Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20745 del 10/10/2011

Cassazione civile sez. I, 10/10/2011, (ud. 08/07/2011, dep. 10/10/2011), n.20745

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22235/2006 proposto da:

C.A.W. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, LARGO MESSICO 7, presso l’avvocato TESAURO

Paolo, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERRARA

PAOLA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI CASERTA – A.S.I.

(p.i. (OMISSIS)), in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELL’ORSO 74, presso

l’avvocato DI MARTINO PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato

ADINOLFI Luigi, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

COMUNE DI CAPUA, CONSORZIO CASERTANO PER IL DISINQUINAMENTO DEL GOLFO

DI NAPOLI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 891/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/03/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PICCININNI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con citazione notificata il 12 e 13.9.96, C.A.W., nella qualità di proprietaria di un fondo rustico sito in (OMISSIS), esteso ha. 21.21.99 e coltivato a frutteto, esponeva: a) che una parte di tale fondo (vale a dire limitatamente a mq. 4870) era stata dapprima occupata (in esecuzione del decreto d’occupazione in via d’urgenza n. 5/93 del Sindaco di Capua) dal Consorzio Casertano per il Disinquinamento del Golfo di Napoli, che agiva in nome e per conto del Consorzio A.S.I. di Caserta, per la realizzazione di un collettore della rete di scarichi del casertano, e poi era stata espropriata in favore del suddetto Consorzio A.S.I. (con decreto n. 4/96 in data 9.2.96, notificato il 3.7.96); b) che l’indennità offerta (L. 38.960.000) era stata rifiutata, perchè inadeguata, così come inadeguata risultava quella successivamente indicata nel decreto d’espropriazione (L. 74.950.000), peraltro in precedenza mai comunicata, e ciò in quanto non si sarebbe tenuto conto della perdita di valore subita dal fondo a causa della sua divisione in due parti, per effetto della prevista realizzazione di un collettore che si elevava sino ad un metro sopra il piano di campagna.

Sulla base di tale prospettazione in fatto, chiedeva quindi alla Corte di appello adita di determinare la giusta indennità di espropriazione e di condannare conseguentemente il Consorzio A.S.I., il Consorzio Casertano per il Disinquinamento del Golfo di Napoli ed il Comune di Capua al relativo pagamento in suo favore.

I convenuti costituitisi, chiedevano il rigetto della domanda, che viceversa la Corte d’appello di Napoli accoglieva per quanto di ragione, determinando la giusta indennità dovuta a C. A.W. per l’espropriazione, in euro 55.174,35, condannando il Consorzio A.S.I. di Caserta a depositare presso la Cassa Depositi e Prestiti l’importo di Euro 16.465,90 (pari alla differenza Fra l’indennità come sopra determinata e quella depositata il 12.12.1995), oltre gli interessi al tasso legale dal 9.2.96 alla data del deposito, respingendo infine le domande proposte nei confronti del Comune di Capua e del Consorzio Casertano per il Disinquinamento del Golfo di Napoli.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la C., sulla base di un unico motivo diversamente articolato, cui ha resistito il Consorzio Asi con controricorso, successivamente illustrato da memoria.

Con il solo motivo di impugnazione la ricorrente ha dedotto sotto diversi aspetti il vizio di motivazione della impugnata sentenza, soprattutto in relazione ai profili dei danni subiti dal sistema di irrigazione e da quelli derivanti dalla separazione del fondo in due parti, rispetto alla cui valutazione la Corte territoriale si era discostata, non solo dalle risultanze della consulenza tecnica di parte, ma anche da quelle della consulenza tecnica di ufficio.

In particolare la Corte d’appello ha ritenuto di non accogliere sul punto la proposta del c.t.u., che aveva quantificato la riduzione di valore del terreno in questione nella misura del 10%, in ragione della proporzionale modestia della superficie espropriata (2,29% dell’intero) rispetto alla rilevante estensione dell’intero fondo (oltre 21 ettari), nonchè in considerazione “della conservata piena accessibilità delle due ampie porzioni in cui il fondo è stato suddiviso e del fatto che solo in alcuni tratti la struttura scatolare del collettore emerge dal piano di campagna, ponendosi come ostacolo alla libera circolazione tra le varie parti del terreno, che in altri tratti è invece possibile (……), tenuto anche conto del fatto che la struttura scatolare è stata progettata per consentire il transito di veicoli sulla soletta di copertura e di fatto, nei tratti congrui è utilizzata per tale e scopo ( …..), mentre non vi è motivo di ritenere che essa dia luogo al transito di veicoli estranei all’azienda agricola dell’attrice (…) nella cui rete interna di viabilità aziendale si inserisce ……..”.

La sentenza impugnata aveva poi proseguito il proprio iter argomentativo ispirandosi “ai criteri di massima suggeriti dalla migliore dottrina estimativa a proposito del decremento di valore di fondi attraversati da fasce espropriate per l’impianto di collettori o acquedotti (criteri da tempo fatti propri dal Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso questa Corte e che per gli attraversamenti che spezzano in più parti il fondo, che riguardano fondi estesi oltre 15000 mq., suggerisce una riduzione variabile tra li 2 ed il 4% del valore della superficie residua)”, ed ha quindi ritenuto di fissare la percentuale di deprezzamento dei terreni nella misura del 3% “tenuto conto della modesta entità proporzionale della superficie espropriata: dell’ampia superlicie complessiva del fondo della ricorrente e dell’ampiezza ed accessibilità delle due parti, in cui è stato diviso dalla fascia, espropriata, che ha ubicazione intermedia al fondo; della sua configurazione geometrica, già all’origine non perfettamente regolare, che rende meno rilevante il fatto che le due ampie parti in cui il fondo è stato suddiviso abbiano assunto forma meno regolare; del fatto che il tracciato del collettore è in parte coincidente con la viabilità interna dell’azienda; del fatto che esso, comunque, ha prodotto un sia pur modesto incremento delle tare: dell’incidenza dell’emergere manufatto dal piano di campagna per luoghi tratti sull’amenità del luogo, che la proprietaria da tempo ha destinato ad azienda agrituristica (….): del fatto che una parte della superficie destinata alla meno pregiata coltura orticola e non risente dell’interruzione dell’originaria rete sotterranea di irrigazione cui la proprietaria ha supplito con opere emergenti dal suolo”.

La motivazione risulta dunque amplia, adeguata (la Corte ha invero spiegato le ragioni per cui si è discostata dalla valutazione del CTU, sia in relazione alla separazione dei terreni operata dal collettore, sia in relazione agli aspetti idrici e di irrigazione che riguardano solo la produzione degli orti, alle cui carenze la parte ha supplito con opere idrauliche fuori terra) ed immune da vizi logici, circostanza da cui discende che non è sindacabile in questa sede di legittimità, e ciò senza considerare che comunque i motivi del ricorso, sono in fatto oppure investono il merito della decisione.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2011

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