Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20741 del 01/10/2014

Civile Sent. Sez. L Num. 20741 Anno 2014
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 3361-2012 proposto da:
A.A., elettivamente
domiciliato presso
lo studio dell’avvocato GIANCARLO PENZAVALLI, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2014
2394

SOCIETA’

ITALIANA

DEGLI

AUTORI

&

EDITORI

SOCIETA’ (SIAE), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

1

FLAMINIA 441, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

Data pubblicazione: 01/10/2014

MARINI, che la rappresenta e difende giusta delega in

atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 4138/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 06/07/2011 r.g.n. 2080/2004;

udienza del 08/07/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato PENZAVALLI GIANCARLO;
udito l’Avvocato MARINI PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R. Gen. N. 3361/2012

Udienza 8.7.2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A.A., dipendente della SIAE- Società Italiana Autori ed
Editori – con inquadramento nel IV livello del contratto collettivo, adiva il
Tribunale di Roma al fine di ottenere il superiore inquadramento della
qualifica dirigenziale o in subordine nel V livello in considerazione delle

legale svolte nel periodo dal luglio 1992 all’ottobre 1995. Chiedeva altresì il
risarcimento dei danni conseguenti al demansionamento che asseriva essersi
verificato per il periodo successivo, quando, avendo richiesto l’assegnazione
ad altro avvocato per dissapori con quello con il quale in precedenza
collaborava, veniva assegnato al servizio erario, prima all’ufficio istruzioni e
poi all’ufficio studi. Chiedeva infme la dichiarazione di illegittimità delle note
valutative del 1994 e 1995. Il Tribunale di Roma rigettava il ricorso e
l’appello proposto dal A.A. veniva respinto dalla Corte d’Appello di
Roma con la sentenza numero 4138 del 2011. A sostegno della decisione la
Corte, premessa la declaratoria dei requisiti per l’attribuzione della qualifica
dirigenziale e del quinto livello secondo il regolamento del personale SIAE e
la contrattazione collettiva di settore, riteneva che essi non fossero presenti
nella prestazione resa dal ricorrente, quale emersa all’esito delle prove
testimoniali, considerato che egli non aveva alcun potere decisionale neppure
relativo ai singoli atti, non aveva poteri di direzione del servizio né la relativa
responsabilità, non operava in posizione di condirezione in quanto il legale
con il quale collaborava non era il responsabile dell’intero servizio legale ma
ne dirigeva una sola articolazione, ovvero il settore civile. Riteneva poi che
fosse da escludersi la complessità dell’apporto personale del ricorrente,
vertendo la prestazione su contenzioso seriale ed atti e diffide ripetitivi.
Confermava poi la statuizione di rigetto della domanda di dequalificazione
professionale in ragione della ritenuta genericità ed irrilevanza delle
deduzioni contenute in ricorso, mentre era rimasta priva di riscontro l’asserita
natura ritorsiva delle note di qualifica.
Paola Ghinoy,

estensore

3

mansioni di collaboratore del responsabile del settore civile presso il servizio

R. Gen. N. 3361/2012
Udienza 8.7.2014

Per la cassazione di tale sentenza A.A. ha proposto ricorso,
affidato a dieci motivi illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c., cui ha
resistito con controricorso la SIAE.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I. Sintesi dei motivi di ricorso.

applicazione degli articoli 2103, 2095, 1362 e seguenti c.c. e degli articoli
1,2,8,9, 12 e 13 e Allegato B del Regolamento del personale della SIAE
approvato il 9 settembre 1992. Lamenta che la Corte d’appello abbia mal letto
la disciplina collettiva e del Regolamento laddove ha ritenuto che l’attività di
condirezione postulasse in via esclusiva l’ affiancamento ad un responsabile
di sezione o di servizio o di sede, mentre, secondo il senso letterale
dell’Allegato B primo e secondo comma, essa poteva riferirsi anche agli uffici
che, per la loro complessità, rilevanza ed autonomia richiedano l’esercizio di
ampi poteri decisionali e direttivi. Ribadisce che le sue funzioni erano svolte
in affiancamento all’avvocato Deledda, dirigente del settore civile del servizio
legale SIAE, con la sua partecipazione alla formazione degli atti decisionali
ed alla loro realizzazione pratica.
2. Come secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione
degli articoli 416 c.p.c. e 2697 c.c. Lamenta che il Giudice di merito lo abbia
gravato dell’onere di dimostrare il contenuto delle mansioni espletate pur a
fronte della mancata specifica contestazione delle circostanze di fatto dedotte
in ricorso ad opera della SIAE, considerato che la difesa di controparte era
stata basata solo sul mancato svolgimento da parte sua delle funzioni legali di
rappresentanza, difesa ed assistenza giudiziale ed extragiudiziale.
3. Come terzo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli
articoli 2697 c.c. 115, 116, 244, 245 e 437 c.p.c. e 24 e 111 della Costituzione
e l’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi
e decisivi del giudizio. Lamenta che la Corte non abbia dato completo corso
alle prove dedotte, in violazione dell’articolo 24 della Costituzione e 6 della
Paola Ghinoy,

