Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20737 del 04/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 04/09/2017, (ud. 27/04/2017, dep.04/09/2017),  n. 20737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23268-2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONIETTA CORETTI, EMANUELE DE ROSE, VINCENZO STUMPO,

VINCENZO TRIOLO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4973/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 11/10/2010 R.G.N. 4681/2009;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con sentenza pubblicata il 11 ottobre 2010 la Corte di Appello di Bari ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale della stessa città – che aveva riconosciuto il diritto di D.P. alla riliquidazione del trattamento speciale di disoccupazione agricola relativo all’anno 2000 sulla base della retribuzione giornaliera fissata dalla contrattazione collettiva della Provincia di appartenenza (anzichè in base al salario medio convenzionale rilevato nel 1995 e non più incrementato negli anni successivi) e, superando l’eccezione di decadenza sollevata dall’Inps, ha ritenuto che nel computo di tale salario reale dovesse computarsi anche la quota di t.f.r.;

che avverso tale sentenza n. 4973/2010, non notificata al difensore costituito presso il domicilio eletto, l’INPS ha proposto ricorso affidato a tre motivi, al quale non ha opposto difese D.P.;

che il P.G. in data 16 marzo 2017 ha richiesto il rigetto del primo motivo, l’accoglimento del secondo e l’assorbimento del terzo;

che è stata depositata memoria dall’INPS.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che con il primo motivo, l’Inps lamenta la violazione del D.P.R. n. 639 del 1979, art. 47, comma 3, e ripropone l’eccezione di decadenza già sollevata nel giudizio di merito, pur nella consapevolezza del pronunciamento delle Sezioni Unite n. 12720/2009, confidando in un revirement suggerito dalle successive ordinanze interlocutorie nn. 1069-1071/2011;

che con il secondo motivo, l’Inps contesta che l’emolumento denominato t.f.r., corrisposto agli operai agricoli a tempo determinato, fosse giuridicamente una componente della retribuzione coerentemente dovuta agli operai agricoli a tempo determinato, sostenendo trattarsi di salario differito, come tale escluso dalla retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in agricoltura;

che il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 44, 49 e 53 del C.C.N.L. per gli operai agricoli e florovivaisti del 10 luglio 1998 in relazione al D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4, lett. a) ed al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3 conv. nella L. 29 luglio 1996, n. 402, nonchè in relazione all’art. 1362 c.c. e segg., art. 2120 c.c.ed alla L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 4, commi 10 e 11, (art. 360 c.p.c., n. 3) censurando la sentenza per avere incluso, nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola, anche la voce denominata quota di T.F.R., voce che – contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale – ha natura di retribuzione differita;

che ritiene il Collegio il ricorso si debba accogliere in parte;

che, infatti, la costante giurisprudenza di questa Corte ha affermato quanto al primo motivo, che nonostante la disposizione di cui al D.L. n. 98 del 2011, art. 38,comma 1, lett. d), convertito in L. n. 111 del 2011, intervenuta nelle more del presente giudizio, va condivisa la lettura che del relativo dato testuale è stata data dalla giurisprudenza della Corte (v. Cass. n. 6959 del 2012 e numerose successive conformi sentenze), con l’affermazione del seguente principio di diritto in tema di decadenza delle azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di una prestazione parzialmente riconosciuta; la novella del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38 lett. d) conv. in L. n. 111 del 2011 – che prevede l’applicazione del termine decadenziale di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, anche alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito -, detta una disciplina innovativa con efficacia retroattiva limitata ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, con la conseguenza che, ove la nuova disciplina non trovi applicazione, come nel caso di giudizi pendenti in appello, o in cassazione alla data predetta, vale il generale principio dell’inapplicabilità del termine decadenziale della nuova disciplina – esprimendo il proposito del legislatore di modificare con limitata efficacia retroattiva la regola preesistente, come consolidata per effetto delle pronuncia delle sezioni unite 12720 del 2009 conferma indirettamente la corrispondenza di quest’ultima all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino alla novella del 2011, ed ha pertanto ritenuto inapplicabile le disposizioni del citato art. 47 (prima delle integrazioni del D.L. n. 98 del 2011, art. 38) all’ipotesi di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali riconosciute solo parzialmente, e come tali liquidate dall’ente previdenziale (sentenza 8.05.12 n. 6959);

che, quanto al secondo motivo che attiene al merito della questione, deve rilevarsi che questa Corte (vd. Cass. 25028/2014), confermando quanto già ritenuto con la sentenza 9.5.07 n. 10546, secondo cui “ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, ha ulteriormente affermato che “sulla base del suddetto principio, la voce denominata quota di t.f.r. dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3, conv. dalla L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi;

che, dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva” (v. Cass. 5.1.11 n. 202 e numerose altre conformi);

che tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato dal legislatore il quale con norma interpretativa contenuta nel D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (conv. dalla L. 15 luglio 2011, n. 111) prevede che il D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4 e il D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 81, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva” (art. 18, comma 18);

Che, pertanto, rigettato il primo motivo e rimanendo il terzo assorbito alla luce della superiore ricostruzione, va accolto il secondo motivo e la sentenza deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va, inoltre, decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con l’affermazione dell’insussistenza del diritto della contro ricorrente ad ottenere l’inserimento della quota di trattamento di fine rapporto nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione; che le spese, attesa l’incidenza dello ius superveniens nella soluzione delle questioni trattate e la parziale soccombenza, vengono compensate con riferimento all’intero processo.

PQM

 

La Corte rigetta il primo motivo; accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e, provvedendo nel merito, rigetta la richiesta di inserimento della quota di trattamento di fine rapporto nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione; compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2017

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