Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20737 del 14/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 14/10/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 14/10/2016), n.20737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22245/2013 proposto da:

R.P.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SICILIA 235, presso lo studio dell’avvocato GIULIO DI GIOIA, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MILENA MONICA DE

NICOLA giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SPEEDY TEAM ONLUS, COMPAGNIA ASSICURATRICE UNIROL SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4246/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. R.P.P. convenne in giudizio la Speedy Team, che chiamò in causa la Unipol spa, per ottenere il risarcimento dei danni per le lesioni personali subite a seguito dell’incidente verificatosi durante la manifestazione locale organizzata dalla Speedy team denominata “(OMISSIS)” cui aveva partecipato come concorrente. Espose che mentre era impegnato in uno slalom tra birilli, legato di spalle alle caviglie con altra concorrente perdeva l’equilibrio cadendo sulla selciato stradale e riportando lesioni.

Il Tribunale di Benevento rigettò la domanda attorea ritenendo che non vi era alcun dovere di protezione in capo all’associazione organizzatrice, rientrando l’infortunio occorso al R. nell’alea normale del cosiddetto rischio consentito dalla competizione cui l’attore aveva volontariamente partecipato.

2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 4246 del 21 dicembre 2012. La Corte ha ritenuto che il gioco ludico cui aveva partecipato il R. in coppia con un’altra persona consisteva in una gara di abilità e destrezza. Pertanto la caduta del R. integrava il cosiddetto rischio consentito e cioè l’alea normalmente presente in quel tipo di gara di abilità, accettata dai concorrenti con la volontaria partecipazione e con la consapevolezza che l’attività ludica si svolgeva sul selciato stradale. L’errore di abilità e destrezza del gesto agonistico del R. assurge a fattore causale esclusivo nella determinazione eziologica dell’incidente in questione assorbendone la intera causalità. Inoltre le misure antinfortunistiche e precauzionali che sarebbero state omesse dall’associazione organizzatrice non appaiono idonee a scongiurare l’evento lesivo.

3. Avverso tale decisione, R.P. propone ricorso in Cassazione sulla base di un motivo.

3.1. Gli intimati non svolgono attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo ed unico motivo, il ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2050 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Lamenta che la Corte d’appello ha violato l’art. 2050 c.c., in ordine alla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose non avendo considerato che la pericolosità dell’attività esercitata deve essere valutata in base alle concrete circostanze di fatto in cui si è venuta svolgendo tenendo conto insieme, della specifica capacità di chi è chiamato a svolgerla delle potenzialità di danno che essa comporta. Pertanto, l’organizzazione di una competizione sportiva è responsabile dell’incidente occorso all’atleta nel corso della competizione allorquando abbia omesso, o non abbia dimostrato di aver posto in essere tutte le possibili ed opportune cautele per assicurare che la manifestazione sportiva si svolga senza pericolo per l’incolumità delle persone dei partecipanti. Il motivo è infondato. Infatti, la Corte di Appello ha verificato che le misure antinfortunistiche e precauzionali indicate da controparte che sarebbero state omesse dall’associazione organizzatrice della manifestazione non appaiono idonee a scongiurare l’evento lesivo che si è verificato tenuto conto che le tute munite di ginocchio erano del tutto inefficaci per proteggere l’arto lesionato del ricorrente. E, aggiunge la corte, che nè sarebbe stato adeguato altro indumento in ragione delle caratteristiche e delle modalità esplicative del gioco in questione che prevedeva esclusivamente doti di destrezza e di equilibrio e pertanto non esponeva i concorrenti a specifici rischi di infortuni se non riconducibili ad un errore di abilità del gesto agonistico del concorrente rientrante nel rischio tipico e confacente all’attività ludica praticata consapevolmente ed accettato dal ricorrente. Ed infatti è principio di questa Corte che con riguardo all’esercizio di attività pericolosa, anche nell’ipotesi in cui l’esercente non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, in tal modo realizzando una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità, la causa efficiente sopravvenuta, che abbia i requisiti del caso fortuito e sia idonea – secondo l’apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione – a causare da sola l’evento, recide il nesso eziologico tra quest’ultimo e l’attività pericolosa, producendo effetti liberatori, e ciò anche quando sia attribuibile al fatto di un terzo o del danneggiato stesso (Cass. n. 24549/2013; Cass. n. 25/2010). Come appunto nel caso di specie dove, peraltro, le critiche del ricorrente non inficiano la struttura della sentenza.

5. Non occorre disporre sulle spese in considerazione del fatto che gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2016

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