Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20741 del 01/08/2019

Cassazione civile sez. trib., 01/08/2019, (ud. 28/03/2019, dep. 01/08/2019), n.20741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6600-2015 proposto da:

PROMOD SAS, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI 281,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA ROMANO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, CENTRO OPERATIVO DI PESCARA, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 800/2014 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

PESCARA, depositata il 23/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/03/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO BERNAZZANI.

Fatto

RILEVATO

Che:

Con istanza di rimborso presentata in data 5.11.2009, ai sensi della Convenzione Italia – Francia contro le doppie imposizioni, art. 10, comma 4, lett. b), la società francese Promod s.a.s. richiedeva il rimborso del credito di imposta spettante a seguito della distribuzione dei dividendi distribuiti da Promod Italia s.r.l., dell’ammontare complessivo di Euro 331.331,00.

A seguito del provvedimenti di diniego opposto dal Centro Operativo di Pescara dell’A.d.E., la società contribuente presentava ricorso, che veniva rigettato dalla CTP di Pescara; l’appello proposto dalla Promod s.a.s. avverso tale decisione veniva rigettato dalla CTR dell’Abruzzo con sentenza n. 800/06/14 del 20.6/23.7.2014, che, per converso, accoglieva l’appello incidentale dell’Ufficio. Riteneva la CTR che fosse decisivo, ai fini del rigetto della domanda della contribuente, il rilievo che, come dedotto dall’ufficio con l’appello incidentale, la stessa fosse incorsa nella decadenza stabilita dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

Avverso tale decisione propone ricorso la Promod s.a.s., affidato a tre motivi. Resiste l’A.d.E. con controricorso. La ricorrente ha, altresì, depositato memoria. Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e della Convenzione Italia – Francia contro le doppie imposizioni, art. 10, comma 4, lett. b).

1.1. Ai fini di un più conveniente inquadramento dei profili evocati dal ricorrente, va premesso che in data 26.3.1999 era stata presentata da parte di Promod Italia s.r.l., società distributrice dei dividendi, un’istanza volta ad ottenere il riconoscimento ed il correlativo rimborso del credito di imposta sui dividendi distribuiti con delibera assembleare del 1.10.1997 in favore della Promod s.a.s.

Il rigetto di tale istanza per carenza di legittimazione attiva da parte dell’Ufficio – competendo alla società francese Promod s.a.s., quale beneficiaria dei dividendi, e non alla compagine italiana, richiedere il predetto rimborso – era stato impugnato in sede giurisdizionale da Promod Italia s.r.l.

Questa Corte di cassazione, adita dall’Ufficio in sede di impugnazione della sentenza della CTR, con sentenza in data 21.05.2009, n. 14142 statuiva che Promod Italia s.r.l. non aveva azionato il rimborso della maggiorazione di conguaglio prevista dalla cit. Convenzione, art. 10, comma 6, bensì la restituzione della metà del credito di imposta diminuito della ritenuta alla fonte prevista dall’art. 10, comma 4, lett. b). Non poteva trovare, quindi, ingresso la regola speciale di cui al cit. comma 6, che abilita la sola società residente in Italia, la quale in questo specifico caso, come espressamente previsto dalla Convenzione, agisce in nome e per conto della società francese, a chiedere il rimborso, posto che l’art. 10, comma 4, lett. b), attribuisce invece il diritto direttamente alla società residente della Francia.

Questo, in particolare, il tenore della motivazione della decisione di questa Corte: “E’ evidente, dalla lettura delle citate disposizioni, che l’ipotesi di cui all’art. 10, comma 6, si presenti come speciale rispetto a quella di cui al comma 4. Nella specie, risulta che S.r.l. Promod Italia non ha azionato il rimborso della “maggiorazione di conguaglio” prevista dal comma 6, bensì la restituzione della metà del credito di imposta diminuito della ritenuta alla fonte, prevista dall’art. 10, comma 4, lett. b: di ciò dà atto la Commissione Tributaria Regionale nella sua motivazione. Non poteva trovare, quindi, ingresso la regola speciale che abilita la sola società residente in Italia, la quale agisce “in nome e per conto” della società francese, a chiedere il rimborso. L’art. 10, comma 4, lett. b attribuisce, invero, il diritto direttamente alla società residente in Francia (Cass. 10 giugno 2004 n. 11033). La statuizione della Commissione Tributaria Regionale, la quale ha affermato in capo alla Promod Italia la legittimazione ad agire, e pertanto erronea in quanto ha applicato alla fattispecie di cui all’art. 10, comma 4, lett. b, la speciale disciplina prevista per il diverso caso di cui alla L. n. 20 del 1992, art. 10, comma 6 ridetta”.

