Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2074 del 24/01/2019

Cassazione civile sez. I, 24/01/2019, (ud. 12/12/2018, dep. 24/01/2019), n.2074

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Giovanna M. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9174/2017 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e

difende per legge;

– ricorrente –

contro

GRIM S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via Ildebrando Goiran 4, presso

lo studio dell’avvocato Benedetta Ballatore, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Andrea Gatto;

– controricorrente –

e

FACTORIT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il

03/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/12/2018 dal cons. DI MARZIO MAURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’avvocato dello Stato Verdiana Fedeli che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per la controricorrente l’avvocato Andrea Gatto che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Ministero della giustizia ricorre per tre mezzi, nei confronti di Grim S.r.l. e Factorit S.p.a., già Italease Factorit S.p.a., contro la sentenza del 3 ottobre 2016 con cui la Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello proposto dal Ministero avverso la sentenza del locale Tribunale reiettiva dell’opposizione spiegata dalla medesima amministrazione al decreto ingiuntivo di pagamento, in favore di Factorit S.p.a., cessionaria del credito maturato in capo a Grim S.r.l. quale corrispettivo del noleggio di attrezzature concesse in uso ad una Procura della Repubblica per intercettazioni telefoniche ed ambientali, di Euro 307.190,27.

Ha in breve ritenuto la Corte territoriale, disattendendo gli argomenti svolti dal Ministero in sede di opposizione a decreto ingiuntivo e quindi di appello avverso la sentenza del Tribunale di rigetto dell’opposizione:

-) che la stipulazione del contratto di noleggio delle menzionate apparecchiature non richiedesse una preventiva procedura di gara selettiva;

-) che il requisito di forma scritta ad substantiam richiesto per i contratti della pubblica amministrazione dovesse ritenersi nella specie soddisfatto, alla luce della produzione documentale da parte appellata delle offerte scritte formulate alla Procura e delle relative accettazioni;

-) che al contratto di diritto privato intercorso tra le parti non potesse essere applicata la disciplina dettata dal testo unico sulle spese di giustizia e che, conseguentemente, il decreto ingiuntivo fosse stato legittimamente pronunciato sulla base delle fatture emesse da Grim S.r.l., non occorrendo il decreto di cui all’art. 168 del menzionato testo unico;

-) che per le stesse ragioni, data l’indiscussa natura di imprenditore commerciale di Grim S.r.l., dovessero ritenersi dovuti gli interessi moratori previsti dal decreto legislativo numero 231 del 2002.

2. – Grim s.r.l. ha resistito con controricorso, mentre Factorit S.p.A. non ha svolto attività difensiva.

3. – La causa, fissata in un primo tempo in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata poi rimessa alla pubblica udienza.

Sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo e secondo motivo di ricorso, denunciando la violazione e falsa applicazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 17, D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 34 e ss., artt. 81 e ss., D.Lgs. n. 115 del 2002, artt. 70 e ss., artt. 168 e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello abbia erroneamente escluso la soggezione del credito azionato alla disciplina del testo unico sulle spese di giustizia e ritenuto che lo stesso credito traesse origine da un contratto, pure in assenza di un unico atto redatto in forma scritta ad substantiam, come prescritto per i contratti della p.a., e di conseguenza che fossero applicabile alla fattispecie – integrante, secondo la Corte, una transazione commerciale – gli interessi nella misura prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002.

Con il terzo motivo di ricorso il Ministero denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando l’erronea applicazione degli interessi nella misura ivi prevista, per difetto di un rapporto contrattuale tra le parti.

2. – Il ricorso è fondato nel senso che segue.

Stabilisce il testo unico sulle spese di giustizia (D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 4) che le spese del processo penale sono anticipate dall’erario, ad eccezione di quelle relative agli atti chiesti dalle parti private e di quelle relative alla pubblicazione della sentenza.

Tali spese si suddividono in ripetibili, destinate ad essere recuperate ai sensi degli artt. 204 ss. dello stesso testo unico, e non ripetibili. Le prime sono elencate dal comma 1 dell’articolo 5, e ricomprendono le spese di notificazione; quelle per il compimento di atti fuori dalla sede in cui si svolge il processo; quelle per le indennità ai testimoni; quelle per i compensi agli ausiliari (fatte salve le marginali ipotesi eccettuate, che qui non interessano); quelle per le indennità di custodia; quelle per la pubblicazione dei provvedimenti del magistrato; quelle per la demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi; quelle – su cui si tornerà – straordinarie nonchè “relative alle prestazioni previste dal D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 96, e… funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime”.

Nel complesso, il testo unico contempla così il totale carico delle spese, gravanti in via preventiva sull’erario e destinate a successivo eventuale recupero, derivanti dall’espletamento dell’intera gamma di attività strumentali allo svolgimento del processo penale, nel senso più ampio del suo integrale dipanarsi dalla fase di indagini a quella di esecuzione.