estensore

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1. Come primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa

R. Gen. N. 3361/2012

Udienza 8.7.2014

Convenzione europea dei diritti dell’uomo, considerato che egli aveva
indicato oltre 30 testimoni ed era stata ammessa soltanto l’escussione di un
teste per ciascuna parte.
4. Come quarto motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli
articoli 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., 1362 e seguenti c.c., 2720, 2730, 2733,

Addebita alla Corte di non avere considerato la natura e la valenza delle
relazioni riepilogative per gli anni 1992 e 1993 firmate dall’avvocato
Deledda, che contenevano una descrizione delle funzioni e degli incarichi
espletati nell’anno ed una valutazione delle capacità dimostrate, che
assumevano la natura di negozio di accertamento e precludevano la
dimostrazione di circostanze contrarie a quelle ivi risultanti.
5. Come quinto motivo lamenta 1′ omessa insufficiente e contraddittoria
motivazione in relazione alla mancata valutazione delle prove documentali
consistenti nel Regolamento del personale SIAE, nella relativa declaratoria
delle mansioni di quinto livello, nonché nelle relazioni valutative dell’attività
svolta per gli anni 1992 e 1993
6. Come sesto motivo lamenta ancora il difetto di motivazione in
relazione alla mancata valutazione di prove documentali laddove la Corte ha
valorizzato le deposizioni di due testimoni e concluso che egli avesse trattato
in buona parte contenzioso seriale e atti e diffide ripetitivi, mentre le relazioni
valutative manifestavano che si era occupato di questioni giuridiche di
notevole complessità teorica e di particolare rilevanza.
7. Come settimo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione
dell’articolo 2103 c.c. e il vizio di motivazione nei quali sarebbe incorsa la
Corte ignorando che nella declaratoria contrattuale il quinto livello spetta
anche ai funzionari che svolgono attività di direzione o condirezione di uffici
che richiedano l’esercizio di ampi poteri decisionali e direttivi per la loro
complessità, rilevanza ed autonomia. Specifica che le articolazioni interne al
servizio legale della SIAE, costituite dai settori amministrativo, civile, lavoro
Paola Ghinoy,

estensore

5

2735 e 1322 c.c. e degli articoli 7, 30 e 31 del Regolamento del personale.

R. Gen. N. 3361/2012

Udienza 8.7.2014

e penale, rappresentavano gli uffici indicati nella citata declaratoria della
funzione dirigenziale ai quali erano preposti, in qualità di direttore, gli
avvocati con qualifica di dirigente superiore. Ivi peraltro avevano prestato la
propria attività lavorativa anche tre dipendenti non avvocati appartenenti alla
funzione dirigenziale con qualifica di dirigente l’esercizio. L’esercizio da parte