Sulla base di tali premesse, la CTR concludeva che, esclusa la rilevanza dell’istanza di rimborso presentata da Promod Italia s.r.l., in quanto soggetto non legittimato, il termine di decadenza ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, entro il quale il soggetto abilitato poteva utilmente presentare l’istanza di rimborso era ormai decorso nel momento in cui Promod s.a.s. aveva presentato un’ulteriore istanza di rimborso soltanto in data 5.11.2009.

1.2. Deduce l’odierna ricorrente che la decisione della CTR sarebbe erronea, in quanto, premesso che il termine ex art. 38 cit., doveva farsi decorrere dal 17.10.1997 (data dell’accordo di compensazione delle rispettive partite di dare ed avere fra Promod s.r.l. e Promod s.a., che aveva dato attuazione alla distribuzione dei dividendi deliberata il 1.10.1997), la prima e tempestiva istanza di rimborso era stata presentata dalla società italiana citata “in nome e per conto dell’odierna ricorrente Promod s.a.s. (già Promod s.a.)”, come sarebbe dato evincere dal tenore letterale del suddetto atto.

Nella specie, dunque, secondo la tesi della ricorrente, la Promod s.r.l. aveva agito quale rappresentante della società francese, esplicitando tale potere, nulla opponendo la norma di cui all’art. 10, comma 4, lett. b), della Convenzione al ricorso allo schema della rappresentanza.

Aggiunge la ricorrente che, oltre all’espressa indicazione nell’istanza in esame della veste in cui la società italiana agiva, ulteriori elementi di supporto alla tesi illustrata derivavano dal fatto che la persona fisica legale rappresentante della società italiana era anche titolare della rappresentanza legale della Promod s.a.s. e dall’ulteriore circostanza che il ricorso avanti alla CTP di Milano avverso il silenzio rigetto dell’istanza di rimborso era stato proposto dalla Promod s.r.l. anche in nome e per conto della Promod s.a.s., onde avrebbe dovuto a maggior ragione dedursi che anche l’originaria istanza di rimborso era stata presentata in nome e per conto della società francese.

Da ciò conseguiva, secondo la ricorrente, che non si era verificata la decadenza ex art. 38 cit. e che, una volta intervenuta sulla richiesta il silenzio rigetto ovvero un espresso provvedimento di diniego da parte dell’Ufficio, doveva trovare applicazione l’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 c.c.; termine interrotto prima dalla notifica nel 2001 del ricorso avanti alla CTP di Milano e successivamente dall’istanza del 5.11.2009.

1.3. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, i requisiti di contenuto – forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata non soltanto mediante la precisa indicazione dei fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, ma, altresì, indicando esattamente nel ricorso quale sia l’esatta collocazione di tale atto o documento nel fascicolo processuale ed in quale fase processuale esso sia stato depositato, nonchè trascrivendone il contenuto nel ricorso in maniera integrale o, quantomeno, nella parte di rilievo al fine di consentire alla Corte (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se il vizio dedotto trovi effettivo riscontro sulla base del solo ricorso e senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 29093 del 13/11/2018, Rv. 651277 – 01; analogamente, Sez. 5, n. 13625 del 21/05/2019, Rv. 653996 – 01, in una fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale la parte si era limitata ad indicare i documenti non esaminati dal giudice di merito senza trascriverne specificamente il contenuto; Sez. 5, n. 24340 del 04/10/2018 (Rv. 651398 – 01).

