Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20736 del 14/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 14/10/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 14/10/2016), n.20736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14928/2013 proposto da:

S.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE APRILE,

rappresentato e difeso dall’avvocato PROSPERO PIZZOLLA giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.A.M., E.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4351/2012 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 13/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel giugno 2006, S.A. convenne in giudizio E.S., e successivamente anche M.A.M., per sentirli condannare al risarcimento dei danni causati al soffitto del proprio immobile per le infiltrazioni derivanti dall’appartamento soprastante di proprietà dell’ E. e della M..

Il Giudice di pace rigettò la domanda attorea.

2. La decisione è stata confermata dal Tribunale di Napoli con sentenza n. 4351 del 13 aprile 2012 sulla base delle valutazioni e risultanze acquisite al processo.

3. Avverso tale decisione, S.A. propone ricorso in Cassazione sulla base di 2 motivi, illustrati da memoria.

3.1. Gli intimati non svolgono attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2697, 2730 e 2735 c.c.; artt. 61, 99, 112, 115, 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 163, 167, 191, 201, 342 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c.; omessa, insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi della controversia: art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione e falsa applicazione delle norme di cui all’art. 2697 c.c.; artt. 61, 99, 112, 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 191, 324, 329 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.; omessa, insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi della controversia: art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”.

Il ricorrente con i due motivi sostiene che la Corte d’Appello non ha valutato adeguatamente la contraddittorietà della testimonianza escussa che sarebbe stata smentita dalla consulenza del tecnico di parte del ricorrente. Tale contraddittorietà delle prove avrebbe dovuto condurre il giudice all’ammissione di una c.t.u.. Inoltre il giudice dell’appello non ha indicato quali siano stati gli atti e le risultanze di causa considerati dal primo giudice.

5. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili.

Sono inammissibili sia per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, sia laddove prospettano, in maniera generica ed attraverso una superficiale esposizione della vicenda, una serie di questioni di fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di legittimità una nuova e diversa valutazione del merito della controversia.

E’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente. L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011).

I motivi sono anche generici. Nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata. Sono inammissibili quei motivi che non precisano in alcuna maniera in che cosa consiste la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitano ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (Cass. 15263/2007).

6. Non avendo gli intimati svolto attività difensiva non occorre provvedere sulle spese.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2016

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