allegate al ricorso e in particolare dal prospetto riepilogativo delle mansioni
dei dipendenti assegnati al settore civile e dalle relazioni valutative per gli
anni 1992 e 1993.
8. Come ottavo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla
mancata valutazione di prove testimoniali ed alla mancata ammissione di testi
e la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2103 c.c.. Lamenta che la
Corte d’appello abbia ritenuto generiche ed irrilevanti le deduzioni che
tendevano a dimostrare la subita dequalificazione professionale e
l’illegittimità delle relazioni valutative per gli anni 1995-1996. Precisa a p.
100 di avere dedotto nel ricorso introduttivo di non aver avuto affidata alcuna
specifica mansione dal mese di marzo a ottobre del 1999 (a pagina 101 viene
indicata invece la data del luglio 1999); né la situazione è cambiata dopo che
gli era stato attribuito il quinto livello (dal 1/1/2002, successivamente al
giudizio di primo grado). A sostegno del demansionamento inoltre militavano
la lettera dell’8/10/2002 del direttore del servizio erario ed il prospetto
riepilogativo delle mansioni attribuite ai dipendenti del servizio, redatto in
bozza dalla direzione in data 24/2/2003.
9. Come nono motivo lamenta il vizio di motivazione e la violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c. addebitando alla Corte di non
aver esercitato il potere-dovere di provvedere d’ufficio agli atti istruttori
idonei a superare l’incertezza sui fatti dedotti.
10.

Come declino motivo lamenta il vizio di motivazione in

relazione alla mancata valorizzazione delle note valutative per gli anni 1995 e
1996 ed all’esclusione dalle stesse della fmalità ritorsiva determinata dalla
Paola Ghinoy,

estensore

6

del A.A. dei poteri decisionali risultava peraltro dalle prove documentali

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richiesta di trasferimento presentata il 26 luglio 1995. In particolare
argomenta che la Corte avrebbe dovuto rilevare il contrasto con la
comunicazione della SIAE del 6/12/96 che gli riconosceva la piena
disponibilità alle prestazioni di lavoro straordinario. La Corte inoltre avrebbe
omesso di motivare sulle decisioni del direttore generale della SIAE relative

motivazione in contrasto con l’articolo 31 c. 3 del Regolamento del personale.
II. Esame dei motivi di ricorso
1. I motivi proposti, che possono essere esaminati congiuntamente in
quanto connessi, solo richiedendo alcune puntualizzazioni quelli riportati ai
nn. 3, 8 e 9, non sono fondati.
La Corte di merito ha infatti posto a sostegno della decisione il
procedimento logico-giuridico che questa Corte ha costantemente richiesto
nei giudizi aventi ad oggetto una domanda di inquadramento superiore (ex

multis, da ultimo Cass. n. 28284 del 2009 e n. 26234 del 2008). Premessa
infatti la declaratoria del profilo dell’inquadramento posseduto e di quelli
rivendicati, ha individuato quali fossero le caratteristiche differenziali tra gli
stessi ed ha ritenuto che quelle proprie delle qualifiche più elevate non
sussistessero nella prestazione svolta dal A.A. quale risultata in causa.
2. Il risultato del procedimento valutativo viene contestato dal ricorrente
con diverse argomentazioni, che attengono sostanzialmente a vizi della
motivazione adottati.
Occorre qui in proposito ribadire che il controllo di logicità del giudizio
di fatto, consentito dall’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c. (pur nella
formulazione vigente ratione temporis, anteriore alla modifica introdotta con
il D.L. n. 83 del 2012, conv. nella L. n. 134/2012), non equivale a revisione
del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione del giudice del merito per una
determinata soluzione della questione esaminata, posto che essa equivarrebbe
ad un giudizio di fatto, risolvendosi in una sua nuova formulazione,
contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di
Paola Ghinoy,

estensore

7

ai ricorsi avverso la relazione valutativa del 1994, totalmente prive di

R. Gen. N. 3361/2012

Udienza 8.7.2014

legittimità: con la conseguente estraneità all’ambito del vizio di motivazione
della possibilità per questa Corte di procedere a nuovo giudizio di merito
attraverso un’autonoma e propria valutazione delle risultanze degli atti di
causa (Cass. 28 marzo 2012, n. 5024; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694). Sicché,
per la configurazione di un vizio di motivazione su un asserito fatto decisivo

contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia sia tale da
invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia
probatoria delle risultanze fondanti il convincimento del giudice, onde la