1.4. Nella specie, tale onere non risulta essere stato adempiuto dalla ricorrente, che, per giunta a fronte del chiaro dictum di questa Corte contenuto nella sentenza n. 14142/09, nel ricorso non ha trascritto – quantomeno nella parte di rilievo – l’istanza della Promod Italia diretta al C.O. di Pescara, che conterrebbe l’indicazione di agire in nome e per conto di Promod s.a.s. (già Promod s.a.). costituente il cardine sul quale si fonda la tesi sostenuta, onde consentire al Collegio di valutarne il contenuto e la portata; nè la stessa ha indicato quando tale documento sia stato prodotto nel corso del procedimento e quale sia la sua collocazione negli atti processuali.

Parimenti, anche con riferimento alle ulteriori circostanze dedotte (identità della persona fisica legale rappresentante delle due società in esame all’epoca della presentazione dell’istanza; contenuto della procura ad litem relativa ad un ricorso presentato in primo grado congiuntamente da entrambe le società), la ricorrente non ha indicato in quale sede ed in quale momento sia stata effettuata la produzione dei relativi atti e documenti.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla decadenza della Promod s.a.s. dalla presentazione della richiesta di rimborso ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, avuto riguardo alle circostanze già illustrate trattando del primo motivo, con particolare riferimento al fatto che la Promod Italia s.r.l. aveva presentato istanza di rimborso del credito di imposta in nome e per conto della società francese, che aveva impedito il verificarsi della decadenza e da cui aveva iniziato a decorrere il termine prescrizionale decennale, oggetto di ripetuti atti interruttivi, fra cui la presentazione della seconda istanza di rimborso del 5.11.2009.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla decadenza della Promod s.a.s. dalla presentazione della richiesta di rimborso ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, laddove la CTR avrebbe escluso che l’art. 10, comma 4, lett. b), della Convenzione fra Italia e Francia contro le doppie imposizioni consentisse alla società francese di richiedere il rimborso anche per il tramite della società italiana distributrice dei dividendi, che agiva in nome e per conto della prima.

2.1. Entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente attesa la loro stretta connessione, sono inammissibili.

Oltre alle considerazioni superiormente svolte in punto di autosufficienza, da ritenersi estensibili anche ai motivi in esame, va preliminarmente rilevato che, nella specie, deve trovare applicazione ratione temporis l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, trattandosi di sentenza depositata il 23.7.2014.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); per converso, il semplice mancato esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. (cfr. Sez. 2, n. 27415 del 29/10/2018 Rv. 651028 – 01; Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629831 – 01).

In tale dimensione interpretativa, si è precisato che deve intendersi per “fatto” controverso in relazione al quale la motivazione si assume carente, non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo (Sez. 1, n. 17761 del 08/09/2016, Rv. 641174 – 01).

2.2. Nella specie, risulta che la ricorrente, anche al di là dell’impropria intestazione dei denunciati vizi di legittimità, che richiamano il previgente tenore testuale della citata disposizione, nello sviluppo argomentativo dei motivi di ricorso non ha espressamente dedotto la mancata considerazione di una serie di “circostanze di fatto” decisive che l’Ufficio aveva posto alla base del provvedimento accertativo e che erano state oggetto di contraddittorio; e, parimenti, dalla motivazione dell’impugnata sentenza risulta che la CTR ha ampiamente preso in considerazione il la presentazione dell’istanza di rimborso da parte della società italiana, ritenendo, anche sulla base della qualificazione giuridica attribuita all’atto e sulla scorta del citato pronunciamento di questa Corte, che la stessa, in quanto proveniente da soggetto non legittimato, non potesse rilevare ai fini dell’impedimento della decadenza ex art. 38 cit..

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. La ricorrente deve essere, conseguentemente, condannata al pagamento d- le spese processuali in favore dell’Agenzia delle entrate, che si liquidano in Euro 7.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, il Collegio dà, altresì, atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle entrate, che si liquidano in Euro 7.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 28 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2019

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