il richiedente dedusse a fondamento dell’istanza di essere fuggito dal proprio paese a causa del rapporto altamente conflittuale con lo zio, sorto per motivi ereditari. Espose che a seguito dell’apertura del testamento dei propri nonni, sia lui che suo fratello vennero cacciati di casa dallo zio. Non avendo trovato rifugio altrove, decisero di tornare dallo zio che, tuttavia, dopo averli riaccolti, uccise il fratello e minacciò di morte il richiedente asilo. Egli, pertanto, denunciò il fatto alla polizia, ma questa corrotta dallo zio, cominciò a perseguitarlo accusandolo di omicidio. Ritenendo di essere in pericolo di vita decise di abbandonare il paese d’origine rifugiandosi dapprima in Libia per poi giungere in Italia.

La Commissione territoriale rigettò l’istanza.

3. Avverso tale provvedimento C.F. propose ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, dinanzi il Tribunale di Bologna, che con ordinanza del 5 dicembre 2017 rigettò l’istanza ritenendo inattendibili i fatti narrati che, in ogni caso, attenendo a questioni di carattere privatistico, esulavano dall’ambito di applicazione della protezione internazionale.

4. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza n. 1261/2019 del 12 aprile 2019, ha respinto l’appello proposto da C.F..

La Corte d’Appello ha ritenuto:

a) non attendibile il racconto del richiedente sia per la contraddittorietà delle dichiarazioni rese in udienza, non coerenti con quelle rese dinnanzi alla Commissione Territoriale, sia per l’inverosimiglianza di alcuni particolari del vicenda narrata;

b) infondata la domanda di protezione sussidiaria, per l’assenza di un conflitto armato generalizzato nel paese d’origine;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da C.F. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5. La Corte d’Appello nel compiere il giudizio sulla credibilità del richiedente, non avrebbe fatto corretta applicazione del principio in materia di onere probatorio attenuato.

5.2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C). La Corte d’Appello non avrebbe adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria ai fini dell’accertamento della presenza di un conflitto armato generalizzato nel paese di origine del ricorrente ed avrebbe fondato il giudizio su informazioni generiche relative allo Stato della Nigeria, senza indicare alcuna fonte.

5.3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5. La Corte d’Appello, nell’escludere la sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria, non avrebbe considerato adeguatamente il buon grado di integrazione del richiedente ed i “seri motivi” che lo hanno indotto ad abbandonare il proprio paese.

6. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

La sentenza impugnata disattende il dovere di cooperazione istruttoria, così come interpretato da questa Corte.

E’ consolidato il principio per cui la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente asilo non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, poiché incombe al giudice, nell’esercizio del detto potere-dovere di cooperazione, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa ed attuale conoscenza della complessiva situazione dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (per tutte, Cass. n. 19716/2018). Tale dovere nasce sempre e comunque nell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e si sostanzia nell’acquisizione di COI pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedersi agli enti a ciò preposti alla luce dell’obbligo, sancito dall’art. 10, comma 3, lett. b) della cd. Direttiva Procedure, “di mettere a disposizione del personale incaricato di esaminare le domande attraverso informazioni precise e aggiornate provenienti dall’EASO, dall’UNHCR e da Organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani circa la situazione generale nel paese d’origine dei richiedenti e, all’occorrenza, dei paesi in cui hanno transitato”. Spetterà, dunque (all’amministrazione, prima, e poi) al giudice fare riferimento anche di propria iniziativa a informazioni relative ai Paesi d’origine che risultino complete, affidabili e aggiornate (Cass. n. 8819/2020).

Nel caso di specie manca qualsiasi riferimento a fonti ufficiali, aggiornate e attuali in merito alla situazione presente in Nigeria, approfondimento necessario per poter valutare sia la domanda di protezione sussidiaria, in particolare nella fattispecie di cui art. 14, lett. c), sia la domanda di protezione umanitaria in cui è richiesto un giudizio di comparazione tra la condizione raggiunta dal richiedente in Italia e la condizione che troverebbe nel caso di rientro nel paese di origine.

7. Pertanto la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per la decisione sulle spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.

PQM

la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021

 

 

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