ratio decidendi appaia priva di base, ovvero che si tratti di elemento idoneo a
fornire la prova di un fatto costitutivo, modificativo o estintivo del rapporto
giuridico in contestazione e perciò tale che, se tenuto presente dal giudice,
avrebbe potuto determinare una decisione diversa da quella adottata (Sez. L,
n. 18368 del 31/07/2013, Cass. 29 luglio 2011, n. 16655; Cass. (ord.) 5
febbraio 2011, n. 2805).
3. Ma tale decisività nel caso non si verifica.
In merito infatti alle relazioni valutative del 1992 e 1993 (ed alle
successive) richiamate in più occasioni ed in relazione a più aspetti, si rileva
che esse non potevano essere di per sé assunte dalla Corte a fondamento della
decisione e dovevano essere sottoposte a riscontro istruttorio. Esse infatti
costituiscono rapporti informativi sull’ operato del sottoposto da parte del
superiore gerarchico, che vengono redatti al fine della complessiva
valutazione del dipendente. Non costituiscono quindi espressione della
valutazione del datore di lavoro, che non è l’autore, ma il destinatario, e sono
quindi prive di valore confessorio.
4. L’esercizio da parte del A.A. di poteri decisionali risulta inoltre
escluso per tabulas dal fatto che gli atti e le bozze da lui predisposti fossero
sottoscritti dall’avvocato Deledda, il quale pertanto almeno formalmente ne
assumeva la paternità e le conseguenti responsabilità. Lo stesso ricorrente
peraltro deduce di avere partecipato alla formazione degli atti decisionali ed
Paola Ghinoy,

estensore

8

della controversia è necessario che il mancato esame di elementi probatori

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alla loro realizzazione pratica, ma non di aver assunto il relativo potere
decisionale.
5. Sebbene poi è vero che la disciplina collettiva ed il Regolamento del
personale prevedono che l’inquadramento superiore possa spettare anche per
l’attività di condirezione di uffici, è tuttavia necessario che questi per la loro

decisionali e direttivi, requisito che non è risultato nel caso sussistente.
6. La motivazione della sentenza gravata non soffre quindi delle lacune
ed omissioni che le vengono attribuite, e conclusivamente deve rilevarsi che
in tutti i motivi proposti viene contrapposta dal ricorrente la propria lettura
degli atti a quella fornita dalla Corte di merito: in tal modo, si chiede a questa
Corte di riesaminare tutte le risultanze richiamate, cercando in esse i
contenuti che potrebbero essere rilevanti nel senso voluto dal ricorrente.
Quello che si sollecita in sostanza è una nuova completa valutazione delle
risultanze di causa, inammissibile in questa sede, considerato che il ricorso
per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare
il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto
il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva,
il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei
fatti ad essi sottesi dando così prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (così da ultimo tra le
tante Sez. 5, n. 27197 del 16/12/2011).
7. Tali osservazioni risolvono anche l’esame del terzo motivo di ricorso,
considerato che se è vero che il diritto alla prova costituisce corollario del
diritto di azione in giudizio, è altresì vero che esso è comunque subordinato
alla valutazione di rilevanza ed ammissibilità dei mezzi istruttori compiuta
dal Giudice, valutazione in esito alla quale alcuni dei mezzi proposti non sono
Paola Ghinoy,

estensore

9

complessità, rilevanza ed autonomia richiedano l’esercizio di ampi poteri

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Udienza 8.7.2014

stati ammessi dalla Corte di merito, con valutazione motivata sulla base della
loro genericità.
8. Occorre poi ribadire il principio già affermato da questa Corte nella
sentenza n. 3668 del 14/2/2013, secondo il quale la nozione di fatto decisivo
della controversia, di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., sotto un primo

avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di
un fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della disciplina
giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi,
di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto. Sotto
un secondo aspetto, la nozione di decisività afferisce al nesso di causalità fra
il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il
vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato
compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella
accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di
essa. Infatti, se il vizio di motivazione per omessa considerazione di fatto
decisivo fosse configurabile sol perché la circostanza di cui il giudice del
merito ha omesso la considerazione, ove esaminata, avrebbe reso soltanto
possibile o probabile una ricostruzione diversa da quella adottata dal giudice
del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o
contraddittorietà fosse configurabile solo perché su uno specifico fatto appaia
esistente una motivazione logicamente insufficiente o contraddittoria, senza
che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al suo residuo argomentare, il
ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 si risolverebbe
nell’investire la Corte di Cassazione del controllo dell’iter logico della
motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad un esito della
ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della controversia
diversa da quella avutasi nella fase di merito.
9. Nel caso, l’esame delle circostanze valorizzate nell’ottavo motivo di
ricorso a sostegno dell’asserito demansionamento non potrebbe comunque
Paola Ghinoy, estensore