In particolare, il riferimento alle spese straordinarie, contenuto nel citato comma 1 dell’art. 5, a mò di norma di chiusura, va a coprire ogni possibile spesa correlata al processo, ma non espressamente considerata dal testo unico, il che è poi esplicitato nel successivo art. 70, per l’appunto rubricato: “Spese straordinarie”, secondo cui: “Sono spese straordinarie quelle non previste nel presente testo unico e ritenute indispensabili dal magistrato che procede, il quale applicherà, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 61, 62 e 63 e dell’art. 277 e per l’importo utilizzerà prezzari analoghi. Il decreto di pagamento è disciplinato dagli artt. 168, 169, 170 e 171”.

Ciò detto, è di tutta evidenza, nel sistema del testo unico, e, già prima, della disciplina normativa in esso confluita, che la quantificazione delle spese in discorso, nelle diverse ipotesi normativamente contemplate, non è mai affidata alla libera contrattazione, ma si svolge nel rispetto di previsioni autoritative alle quali, in sede di liquidazione, occorre attenersi.

Basterà rammentare, con riguardo alla principale attività di supporto a quella del magistrato – dunque, secondo la definizione data dall’art. 3, lett. a), del testo unico, del giudice o pubblico ministero, anche onorario, preposto alla funzione giurisdizionale -, ossia l’attività dei consulenti tecnici e periti, e più in generale degli ausiliari, che essa è elettivamente liquidata sulla base di tabelle “redatte con riferimento alle tariffe professionali esistenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblicistica dell’incarico”, ai sensi dell’art. 50 del testo unico (e v. nello stesso senso l’art. 59 per l’indennità di custodia), giacchè gli ausiliari del giudice “non sono… assimilabili ai soggetti che lavorano in regime di lavoro autonomo” (Corte cost. 31 marzo 1988, n. 391), ed anzi “l’espletamento dell’incarico peritale costituisce munus publicum non assimilabile all’esercizio della libera professione, onde il diverso criterio di liquidazione trova giustificazione nella diversa natura dei possibili incarichi” (Cass. 6 agosto 1990, n. 7905), il tutto, avuto anche riguardo alla “esigenza di mantenere entro limiti ragionevoli le spese giudiziali grazie ad opportuni correttivi” (Corte cost. 31 marzo 1988, n. 391).

Un meccanismo analogo opera parimenti con riguardo ai compensi spettanti per attività svolte da soggetti estranei alla nozione di “ausiliare del giudice”, quale definita dall’art. 3, lett. n), del testo unico (“il perito, il consulente tecnico, l’interprete, il traduttore e qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all’ufficio può nominare a norma di legge”), quantunque si tratti eventualmente di imprenditori commerciali, soggetti estranei tra i quali è senz’altro da annoverare colui che noleggia – intendendo con ciò la messa a disposizione delle strumentazioni, e se del caso del personale addetto al loro funzionamento – apparecchiature per intercettazione telefoniche ed ambientali.

Così, in caso di demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi, il magistrato può rivolgersi ai provveditorati alle opere pubbliche o affidare l’incarico ad imprese private, quando reputa più oneroso l’intervento dei primi, e, in tale secondo caso, l’importo da corrispondere alle imprese private cui è affidato l’incarico è determinato non già sulla base di una contrattazione di stampo privatistico, bensì “utilizzando come parametro di riferimento, anche in analogia, il prezzario per le opere edili e impiantistiche dei provveditorati alle opere pubbliche delle Regioni” (art. 63 del testo unico). Ed ancora, fa riferimento a prezzari il già ricordato art. 70 sulle spese straordinarie.

Per il ragionamento che qui si va facendo occorre ancora rammentare che il D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 96, comma 1, recante il Codice delle comunicazioni elettroniche, riguardante gli operatori di telefonia, e dunque non direttamente riferibile al noleggio qui in discorso di apparecchiature per intercettazioni telefoniche o ambientali, richiamato dall’art. 5, comma 1, poc’anzi menzionato, sotto la rubrica: “Prestazioni obbligatorie”, stabilisce nel testo vigente, per quanto qui rileva, che: “Le prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie sono obbligatorie per gli operatori”. Con la formula “prestazioni obbligatorie”, chiarisce l’art. 1 del Decreto 28 dicembre 2017, recante: “Disposizione di riordino delle spese per le prestazioni obbligatorie di cui al D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 96”, occorre intendere: “il complesso delle attività di captazione e trasmissione ai luoghi di registrazione, conservazione e archiviazione, realizzate dagli operatori di telecomunicazioni, di ogni comunicazione o scambio di dati comunque generati o veicolati dai sistemi di telecomunicazione, compresi i dati inerenti alle operazioni di intercettazione, in esecuzione dei decreti di intercettazione, di informazione, di consegna dati e di supporto – indipendentemente dal luogo di esecuzione dell’attività e dal soggetto incaricato della stessa – emessi dalle competenti Autorità giudiziarie”. Quanto al compenso destinato agli operatori di telefonia, il comma 2 dell’art. 96 vigente dispone che: “Ai fini dell’adozione del canone annuo forfetario per le prestazioni obbligatorie di cui al comma 1, con decreto del Ministro della giustizia e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 dicembre 2017, è attuata la revisione delle voci di listino di cui al decreto del Ministro delle comunicazioni 26 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7 maggio 2001”. In attuazione di tale norma è stato poi emesso il decreto interministeriale di cui si è già dato conto.