J

lo

aspetto si correla al fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione

R. Gen. N. 3361/2012

Udienza 8.7.2014

condurre ad una soluzione della controversia diversa da quella (di rigetto)
adottata nella sentenza di merito, considerato che non si chiarisce quali ne
sarebbero gli effetti reintegratori o risarcitori. Tali effetti sono infatti da
escludersi sotto il profilo dell’inquadramento, che è stato inizialmente
mantenuto e poi migliorato a far data dal 1.1.2002 con l’ attribuzione del V

retributivo; il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del
danno professionale, biologico o esistenziale inoltre non ricorre
automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoríale e non può
prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio
– dall’esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed
interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare reddituale del
soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo
a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua
personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone infatti quale
conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella
suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera
potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore – che
non vi ha provveduto – non solo di allegare il demansionamento ma anche di
fornire la prova ex art. 2697 cod. civ. del danno non patrimoniale e del nesso
di causalità con l’inadempimento datoriale (ex multis da ultimo Cass. Sez. L,
n. 19785 del 17/09/2010, Sez. L, n. 4712 del 23/03/2012, Sez. L, n. 6797 del
19/03/2013).
10. In relazione infine al nono motivo di ricorso, se è da ritenere ormai
principio acquisito che nel rito del lavoro, ai sensi di quanto disposto dagli
artt. 421 e 437 cod. proc. civ., essi non hanno più carattere discrezionale, ma
si presentano come un potere – dovere, del cui esercizio o mancato esercizio il
giudice deve dar conto (Cass. S.U. 17 giugno 2004, n. 11353), è però anche
vero che al fine di poter censurare con il ricorso per Cassazione l’inesistenza
di alcuna motivazione circa la mancata attivazione di tali poteri occorre
Paola Ghinoy, estensore
11

livello all’esito di selezione interna, senza pregiudizio sotto il profilo

R. Gen. N. 3361/2012

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dimostrare di averne sollecitato l’esercizio, poiché diversamente si
introdurrebbe per la prima volta in sede di legittimità un tema totalmente
nuovo rispetto a quelli dibattuti nelle fasi di merito. Del resto, proprio la
menzionata sentenza della Sezioni Unite ha avuto cura di precisare, fra l’altro,
che “il giudice – in ossequio a quanto prescritto dall’art. 134 c.p.c. ed al

legge” – deve esplicitare le ragioni per le quali reputa di far ricorso all’uso dei
poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una della parti, ritiene,
invece, di non farvi ricorso” e che “Il relativo provvedimento può così, essere
sottoposto al sindacato di legittimità per vizio di motivazione ai sensi del n. 5
dell’art. 360 c.p.c., qualora non sia sorretto da una congrua e logica
spiegazione nel disattendere la richiesta di mezzi istruttori relativi ad un punto
della controversia che, se esaurientemente istruito, avrebbe potuto condurre
ad una diversa decisione della controversia”. (Cass. Sez. L, n. 14731 del
26/06/2006, Sez. L, n. 29006 del 10/12/2008; Sez. L, n. 6023 del
12/03/2009). Non è censurabile quindi con ricorso per cassazione l’omesso
esercizio dei poteri istruttori ufficiosi da parte del giudice di merito ove la
parte non abbia investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tal
senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori. Il che non risulta essere stato
effettuato nel caso che ci occupa, laddove ci si duole della mancata
ammissione dei mezzi già inizialmente proposti.
III. Conclusioni.
Il ricorso per i motivi esposti dev’essere rigettato, con la conseguente
condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del
presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 3.000,00 per
compensi professionali, oltre ad € 100,00 per esborsi, al rimborso delle spese
generali nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Paola Ghinoy,

estensore

12

disposto di cui all’art. 111 Cost., comma 1, sul “giusto processo regolato dalla

R. Gen. N. 3361/2012

Udienza 8.7.2014

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2014
Il esidente

Consigliere estensore

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