Dopodiche, gli artt. 165 e seguenti del testo unico affidano a provvedimenti la liquidazione delle spese ivi disciplinate, mentre l’art. 170 regola il procedimento di opposizione al decreto di pagamento, che è l’unica sede in cui il quantum della operata liquidazione, mediante l’apposito provvedimento, può essere posto in discussione.

Traendo le fila, il quadro è dunque chiaro e agevolmente sintetizzabile. Le attività strettamente funzionali ed inerenti al processo penale, e le relative spese, si connotano per il loro rilievo pubblicistico e si collocano al di fuori della libera contrattazione, sicchè la liquidazione di queste ultime deve inalvearsi nell’apposito procedimento previsto dal testo unico.

Ciò detto, è di cartesiana evidenza la riconducibilità delle spese per il noleggio di strumentazioni utili all’esecuzione di intercettazioni telefoniche ed ambientali all’ambito delle spese “straordinarie” contemplate in via di chiusura dal testo unico, ossia, come si è detto, “non previste nel presente testo unico e ritenute indispensabili dal magistrato che procede”. Difatti, dette spese sono indirettamente considerate dall’art. 268 c.p.p., comma 3, secondo cui: “Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei ed esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria”, norma riguardo alla quale è stato da tempo e più volte ribadito che: “In materia di intercettazioni, l’art. 268 c.p.p., comma 3, richiede che le operazioni si svolgano sotto il diretto controllo degli inquirenti, ma non vieta l’utilizzazione di impianti e mezzi appartenenti a privati, nè il ricorso all’eventuale ausilio tecnico ad opera di soggetti esterni che siano richiesti di intervenire per fronteggiare esigenze legate al corretto funzionamento delle apparecchiature noleggiate e che si trovano ad agire, in tale evenienza, come longa manus o ausiliari del Pubblico ministero o della polizia giudiziaria” (p. es. Cass. pen. n. 3137 del 19 dicembre 2014).

In proposito, d’altronde, questa Corte ha già avuto modo di affermare, sebbene in una fattispecie in cui trovava applicazione il già ricordato art. 96 del Codice delle comunicazioni elettroniche, che: “Le spese di intercettazione (pacificamente rientranti fra quelle di giustizia, anche alla luce della loro menzione, senza specifica disciplina, al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5, lett. i-bis, introdotto dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 326) sono tradizionalmente ricondotte fra quelle straordinarie D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 70, come chiarito dalla Circolare del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia dell’8 ottobre 2002, n. 6” (Cass. 9 febbraio 2016, n. 2573).

Ne discende che ha errato la Corte d’appello di Milano a ritenere che tra le parti fosse sorto un rapporto privatistico, e che Grim S.r.l. fosse titolare di un credito suscettibile di essere azionato in via monitoria, mentre detto credito non poteva che esser fatto valere, quale correlato ad una spesa straordinaria, secondo la procedura prevista dal testo unico. Benchè i gestori di telefonia e le ditte che noleggiano apparati funzionali alle operazioni di intercettazione non rivestano lo status di ausiliari del magistrato, e tantomeno di custodi, l’estensione della disciplina di cui all’art. 168 del testo unico anche alla liquidazione delle spese per intercettazioni costituisce affermazione consolidata. Questa Corte, valorizzando l’espressione “magistrato che procede”, contenuta nel citato art. 168, individua difatti il magistrato competente alla liquidazione delle spese in parola nell’autorità giudiziaria “cui è demandata la decisione nel merito e che, per tale ragione, ha la disponibilità e la signoria degli atti al momento della richiesta di liquidazione” (Cass. pen. n. 34184 del 6 settembre 2012; Cass. pen. n. 19650 dell’8 maggio 2009; Cass. pen. n. 7710 del 20 febbraio 2009; Cass. pen. n. 21703 del 29 maggio 2008; Cass. pen. n. 21757 del 22 giugno 2006).

La questione dell’applicabilità degli interessi commerciali è assorbita.

In definitiva, va fatta applicazione del principio che segue: “In materia di spese di giustizia, la liquidazione del compenso per il noleggio ad una Procura della Repubblica di apparecchiature destinate ad intercettazioni telefoniche ed ambientali – intendendosi con ciò la messa a disposizione delle menzionate apparecchiature, e se del caso del personale addetto al loro funzionamento – va effettuata ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 168”. Sicchè, versandosi nell’ipotesi contemplata dall’art. 382 c.p.c., u.c., trattandosi di causa che non poteva essere proposta, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio.

3. – L’assenza di precedenti in termini consiglia compensazione integrale di spese.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata senza rinvio e compensa integralmente le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile, il 12 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2019

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